Lo confesso candidamente agli amici e lettori di Lettere Meridiane: non mi torna facile scrivere una recensione su autori, o giornali, o libri cui voglio bene.
Ma non posso più esimermi dal farlo, a proposito di Diomede, la splendida rivista inventata e diretta da Maurizio De Tullio, insieme a Francesco de Vito (direttore editoriale) e Loris Castriota Skandeberg (direttore responsabile): sono passati ormai tre anni e 11 numeri dalla prima uscita e un ulteriore ritardo sarebbe imperdonabile.
Verso Maurizio – che mi ha lusingato volendomi tra le «firme» della redazione – nutro una stima, un’amicizia e un affetto immensi. Ma non sono questi sentimenti che mi spingono a dire che Diomede non è soltanto una bella e preziosa rivista, una vetrina della Capitanata migliore, del suo presente, del suo passato. È assai di più: un pezzo della bellezza profonda ed inespressa della Capitanata. Quella bellezza che, opportunamente riconosciuta, custodita e valorizzata potrebbe diventare una straordinaria risorsa di futuro per la nostra terra, e che viene invece spesso sottaciuta, ignorata quando non vilipesa.
Lo certifica in modo inoppugnabile l’11° numero, in edicola da qualche giorno. Lo scandaglio dei bravi redattori scende nel profondo della memoria e dell’identità della Capitanata, regalando ai lettori sorprese e perfino stupore.
E non mancano veri e propri scoop, a cominciare dall’approfondito articolo di Saverio Cioce su Giò Ponti a San Menaio: pochi lo sanno, ma il grande designer ha firmato le maioliche che impreziosiscono la fermata Bellariva alla stazione del centro turistico garganico. Teresa Maria Rauzino racconta invece quel gioiello pressoché sconosciuto che è Villa Rosa a Manfredonia e la «storia d’amore di ieri, senza l’amore di oggi» che c’è dietro. Pasquale Episcopo ci fa scoprire l’insolito pappagallo cacatua che compare tra le miniature del trattato scritto da Federico II, «De ars venandi cum avibus».
Antonio Gelormini ricostruisce la lunga storia dei panettoni e pandori Maina, partita da Troia. Tommaso Palermo svela il segreto di un’epigrafe nella grotta di Venere Sosandra che getta luca sul rapporto antico tra la perla del Gargano e Venezia. Giuseppe Trincucci ricorda quell’autentico profeta dell’Illuminismo che è stato il lucerino Giuseppe Maria Secondo, mentre Maurizio De Tullio è andato a pescare e ad intervistare uno degli allora giovani foggia che parteciparono a Giochi senza Frontiere, sfiorando la vittoria.
E ancora, il ricordo del commediografo attore, regista e poeta Michele Pellicano, firmato da Gianni Ruggiero, la storia quasi sconosciuta di un grave fatto di sangue che accadde alla Cartiera, con l’uccisione del direttore per mano di un dipendente, rievocata da Dario Corsico, un «saporito» articolo di Michele Sforza che auspica il riconoscimento della doc per quel gioiello della tradizione culinaria foggiana che sono gli «scagliozzi».
Sono solo alcune delle tante prelibatezze che Diomede puntualmente elargisce ai lettori in questo, ma anche nei numeri che l’hanno preceduto. Una rivista ben scritta, ben illustrata e ben impaginata (complimenti al grafico Alessandro Pavino), ma soprattutto coraggiosa.
Ci vuole del fegato a stampare un periodico, in un momento in cui l’informazione viaggia quasi tutta on line, l’approfondimento sta diventando merce sempre più rara, e le tipografie e le edicole chiudono i battenti.
L’impresa è titanica, e rilancia la sfida della prima serie di Diomede, uscita tra il 2009 e il 2011, sempre ad iniziativa di Maurizio De Tullio, accompagnato allora da Cesare Soldi.
Il risultato è entusiasmante, avendo partorito quella che è stata meritatamente definita «la più bella rivista pubblicata in Capitanata» (e non solo in Capitanata, aggiungiamo noi).
L’augurio è che duri, e si consolidi, diventando un punto di riferimento di quella Capitanata bella e possibile che nella valorizzazione della bellezza può trovare un nuovo slancio di futuro.
Diomede può essere acquistato in edicola, oppure in abbonamento. Info sul bel sito della rivista dov’è possibile trovare anche un’ampia rassegna degli articoli della prima serie. L’immagine che illustra il post è di Enzo Chiomenti, grande disegnatore e fumettista cerignolano.
Geppe Inserra
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Caro Geppe, grazie della citazione che mi onora moltissimo. Sono orgoglioso di poter dare una modestissima collaborazione a questa straordinaria rivista.
Un grande plauso ai coraggiosi artefici di questo gioiello della nostra terra, che meriterebbe un’attenzione maggiore.
Ma non demordiamo!
Buon futuro a “Diomede”.