Come avevano promesso, cominciamo da oggi la pubblicazione dei diversi articoli del numero doppio dedicato da Ospitalità Italiana a Foggia e alla sua provincia nel 1933. Non seguiremo rigorosamente l’ordine con cui gli articoli comparvero sulla rivista, ma cercheremo anche di dare lustro agli autori che vi contribuirono.
Tra le firme più importanti vi fu senz’altro quella di Oronzo Marangelli, singolare figura di intellettuale, storico e docente, convinto antifascista, la cui carriera accademica dovette spesso fare i conti con il regime dittatoriale.
L’articolo di Marangelli è dedicato a San Severo, della cui storia è stato tra i più illustri studiosi, meritandosi anche una menzione nell’enciclopedia Treccani. L’articolo si segnala per la sua esaustività, per il suo rigore e per il non fare concessioni di sorta ai governanti dell’epoca, diversamente da diversi altri autori dell’Ospitalità Italiana.
L’autonomia di pensiero di cui dette sempre prova gli procurò più di un grattacapo. Docente di materie letterarie al Liceo Ginnasio Lanza di Foggia, a causa di divergenze ideologiche con il preside Guerrieri, preferì trasferirsi all’Istituto Magistrale “Poerio”, avendo vinto il concorso a cattedra di italiano e storia.
Ma i guai non erano ancora finiti. Nel corso di un’ispezione ministeriale, si rifiutò di accogliere una interpretazione in chiave esclusivamente religiosa del pensiero di Manzoni e dei Promessi Sposi. Venne tacciato di “sfacciato socialismo” dall’ispettore, e per punizione venne trasferito a Benevento, nel cui l’Istituto Magistrale “G. Guacci” insegnò per tre anni, fino al 1942. Presentatosi nuovamente al concorso a cattedre, risultò primo nella graduatoria nazionale e si trasferì a Bari.
Marangelli non rinunciò mai alla propria autonomia di pensiero. Dopo la guerra, divenuto segretario della sezione del Partito Comunista di Conversano, cittadina dov’era nato nel 1902, alla morte di Stalin si rifiutò di esporre la bandiera listata a lutto e di tenere comizi commemorativi. Abbandonò così l’attività politica. Passò a miglior vita nel 1962.
Date queste premesse, potrete apprezzare ancora di più il rigore scientifico e storco dell’articolo con cui Oronzo Marangelli contribuì all’Ospitalità Italiana. Buona lettura. (g.i.)
[Per guardare o scaricare le foto in alta risoluzione, fare clic su ogni immagine. Potete sfogliare l’articolo nel suo formato originale utilizzando il visore pdf, alla fine]
* * *
Sulla importante linea litoranea adriatica, a trenta chilometri circa da Foggia e in un piano biondeggiante di spighe e fra oliveti e vigneti, si asside, come a riposare da un lungo lavoro, la città di San Severo, uno dei centri più importanti di Capitanata per commerci e popolazione operosa e industre. La ferrovia garganica poi congiunge la città a quei pittoreschi paesi e la mette in comunicazione col mare, mentre la tramvia di Torremaggiore e i vari servizi automobilistici la uniscono al SubAppennino, con tanti altri paeselli non meno caratteristici per la loro posizione e per la loro storia.
San Severo, che oggi ha tanta importanza e una popolazione di circa quarantamila abitanti, ebbe anche un passato triste e glorioso e una origine che si confonde con la leggenda. Al pari di Arpi, Lucera, Siponto, vuolsi sia stato edificato Castel Drione dal mitico Diomede prima che si rifugiasse nelle isole Tremiti. A questa epoca greca pare debba risalire un bassorilievo tuttora esistente ai piedi del campanile di S. Giovanni, anticamente tempio pagano. La denominazione odierna è evidentemente di origine medioevale e cristiana. Con la conversione di Severo, governatore di questi luoghi nei primi del 500, portato agli onori degli altari, l’arcivescovo di Siponto, nella cui giurisdizione era compreso Castel Drione, cambiò il nome antico in quello di San Severo. Ma la vera storia di questa città comincia intorno al Mille e principalmente con i Normanni. Nel 1059 Roberto la cedette in grangia ai Benedettini di Torremaggiore e nel 1230 Federico II ai Templari. Con la soppressione di questi, dopo un breve periodo in cui godette come città demaniale, sostenne un lungo assedio nel 1307, quando il conte di Vico volle ad ogni costo ridurla al suo potere e farsi signore, siccome era stato dichiarato dal diploma di Sancia, moglie di Roberto d’Angiò. Solo col riscatto di 6500 oncie, San Severo poté ridiventare di regio demanio.
Ma nel 1458 Alfonso I d’Aragona la cedette a Paolo di Sangro e da allora la città ebbe a soffrire vari assedi per le parti che i principi di Sangro seguivano nella congiura dei Baroni prima, e in tutte quelle guerre che funestarono l’Italia meridionale nel primo trentennio del 1500. Degno di memoria è veramente quanto Tiberio Solis fece per la città che voleva ad ogni costo liberare dalle grinfie dei feudatari. Non avendo egli ottenuto giustizia da Carlo V, che aveva venduto San Severo al Duca di Termoli, offrì una somma superiore. Ma in questa condizione non poté durare a lungo. Nella impossibilità di far fronte agli impegni assunti, San Severo fu nuovamente venduta ai di Sangro di Torremaggiore che divennero principi di San Severo e la tennero con ogni genere di soprusi e violenze sino al 1810. Con tutto lo slancio dei suoi cittadini, San Severo partecipò ai vari moti per la indipendenza italiana, e suoi figli, martiri ed eroi, offrirono la propria vita in olocausto alla Patria.
Attraverso questi brevi cenni storici, qualcuno potrebbe pensare ad una ricchezza di monumenti e di opere medioevali, invece nulla vi rimane di tanto passato, non per incuria d’uomini, ma per forze superiori. Vari terremoti la distrussero dalle fondamenta e pestilenze d’ogni sorta la spopolarono spesso. Soprattutto il movimento tellurico del 1627 ridusse San Severo ad un mucchio di rovine, sicchè posteriori a questa epoca risalgono i più singolari edifici. Nella ricchezza delle linee e dei motivi, con le movenze proprie del barocco, si distinguono fra gli altri, il palazzo del Podestà (ex convento dei Celestini), il palazzo Recca, il convento delle Benedettine, e quasi tutte le chiese. Nella sua recente costruzione settecentesca, degna di speciale menzione è la chiesa di San Severino, (nelle antiche carte dei primi due secoli dopo il Mille, oltre la forma San Severo si ha anche quella di San Severino, dopo questa denominazione, scompare del tutto), la quale conserva quello che dalle macerie del terremoto poté salvarsi. Si può così ammirare un bel rosone, un portale, una finestra bifore e qualche capitello, di architettura romanica, sebbene non simmetricamente disposti, forse per la fretta di offrire un luogo al pubblico culto. Pregevoli sono ancora i dipinti conservati nella stessa chiesa e in altre.
Il turista proverà godimento spirituale, nella visita delle sia pure poche cose antiche e caratteristiche, e godimento materiale offerto dai migliori alberghi con tutti i conforti moderni; cose tutte che, in assieme, renderanno lieto il soggiorno del turista. Il quale però non deve dimenticare di andare a respirare aria purissima nella Villa, nelle cui adiacenze potrà notare il grandioso edifizio scolastico «Principe Umberto» e, dalla parte opposta, di fianco, l’Ospedale Masselli, e innanzi ancora il Teatro che sta ultimandosi, l’Orfanotrofio, l’Asilo Inabili e l’Asilo Infantile.
San Severo è patria di molti uomini illustri nelle arti e nelle scienze. Alessandro Minuziano fu umanista e tipografo che nell’arte della stampa italiana ha lasciato una impronta imperitura, e a lui è intitolata la civica Biblioteca. Matteo Fraccacreta scrisse «Il Teatro topografico storico-poetico della Capitanata», opera indispensabile per chi voglia mettersi a studiare la storia di questi luoghi. E poi Matteo e Carlo Tondi, Michele Zannotti e tanti altri.
Fra i viventi, nel campo dell’arte, intesa come pura espressione del bello, da ricordarsi Luigi Schingo, artiere di tutte le arti: «Architettura, scultura, pittura, espressioni ben definite di diverse posizioni dello spirito, godono di prestarsi a vicenda, nell’opera dello Schingo, le loro note particolari ». Vari monumenti in Puglia attestano la sua potenza creativa, mentre non poche opere di pittura sono state acquistate da S. M. la Regina Elena, da S. A. R. il Principe Ereditario, e da vari Ministeri.
ORONZO MARANGELLI
Views: 0
Ottimo lavoro:storico,essenziale e diretto. Complimenti
Ottimo lavoro: storico,sinteticoediretto