Per gli amici e i lettori di Lettere Meridiane, ecco una bella notizia. Comincia, da oggi, la sua collaborazione con il nostro blog Carmine de Leo, esimio scrittore, ricercatore e cultore di storia e tradizioni foggiane, daune e pugliesi. Autore di numerosi saggi, De Leo è collaboratore de «La Gazzetta del Mezzogiorno».
A dirla tutta, dire che “comincia la sua collaborazione” è un tantino pomposo, perché con Carmine siano amici da decenni, e abbiamo spesso cooperato nella divulgazione dei temi che riguardano il nostro passato e la nostra storia, entrambi condividendo la consapevolezza dell’importanza culturale delle radici. A partire da oggi la collaborazione diventerà più sistematica, che bello!
Il nuovo corso viene inaugurato da una «chicca» che – ne sono certo – vi manderà in solluchero. La ripubblicazione di un vecchio articolo che (con il titolo originale «La Biblioteca Angelica e le sue piante di Puglia e di Capitanata») de Leo scrisse per i «Quaderni» di Qui Domani, quotidiano diretto dal compianto Michele Campanaro.
In quel testo, Carmine fu il primo a dare notizia che, assieme alla celebre pianta della città di Foggia nel Cinquecento, nella biblioteca romana erano custodie altre preziose carte che riguardano il nostro territorio, tra cui quella della Capitanata cui abbiamo dedicato un articolo qualche giorno fa.
A partire dall’articolo di oggi, sperimentiamo anche un’altra novità. Oltre al testo impaginato nel modo consueto, potrete sfogliare o scaricare l’articolo in pdf, in una edizione graficamente curata, in modo da poter collezionare i nostri articoli più interessanti.
Ringrazio di cuore Carmine per l’amichevole collaborazione e vi auguro buona lettura. Vi ricordo che come sempre distribuiremo le immagini che illustrano l’articolo, in alta risoluzione, sul canale whatsapp di Lettere Meridiane, in cui pubblichiamo i nostri gadget digitali e i nostri contenuti Premium. Se ancora non l’avete fatto, potete iscrivervi del tutto gratuitamente a questo link: bit.ly/41uqoyt . Vi raccomando di mettere la spunta alla campanella, in modo da poter essere informati, in tempo reale della pubblicazione di ogni nuovo post.
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Nel cuore della vecchia Roma, proprio nei pressi della splendida Piazza Navona, si apre un altro interessante slargo: si tratta della piazza dedicata a Sant’Agostino, per la presenza, nel luogo, dell’omonima chiesa dedicata al Santo Vescovo, autore delle celebri “Confessioni”, con l’annesso ex convento dei Padri Agostiniani.
La facciata della chiesa, del primo Rinascimento, è preceduta da una ripida scalinata, che domina la piazzetta antistante.
Nell’edificio si conservano stupendi capolavori d’arte, quali la Madonna di Loreto o dei Pellegrini, opera del Caravaggio, il gruppo di Sant’Anna con la Vergine e il Bambino e la celebre Madonna del Parto, entrambe opere del Sansovino. La chiesa, fatta costruire dal cardinale Guillaume d’Estouteville nella seconda metà del quattrocento, fu sempre, con l’annesso convento degli Agostiniani, un centro di preghiera dove si raccoglievano gli umanisti e gli intellettuali della Roma di Raffaello, Castiglione, Bembo ed altri studiosi.
Ancora oggi Sant’Agostino può essere considerato un centro di cultura. Questa caratterizzazione gli viene dalla presenza, nei locali del vecchio convento, della Biblioteca Angelica, il cui ingresso è proprio a destra della facciata della chiesa. La storia della biblioteca risale agli ultimi anni del XVI° secolo, quando Angelo Rocca donò al convento la sua ricca raccolta di libri e manoscritti a questo convento.
I Padri Agostiniani, però, erano già in possesso di numerose edizioni donate al convento negli anni precedenti, in particolare, sostanziose e pregevoli erano state le donazioni di libri fatte dallo stesso cardinal d’Estouteville dall’umanista Maffeo Vegio.
«Il vescovo Angelo Rocca (15451620), scrittore erudito ed appassionato collezionista di edizioni pregiate, responsabile della Tipografia Vaticana durante il pontificato di Sisto V, diede alla biblioteca del convento una nuova fisionomia.» [1]
Egli regolamentò la biblioteca che fu da allora aperta al pubblico senza limiti di censo [2] nella seconda metà dei seicento, la biblioteca si arricchì della preziosa raccolta di opere geografiche di Lukas Holste, custode della biblioteca Vaticana.
Nel 1762 il patrimonio librario del’Angelica fu raddoppiato con l’assorbimento della ricchissima biblioteca del cardinale Passionei.
Infine, soppresso il convento dei Padri Agostiniani, l’Angelica passò nel 1873 allo Stato Italiano ed oggi è una delle biblioteche dipendenti dal Ministero dei Beni Culturali.
La suggestiva sala di lettura della biblioteca è ancora quella realizzata da Luigi Vanvitelli.
Ricca di libri rari, codici e preziosi manoscritti l’Angelica è oggi, con i suoi fondi librari, una vera e propria miniera di notizie, in particolar modo per il periodo della Riforma e della Controriforma, ma conserva anche, fra i manoscritti del vecchio fondo “rari”, numerose piante antiche di città e regioni che sono state raccolte più recentemente nel fondo “Bancone Stampe – nuova serie”, in questa raccolta, nel volume n° 56, si conservano numerose carte di città pugliesi.
La più famosa e già pubblicata da alcuni studiosi locali è una pianta cinquecentesca della città di Foggia [3].
Questa preziosa carta della nostra città non è molto grande, misura cm. 43 per 56 ed è arricchita da un’utilissima didascalia divisa in due sezioni, la prima elencante gli edifici che sulla carta sono indicati con tutta la serie di lettere del nostro alfabeto, la seconda con una numerazione progressiva da 1 a 25. Quasi tutte le chiese, conventi e palazzi gentilizi più antichi sono indicati con buona approssimazione sulla pianta della città: l’autore non era uno dei soliti viaggiatori di passaggio.
Molto probabilmente si trattava di un erudito frate del convento agostiniano di San Leonardo di Foggia, poi trasformato, dapprima in gendarmeria, e quindi in Ospedale Provinciale Femminile e Maternità [4].
Le carte antiche del convento Agostiniano di Foggia passarono all’Archivio di Stato di Napoli, ove il Camobreco rintracciò quelle relative all’Abbazia di San Leonardo di Siponto, anch’essa passata nel secolo scorso, insieme al monastero foggiano, all’Ospedale Provinciale [5].
È proprio fra questi documenti che probabilmente si conserva traccia della corrispondenza del vescovo Angelico Rocca o di Lukas Holste con il convento agostiniano di Foggia e fors’anche proprio con l’autore della pianta di questa città nella fine del ‘500.
La carta di Foggia non è l’unica relativa ad un centro abitato della Capitanata. Sempre nello stesso volume di piante conservate con la collocazione già citata, troviamo, ultime della serie, tre piccole, ma bellissime raffigurazioni simili nel disegno e della stessa epoca. Queste piantine, che sono inedite, sembrano estratte da un libro e rappresentano le cittadine di Manfredonia, Canosa e Molfetta [6]. Su entrambe queste piante, in piccole e ricercate cornici a scartoccio, oltre all’indicazione della località, abbiamo anche un’unica data: “1586”.
Le cartine presentano anche una didascalia con una serie di numeri che nel disegno del centro urbano indicano i maggiori edifici civili e religiosi.
Per quanto riguarda la cittadina di Manfredonia, che ci interessa più in particolare, nella didascalia sono indicate…
1) Li doi turre d’la marina; 2) lo Castello; 3) lo Muolo; 4) la Tribuna imperfetta; 5) S. Maria de la gratia; 6) Monte Santangelo; 7) la Taberna (Candelaro); 8) M.a ecc.sia”.
Le piantine cinquecentesche di Manfredonia, Canosa e Molfetta sono molto belle nel disegno e sembrano anche abbastanza precise. Prima di passare alle altre piantine inedite di città della Puglia, parleremo ancora della nostra provincia: infatti, presso la Biblioteca Angelica si conserva anche una grande pianta della Capitanata.
Questa carta, che è senza indicazione del territorio cui si riferisce e non reca neppure la data in cui fu disegnata, è molto grande e sembrerebbe anch’essa cinquecentesca; la pianta, come le altre appena esaminate, non è stata mai pubblicata. I contorni della Capitanata non appaiono molto precisi, specialmente per quanto riguarda il territorio del promontorio garganico, molte località, anche se minori, sono disegnate con accanto il proprio nome, altri paesi e città, come la stessa Foggia, appaiono disegnati senza l’indicazione toponomastica.
Alcune sottolineature fatte con matita blu o rossa caratterizzano porzioni della pianta; in particolare, sono circoscritti gli antichi feudi di Visciglieto e Palmori ed altre zone, forse interessate a controversie sulla proprietà fra enti ecclesiastici, università o privati.
Queste sottolineature ci portano a pensare che la grande pianta della Capitanata fosse in realtà allegata, come spesso è successo per altre antiche carte, a qualche vecchia perizia giudiziaria.
Nella pianta, oltre alle maggiori località della nostra provincia, sono disegnati anche minori santuari e chiese rurali oggi in parte distrutti, come San Lorenzo in Carminiano, poco a sud di Foggia, il santuario dell’Incoronata e San Nicola Imbuto sul lago di Varano.
Altre piante di città pugliesi sono conservate presso la Biblioteca Angelica, come quella molto interessante di Barletta, con il castello ed il porto, un’altra abbastanza grande di Bitondo, altre ancora di Trani e Giovinazzo, più di una di Taranto e del Mar Piccolo, una carta di Bari e due bellissime di Otranto e Gallipoli.
La pianta di Gallipoli merita veramente parole di encomio per il suo esecutore, tal Giovanni Battista Crispo da Gallipoli, che la dedicò al nobile Flaminio Caracciolo.
Oltre ad una ricca didascalia, questa pianta reca la data del 1591 e la cittadina di Gallipoli vi è disegnata con ricchezza di particolari.
Tutte le carte succitate, per la maggior parte inedite e sconosciute, rappresentano una fetta di storia pugliese a Roma e non aspettano altro che di essere riscoperte e valorizzate [7].
Carmine de Leo
NOTE
[1] Cfr. Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali “Agostiniani in Angelica – L’impegno dell’Ordine per una biblioteca di pubblica utilità Sec. XVI-XIX”
Roma, 1986.
[2] In tutta l’Europa solo altre due biblioteche, l’Ambrosiana di Milano e la Bodleiana di Oxford furono aperte a tutti senza distinzione di censo.
[3] La pianta di Foggia conservata presso la Biblioteca Angelica di Roma è stata pubblicata anche dallo scrivente in relazione allo stemma della città, che in essa appare disegnato con più fiamme e non con le attuali tre fiammelle: vedasi in merito: de Leo Carmine “Lo stemma di Foggia… tre o più fiammelle?” in Quaderni di Qui Foggia del 27/3/1988.
[4] Sulla presenza degli Agostiniani a Foggia vedasi: DI GIOIA Michele “Foggia Sacra ieri e oggi” Foggia, 1984.
[5] CAMOBRECO F. “Regesto di S. Leonardo di Siponto” Roma, 1913.
[6] La presenza di altre piante della Capitanata e della Puglia è stata segnalata allo scrivente dalla dottoressa Nicoletta Muratore, funzionario della stessa Biblioteca Angelica.
[7] Queste piante, in particolare quelle di Manfredonia, di Foggia e della Capitanata, non sono state pubblicate neppure nel recente testo di ANGELINI G. CARLONE G. “Atlante storico della Puglia-1-Provincia di Foggia” Cavallino di Lecce, 1986.
[Per scaricare l’articolo in formato pdf, cliccare qui. Per sfogliarlo, utilizzare il visore sotto.]
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Interessante articolo, grazie Geppe. Auspico che la collaborazione con Carmine, che pure saluto, contribuisca a svelare nuovi capitoli della storia della nostra città, nel rispetto delle fonti. La veduta dell’Angelica è la carta d’identità della nostra città, ricca com’è di informazioni, a partire dallo stemma e dalla sua didascalia. Mi permetto di rilevare che nell’articolo manca una informazione, a mio avviso doverosa, quella sul ritrovamento, nel novembre del 1973, della veduta da parte di Giuseppe de Troia, insigne studioso della storia della nostra città scomparso nel giugno del 2023. Siccome l’articolo è in formato digitale si potrebbe rimediare magari aggiungendo una postilla alla nota n. 3 con la menzione di de Troia.
grazie e buon lavoro