19 agosto 1943, l’apocalisse foggiana nei versi di Luigi Scopece

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Ai bombardamenti ed ai mitragliamenti che colpirono Foggia nella tragica estate del 1943 è mancata una autentica narrazione e solo da qualche decennio si è cominciato a farne memoria. Si può intuirne le ragioni: chi è scampato alla furia devastatrice della guerra ha voglia più di dimenticare, che non di ricordare.

A rendere più problematica la sedimentazione di una «memoria condivisa» hanno poi contribuito le stucchevoli polemiche sul numero delle vittime: non furono 22.000 come venne frettolosamente stimato all’epoca, ma non furono nemmeno le poche centinaia come affermò l’Istat. La verità sta nel prezioso lavoro che sta svolgendo Maurizio De Tullio per la biblioteca «La magna Capitana», finalizzato a dare un nome alle vittime e a non trattarle soltanto come numeri.

La verità sta nei versi struggenti della poesia di Luigi Scopece con cui Lettere Meridiane vuol celebrare l’81° anniversario di quel 19 agosto 2024 che, a detta di molti testimoni, fu la giornata più cruenta di quella infausta estate foggiana. Quel giorno fu purtroppo il trionfo dell’umana barbarie e della morte che – come dice il poeta – «nell’aria, falcia le case e le vite / quante vite /… tante, / tante.»

Ho recuperato la poesia, intitolata 19 agosto 1943, da un vecchio numero della collezione rilegata di Gioventù Viva, periodico ciclostilato della Gioventù di Azione Cattolica della parrocchia di San Ciro, che cominciò le sue pubblicazioni l’8 marzo del 1970 e nella cui redazione ho cominciato a muovere i miei primissimi passi di cronista, grazie all’indimenticabile don Pompeo Scopece, viceparroco di San Ciro ed instancabile editore di Gioventù Viva, nonché fratello dell’autore della lirica, che possiede un grande valore sia dal punto di vista poetico che da quello storico.
I versi di Scopece colmano quel vuoto di narrazione di cui ho detto prima, ed offrono una preziosa testimonianza, che smonta la tesi che vuole che ad agosto la città fosse vuota. L’autore era rimasto a Foggia, anche dopo l’efferato bombardamento del 22 luglio: racconta gli eventi in presa diretta, per averli personalmente vissuti e sceglie proprio la data del 19 agosto per denunciare l’atrocità dei raid aerei degli alleati.

Dai suoi versi emerge chiaramente l’immagine di una città tutt’altro che vuota: «La gente, sbiancata da notti d’insonnia,/ da fame e deliri, oggi / ancora più stanca, scende / interminabili scale / di inermi rifugi / e attende / paziente, la morte.»
La poesia disegna uno scenario apocalittico, confermando implicitamente che quella del 19 agosto del 1943 è stata tra le giornate più luttuose che la città ha vissuto nella sua storia.
Ho avuto la fortuna di conoscere personalmente Luigi Scopece: personaggio integerrimo, di raro spessore morale e culturale, profondamente innamorato della sua città, amore che ha trasfuso ai suoi figli. Leonardo Scopece, docente di letteratura, è autore di diverse apprezzate pubblicazioni su Foggia (e io gli sono debitore di diverse recensioni…).
L’integrità morale e culturale di Luigi Scopece, la sua rara capacità poetica sono delle ulteriori, ottime ragioni per ritenere la poesia 19 agosto 1943 un documento da riscoprire e da divulgare. (g.i.)

19 agosto 1943

Quel giorno assolato d’estate
dal sudore di febbre e dall’incubo
cupo di piombo, sapeva di paglia
bruciata, di sole accecante
e di calce disinfettante
buttata qua e là da radi soldati
del genio, sulle interiora
delle carogne dei muli
disseminati dovunque da una prima
picchiata nemica.
Sapeva, quel giorno d’estate
dei sogni pesanti
di bimbi malati; sogni
nel quali, talvolta pare
che un mostro s’avanzi feroce
mentre noi impotenti e inermi
non riusciamo a fuggire lontano.

Preallarme alle nove, alle dieci…
Preallarme ogni ora, ogni istante:
sempre.
E sempre, al silenzio,
succede lo stridulo urlo selvaggio
d’allarme:
la voce dolente diFoggia
che piange le piaghe de’ figli
sepolti dal ferro rovente
sotto mille montagne di polvere
e di rovine.

19 agosto, ora zero!
La gente, sbiancata da notti d’insonnia,
da fame e deliri, oggi
ancora più stanca, scende
interminabili scale
di inermi rifugi
e attende
paziente, la morte.
Il nitido cielo rimbomba
la terra sussulta
fra continui boati.

Nel rifugio, ove cerei grappoli
d’ombre guardano il Cielo,
tremano i pali di legno
che puntellano il tremulo soffitto,
s’aprono le porte d’acciaio;
entra un denso fumo asfissiante.
La gente, pallida, cade riversa
ammucchiata, come cenci buttati
e grida
preghiere o bestemmie
e muta, impazzita, incenerita
aspetta, aspetta, la fine!

19 agosto, ora zero!
Il nemico torna a ondate continue.
Oscura con ali di morte
il sole accecante e la vita.
E la morte, nell’aria,
falcia le case e le vite
quante vite…
tante,
tante.
Confusi brandelli di carne e di sangue
alle schegge di ferro rovente
e di polvere nera:
tutta Foggia è una nuvola nera,
una brace enorme per cremare i defunti!

Quando, dopo interminabili ore torna
il silenzio di tomba
escono i superstiti
dalle superstiti
rarissime case
intatte, cercando, come famelici cani
fra le rovine e il crepitare degli incendi
i cari sepolti!
Cari, al quali, poche ore prima
avean parlato,
rapito un sorriso e un bacio…
avean promesso: passerà la bufera…
Cari che adesso, se scoperti interi,
nell’improvviso sepolcro
non han più la bocca, e le guance, e gli occhi.
E il sorriso non è che una smorfia crudele
di morte, pesta e annerita di sangue
rappreso, confuso alla polve.
E d’intorno,
quella che fu una casa di vivi
è ora soltanto un funereo cippo
eretto, sinistro, contro al cielo annerito,
fumante.
E gli occhi dei vivi non han lacrime
o preci, o fiori da dare
ai cari defunti.
Hanno solo un tremore profondo nel cuore
e uno sguardo
che, assente,
mira tutto d’intorno
e non vede… un fioco lamento
di bimbo atterrito
da una notte sì nera!
Luigi Scopece

[Le foto che illustrano l’articolo sono tratte dal catalogo della Mostra Fotografica promossa dalla Fondazione Monti Uniti per celebrare l’80° anniversario dei bombardamenti su Foggia ]

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Author: Geppe Inserra

3 thoughts on “19 agosto 1943, l’apocalisse foggiana nei versi di Luigi Scopece

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