Il Piano delle Fosse, come non l’avete mai visto

Il Piano delle Fosse è tra i luoghi più fotografati della città di Foggia, anche se ormai non esiste più nulla o quasi di quella magia che portò Giuseppe Ungaretti a invocare a gran voce la sua erezione a monumento nazionale. Giunto a Foggia per scrivere un reportage giornalistico, il poeta rimase sbalordito da quella «piazza ovale che non finisce più, d’una strana potenza… tutta sparsa di gobbe, sconvolta, secca, accecante di polvere.»

La «piazza ovale» evocata da Ungaretti si coglie assai bene in questa rara cartolina che ho trovato sul web, particolarmente interessante perché il punto di vista del fotografo è diverso da quello, consueto, che volge le spalle a Settentrione.

È una immagine bella, che risale ai primi del Novecento, e che ci mostra una piazza molto animata, in fervente attività: uomini, un cavallo, galline che razzolano beccando chicchi di grano che dovevano trovarsi in gran quantità, dopo l’operazione di insilamento del frumento nelle fosse.

Vi confesso che sulle prime ho avuto qualche difficoltà a stabilire l’esatta posizione della macchina fotografica con cui è stato realizzato lo scatto. Posizione felicissima perché consente di cogliere – questa volta da Sud – la piazza in tutta la sua «strana potenza» richiamata da Ungaretti.

Sono riuscito a rivolvere l’enigma confrontando la fotografia di cui ci stiamo occupando con un’altra fotografia d’epoca che mostra il piano più o meno dalla stessa prospettiva e – cosa più sorprendente – con una immagine attuale, estratta da Google Maps.

Il rettangolo rosso indica il palazzo utilizzato per il confronto tra le immagini. La stella il punto dello scatto

Il punto di riferimento che ho utilizzato è il palazzotto sulla destra, che possiamo vedere anche nella seconda immagine, qui sopra. A darmi la certezza della precisa localizzazione è stata però Google Maps: il palazzotto, infatti, è uno dei non molti immobili che sono giunti fino ai tempo nostro tal quali erano agli inizi del secolo scorso. Potete vederlo qui sotto.

Il palazzo di via XXV aprile, piazza Pavoncelli esistente ancora oggi

Si tratta dal fabbricato che sorge nell’attuale via XX aprile, all’angolo con piazza Pavoncelli. Si può dunque supporre che la macchina fotografica fosse posizionata nell’attuale via Zara.

Il tetto più alto che si scorge a sinistra è quello del Teatro Giordano.

Come facciamo sempre nella rubrica «Memorie meridiane», che regala ad amici e lettori gadget digitali del nostro passato e della nostra identità, vi offriamo l’immagine in tre distinti versioni: digitalmente restaurata (in alto, sotto il titolo), colorizzata ed acquerellata (sotto)

Ricordiamo che le immagini che illustrano l’articolo sono soltanto miniature di quelle, ad alta risoluzione, che vengono distribuite sul canale whatsapp di Lettere Meridiane. Se non siete ancora iscritti, fatelo utilizzando questo link, avendo cura di spuntare la campanella delle notifiche in modo da non perdere neanche un aggiornamento del blog.

La versione colorizzata della foto
La versione acquerellata della foto

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Author: Geppe Inserra

1 thought on “Il Piano delle Fosse, come non l’avete mai visto

  1. La foto, che non conoscevo, e ti ringazio, mostra due importanti caratteristiche. Mentre il panorama grande che ho analizzato tempo fa ci mostra probabilmente i piano in un giorno festivo questo ce lo mostra in una giornata feriale, in cui le opere fervono nel piano delle fosse. Per cui l’evento che ne fa una foto, almeno nella mia conoscenza, unica ed eccezionale è l’apertura di una fossa di grano in primissimo piano. La fossa si trova all’angolo del Conappiano con via della Volla, che poi è la via XXiV Aprila odierna e quindi rasente le cosruzioni e anche anche la palazzina de quo. Si vede distintamente l’animazione intorno alle fosse anche per la presenza di ben tre traìni. La fossa è aperta e se non sbaglio un degli sfossatori sta in piedi all’interno, piegato con giubbotto bianco quello che potrebbe essere il caporale di una delle due compagne degli sfossatori. Mi da l’impressione, guardando le ombre, che potrebbero essere le 11 del mattino di una giornato di Aprile, una annata fresca a giudicare dagli abiti degli astanti. Più difficile che fosse Ottobre pk la foto appare molto luminosa. Il secondo elemento interessante è che da qui iniziava la sfortunata via della Volla Volla dal lat. bullere, vòllë, designa non solo l’acqua della pentola, ma anche le sorgenti che ribollono sul terreno. La via ha fatto una triste fine per intersecarela linea ferrata in quanto conduceva e in parte conduce alla contrada Volla oggi chiamata Tavernola: chi va a Zapponeta prima di giungere a Tavernola può sulla sinistra vedere una masseria che si chiama Volla, il terreno un po’ ondulato, quando la falda era alta, permetteva la fuoriuscita di un rigagnolo ribollente alla fonte. La parte iniziale della via è stata barbaramente ridotta al cortile di un fabbricato.

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