Con Francesco Andretta si spegne una “voce narrante” di Foggia

La città di Foggia deve molto a Francesco Andretta, che è stato assai di più di un mecenate e di un illuminato presidente della Fondazione Banca del Monte (credo si chiamasse ancora così quando l’ha guidata…).

È stato un faro, una guida, un punto di riferimento e un compagno di strada per tutti quanti sono convinti che non sia possibile lo sviluppo economico e civile della città, senza che sia accompagnato da un parallelo processo di sviluppo della cultura.

Di Francesco ho sempre ammirato l’idea di cultura «a trecentosessanta gradi», che propugnava e impersonava. Dalla geniale intuizione di Colloquia, il festival delle idee che quest’anno ha celebrato la sua quindicesima edizione, all’impegno profuso per l’arredo urbano, per migliorare l’aspetto estetico della città, con la sistemazione di Largo Civitella e la collocazione nella piazzetta della bella scultura «La metafora» di Stefano Del Pozzo.

Per Andretta la cultura deve essere uno strumento di riscatto sociale, ma anche di conservazione della memoria. Per questo è stato, finché la salute non ha cominciato a tradirlo, un alfiere della causa di beatificazione di padre Antonio Silvestri, il sacerdote campione di carità e di solidarietà, che visse nei decenni a cavallo del Settecento e l’Ottocento, e morì in odore di sanità, colpito dal colera che aveva contratto assistendo una vecchia donna inferma.

Per padre Silvestri, fondatore del primo ospedale e del primo oratorio di Foggia, la cultura non era erudizione: ma coesione, solidarietà, accoglienza dell’altro.

Ricordo con emozione la prolusione che Andretta tenne in occasione di un triduo di lode e di ringraziamento in onore del grande sacerdote. Lamentò la mancanza di memoria della città di Foggia, indicando la ragione del fenomeno agli eventi tragici che ciclicamente hanno cancellato, anche fisicamente, i ricordi, determinando la rimozione di «pezzi» d’identità.

Ricordò quanto accaduto negli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso, con i bombardamenti che hanno ucciso decine di migliaia di foggiani, e la città rinata e cresciuta nei decenni successivi, per effetto dell’impetuosa immigrazione dagli altri centri della provincia, completamente trasformata, perfino nel suo dna.

«A Foggia mancano i racconti dei nonni», chiosò Francesco, con una immagine suggestiva, ma anche profondamente vera.

Con Andretta, Foggia perde una delle sue più belle voci narranti. L’ultimo suo scritto, che introduce il catalogo della mostra realizzata dalla Fondazione per celebrare l’80° anniversario dei bombardamenti, è un atto d’amore verso la città e nello stesso tempo una lucidissima analisi del peso immane, decisivo (ed ancora per molti versi non compreso) che quella tragedia ha avuto sul presente e sul futuro di Foggia, che ancora continua ad ipotecare.

Ci lascia in eredità l’amore profondo per quel che ancora di bello questa città possiede, l’urgenza di custodirne la memoria e di raccontarla, prima che anche le parole perdano di senso.

L’ho sentito l’ultima volta per chiedergli di prendere le redini del ricostituito Comitato per la beatificazione di padre Antonio Silvestri, per aiutarci a narrare un capitolo della nostra storia che potrebbe accendere una luca di speranza sul nostro pallido futuro.

Con la consueta lealtà, declinò l’invito per le sue cattive condizioni di salute, non mancando tuttavia di esprimere la speranza di «tornare presto in campo». Purtroppo così non è stato.

Mi piace pensare che ad accoglierlo sulla porta del paradiso sia stato proprio don Antonio, e che insieme stiano pregando per il riscatto di questa nostra città, che tanto hanno amato e per la quale tanto si sono spesi.

Geppe Inserra

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Author: Geppe Inserra

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