Gianfranco Viesti è stato uno dei primi studiosi italiani ad accorgersi che razza di fregatura per l’unità nazionale e per il Mezzogiorno si nasconda dietro l’autonomia regionale differenziata propugnata, inizialmente dalla Lega, ma poi sostenuta dal resto del centrodestra e da pezzi del centrosinistra. Scese in campo senza esitazioni, da subito, promuovendo, già 5 anni fa, una petizione che ebbe il merito di smuovere le coscienze, e poi dedicando alla materia articoli, saggi e infine un libro dal titolo particolarmente illuminante, «Contro la secessione dei ricchi».
L’economista e docente barese lo ha presentato nella sala consiliare di Palazzo Dogana su invito dell’Anpi. Dopo l’introduzione del presidente dell’associazione dei partigiani, Michele Galante, l’ospite ha risposto alle domande che gli abbiamo posto io e il capo della redazione foggiana della Gazzetta del Mezzogiorno, Filippo Santigliano.
Non è parso molto ottimista, circa l’attenzione della pubblica opinione su un tema pure così nevralgico per il futuro del Paese: «Dell’autonomia differenziata continua a non sapere niente nessuno. C’è una costante, inquietante disinformazione di massa. Siamo preoccupati, ma non certo sconfitti.»
Per i molti che non sono addentro alla materia, un breve riassunto delle puntate precedenti. L’autonomia regionale differenziata è stata introdotta nel 2001 dalla riforma del Titolo V della Costituzione che consente alle Regioni a Statuto ordinario che ne facciano richiesta, di accedere a forme maggiori di autonomia (legislativa e finanziaria) rispetto a quelle già previste dalla Costituzione, attraverso un procedimento negoziato con lo Stato, che si conclude con una legge ordinaria, senza che il Parlamento possa entrare nel merito dell’intesa raggiunta dalla Regione interessata con il Governo. Le maggiori funzioni vengono finanziate dal cosiddetto «residuo fiscale» prodotto dalla Regione, ovvero dalla differenza tra quanto quel territorio versa allo Stato e quanto riceve sotto forma di servizi. In pratica vengono sottratte alla fiscalità generale, a danno delle regioni che presentano un residuo fiscale minore, o addirittura negativo, come la Puglia.
A farne richiesta sono state le regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna: una vera e propria «secessione dei ricchi», come argomenta il libro di Viesti, il cui ragionamento parte da lontano. «Non sono contrario al decentramento dei poteri, ma un buon decentramento dovrebbe portare una maggior democrazia, in un Paese tradizionalmente centralista, come l’Italia. Invece sta accadendo il contrario. Stiamo assistendo ad un progressivo indebolimento dei Comuni, che dovrebbero essere l’anima del decentramento.»
Viesti punta il dito contro i poteri concorrenti definiti dall’art.117 della Costituzione: «Le competenze in ballo sono circa 500, sono troppe, e minano l’unità nazionale».
Poi lancia l’affondo: «La parola chiave non è autonomia, ma differenziata, che significa, per le Regioni che l’hanno richiesta, gestire poteri e soldi che le altre Regioni non hanno. L’art.117 prefigura la nascita di vere e proprie Regioni-Stato, un obbrobrio che non c’è in nessun’atra parte del mondo.»
Viesti sottolinea la «trasversalità» del processo: «la proposta parte dalla Lega, ma la porta si è spalancata anche in casa del centrosinistra. A sottoscrivere le prime intese fu il governo Gentiloni, nel 2018.»
A mitigare il poco edificante scenario che si va profilando, dovrebbero essere i LEP, i Livelli Essenziali delle Prestazioni, ovvero i livelli di servizi e prestazioni che dovrebbero essere garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, espressamente previsti dalla Costituzione. Anche su questo tema, le zone d’ombra sono molte.
«Il ministro Calderoli sta definendo i LEP – incalza Viesti – ma, attenzione, definire non significa che vengano finanziati né che vengano effettivamente raggiunti.»
«Il decentramento – chiosa il professore – non può significare fare figli e figliastri. Il sovranismo regionale è deleterio per la democrazia e per il funzionamento del Paese. La speranza è che la battaglia contro l’autonomia differenziata possa diventare un tassello importante per consolidare la collettività nazionale.»
Geppe Inserra
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In sintesi si tratta di una grande fregatura per il Sud, come già sperimentato ampiamente in questi anni!