Il colmo per un giornalista è essere oggetto della notizia, senza neanche accorgersene. Qualche giorno fa, sono stato tra le centinaia di turisti costretti ad evacuare dai propri alberghi a causa dell’incendio che ha funestato il Gargano. Ma mi sono reso conto di quanto stava succedendo solo per l’allarmata telefonata di mia figlia e solo quando, sceso in piscina nonostante la sinistra colonna di fumo che cominciava a salire dal dorso della collina prospiciente l’albergo, l’addetto al bar ci ha cortesemente invitato a prendere l’auto ed allontanarci.
Ho letto dopo dei tanti disagi cui sono andati incontro i turisti che alloggiavano nelle altre strutture, costretti a sistemazioni di fortuna per la notte.
Nel nostro caso non è stato così. Anzi. Eravamo all’Hotel Portonuovo, e assieme agli altri ospiti siamo stati invitati ad andare all’Hotel Pizzomunno, di proprietà della stessa società.
Qui siamo stati accolti con una professionalità ed una solidarietà addirittura commoventi. Il personale del Pizzomunno e quello del Portonuovo si è letteralmente mobilitato. Ci hanno dissetato, offerto caffè, mentre gli impareggiabili ragazzi dell’animazione ci intrattenevano con canzoni, musica e giochi.
Con quella montagna che bruciava all’orizzonte, a tratti mi è sembrato di essere nella Sala delle Feste del Titanic, prima del fatale impatto. Ma, a parte l’ovvia tensione, tutto è andato per il meglio.
Quando si è capito che l’emergenza si sarebbe protratta per la notte, a tempo di record, è stata organizzata (ed offerta) la cena a tutti, e ci è stata assegnata una stanza per la notte.
L’albergo si è trovato a dover farsi carico, da un momento all’altro, di un numero doppio, e forse anche maggiore, di ospiti. Se l’è cavata in modo eccellente.
Se Vieste ha vinto la sfida, affrontando l’emergenza con grande efficienza, grazie anche all’impegno dell’amministrazione comunale, il personale del Portonuovo e del Pizzomunno l’ha stravinta.
A tarda sera, un episodio che mi ha particolarmente colpito. Ho casualmente ascoltato la telefonata di un cameriere dell’Hotel Pizzomunno che aveva appena finito il massacrante turno di lavoro, cui aveva dovuto sottoporsi per fare fronte all’improvviso aumento degli ospiti. Il suo interlocutore lo sollecitava ad indossare un’altra divisa – quella di un’associazione di protezione civile – perché doveva andare in collina: erano divampati altri focolai. “Mi cambio e arrivo”, è stata la risposta.
Bisognerebbe dargli una medaglia. Vieste ha un cuore immenso, e nelle critiche giornate dei roghi l’anonimo eroismo di tanta gente come il ragazzo del Pizzomunno fa da contraltare alla vandalica follia dei piromani.
Per la cronaca, ho una certa esperienza in fatto di vacanze angustiate dai roghi. Mi era già successo in Sardegna e un paio di anni fa a Campomarino, in Molise, con due rovinosi incendi scoppiati nel giro di soli otto giorni.
Se Vieste ha dato una prova encomiabile di fronte all’emergenza, non mi sono piaciute le lacrime di coccodrillo che puntualmente vengono versate quando si verificano emergenze come questa.
Il punto è che lo Stato ha del tutto o quasi rinunciato alla prevenzione, al presidio del territorio che è anche la migliore arma per contrastare e snidare i piromani. È stato smantellato il Corpo Forestale, la vigilanza dei boschi è del tutto rarefatta. In tutto il Gargano, Foresta Umbra compresa, ci sono soltanto 13 torri di avvistamento, una sola a Vieste.
La vera lotta ai piromani e agli incendi comincia dalla prevenzione, ma si preferisce ipocritamente piangere sul latte versato.
Geppe Inserra
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