Se gli allibratori accettassero scommesse anche sullo sviluppo di un territorio, temo che le quotazioni di Foggia e della Capitanata sarebbero molto basse. La percezione del futuro che si può cogliere negli umori della gente segnala burrasca. E non sono necessarie neppure complicate indagini sociologiche per rendersene conto. Basta camminare per strada: più rabbia che sorrisi, più rassegnazione che speranza.
Sarebbe forse il caso di rivolgere uno sguardo più oggettivo, meno pessimista. Come ha fatto Federico Pirro, ritirando il Premio Menichella conferitogli dalla Fondazione Monti Uniti di Foggia, proprio nel giorno in cui l’annuale classifica del Sole 24 Ore sanciva l’ennesima debacle per la provincia di Foggia, relegandola al quartultimo posto della classifica nazionale delle provincie per qualità della vita.
Giunto all’ottava edizione, il Premio Donato Menichella è un’onorificenza istituita dalla Fondazione, in collaborazione con la Banca d’Italia e promossa nell’ambito delle Giornate Economiche del Mezzogiorno, quale riconoscimento a quei professionisti e a quelle istituzioni che con la propria opera hanno contribuito allo sviluppo culturale, sociale ed economico del Meridione italiano. In passato è stato conferito a studiosi del calibro di Gianfranco Viesti, Paolo Mieli, Giuseppe De Rita. Ma nel caso di Federico Pirro il conferimento riveste un significato ed un’attualità particolari. E la sua relazione lo ha ampiamente dimostrato.
Presidente del Centro Studi e Documentazione sull’Industria nel Mezzogiorno dell’Università di Bari, docente di Storia dell’Industria, osservatore attento della economia dauna (negli anni ottanta guidò l’equipe di esperti che elaborò il Piano di sviluppo per l’amministrazione provinciale), Federico Pirro ha disegnato un futuro decisamente più roseo, rispetto al plumbeo contesto che emerge dai dati del quotidiano economico-finanziario: «Siete bravi. Rassegnatevi all’impegno, alla laboriosità, a volare alto. Non si può togliere la speranza ai giovani, non si può costringerli ad andare via. La Capitanata può decollare».
Pirro ha cominciato la sua lectio magistralis citando dati importanti, rispetto ai non c’è forse la necessaria consapevolezza.
Sono i numeri che riguardano il Pil: la Capitanata ha un prodotto interno lordo maggiore di quello del Molise e della Val d’Aosta. È al 27° posto nel Mezzogiorno. Al terzo in Puglia, dietro Bari e Lecce, ma davanti a Brindisi, Taranto e alla Bat.
È davanti a 16 province del Centro e a 18 province settentrionali.
«La Capitanata non è un territorio povero di risorse – ha detto Pirro -. È una grande provincia-regione a vocazione spiccatamente agricola».
È proprio l’agricoltura il suo punto di forza. Nel 2019 il Pil agricolo l’ha collocato al secondo posto nazionale, dietro solo a Bolzano.
Il comparto agroalimentare è ormai una realtà consolidata che vede in Cerignola la sua punta di diamante.
Pirro ha puntualmente elencato i big player del settore: la Barilla, che a Foggia possiede lo stabilimento più grande d’Italia dopo quello di Parma, la Princess, che ha uno dei conservifici più grandi d’Europa, Futuragri, Parmalat, Iposea. E poi aziende medie, ma in crescita, come Clemente a Manfredonia, Tamma e Fiordelisi a Cerignola. Senza trascurare il tessuto delle cooperative agricole che punteggiano il territorio provinciale, con un fatturato annuo compreso tra i 15 e i 20 milioni: «Perché non provare ad aggregarle?»
Anche per l’industria e per la logistica le prospettive indicate dallo studioso barese sembrano incoraggianti. Manfredonia si avvia a diventare il più grande porto industriale tra Brindisi e Ortona, ma occorrerà ripristinare il collegamento ferroviario. Molto ci si aspetta dalla Zes, che può diventare un formidabile attrattore di investimenti, una opportunità da non perdere.
«C’è interesse ad insediarsi a Manfredonia da parte di investitori esteri. Grazie anche al rilancio della Sisecam Flat Glass (ex Sangalli), al dinamismo di alcune aziende di itticoltura come i fratelli Cariglia e all’intraprendenza di alcuni agenti doganali che hanno intercettato notevoli flussi per quanto riguarda gli aerogeneratori destinati alle aree interne – ha detto ancora Pirro – il porto sta vivendo un interessante momento di crescita.»
La struttura produttiva e industriale della Capitanata tiene bene anche negli altri settori, caratterizzati dalla presenza di grandi gruppi come l’FPT (ex Sofim), Leonardo, Marcegaglia, Ferrovie dello Stato, Poligrafico dello Stato, G&W Electric (ex Tozzi).
Dall’analisi bisogna però passare alla proposta, alla messa a punto di possibili iniziative. Pirro ha ricordato quando, consulente della Provincia, organizzò un road show con l’allora presidente, Francesco Kuntze, per presentare agli imprenditori emiliani il sistema di convenienze ed opportunità insediative che offriva la Capitanata. C’è tutto un possibile indotto da esplorare.
A partire dall’eolico. Tavoliere e Monti Dauni sono grandi produttori di energia eolica, però gli aerogeneratori giungono dall’estero, addirittura dalla Cina: «si potrebbe provare non dico a produrli, ma almeno ad assemblarli in loco», ha affermato Pirro.
E poi, il turismo: «Vieste rimane la capitale turistica della Puglia, le prospettive del turismo religioso sono incoraggianti, la riapertura dell’aeroporto Lisa è una fortuna.» Il settore potrebbe diventare un «suscitatore di filiere», dando vita ad un vero e proprio indotto della a partire da quella dell’hotellerie.
«Tutto induce a pensare – ha concluso Pirro – che la Capitanata possiede notevoli potenzialità, ma bisogna coglierle tutte, fino in fondo, la Puglia ha bisogno della provincia di Foggia. Serve però una cabina di regia, una vision. Non basta essere buoni amministratori locali, bisogna anche saper promuovere lo sviluppo.»
Alla relazione ha fatto seguito un appassionato dibattito, che ha registrato la partecipazione di diversi operatori economici, che avevano seguito con interesse la relazione. «È una visione che ci stimola, ci dà coraggio, anche se non è facile costruire un tavolo per rilanciare lo sviluppo», ha detto Aldo Ligustro, presidente della Fondazione e padrone di casa. Stimolante la considerazione di Filippo Santigliano: «La premialità danneggia le aree deboli come la Capitanata, e la premialità è il criterio ispiratore di tanti bandi pubblici, a cominciare da quelli del PNRR.»
Una serata intensa e confortante, di quelle che ti tirano su il morale. Ho avuto il piacere di parteciparvi in quanto la Fondazione (che ringrazio di cuore) mi aveva chiesto di moderare i lavori e di introdurre il prof. Pirro, cui mi legano decenni di amicizia e di vicinanza culturale, cominciati all’epoca del Progetto Capitanata Anni ’80. L’ottimismo che sorreggeva quel progetto ha dovuto fare i conti con diversi fattori allora imponderabili: il disimpegno delle partecipazioni statali, la fine della Cassa per il Mezzogiorno, la ricostruzione post sisma dell’Irpinia che ha spostato il baricentro del sistema di convenienze ed opportunità che prima premiava la Capitanata.
Ma l’attualità delle potenzialità indicate da Federico Pirro resta, tutta intera. Chissà questa ottava edizione del Premio Donato Menichella non sia un segno del destino, non ci aiuti a voltar pagina.
Geppe Inserra
[Nelle foto: il presidente Aldo Ligustro consegna il Premio Menichella a Federico Pirro; un momento della serata]
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