La bellezza ha radici profonde, e antiche. In Puglia c’è un posto magico, che più di altri trasuda questa bellezza insondabile, così diversa da quella, stucchevole e patinata, che ogni giorno ci propina la televisione: Vico del Gargano.
A Vico il tempo sembra scorrere più lento che altrove. Racconta storie senza tempo. Svela bellezze che non t’aspetti.
Se questo accade è anche per merito dei tanti che non s’arrendono ai cambiamenti epocali che attraversano la società contemporanea. Cercano tenacemente tracce di questa bellezza antica, le sottraggono all’ingiuria del tempo e al rischio dell’oblio, semplicemente raccontandole e così dando loro respiro e futuro. Persone e autori come Francesco A.P. Saggese, Francesco Pupillo e Pasquale D’Apolito, che non smetterò mai di ringraziare per affidare a Lettere Meridiane il compito di diffondere quelli che sommessamente definiscono i «loro lavori».
Troppo modesti. Non sono soltanto «lavori», apprezzabili e importanti. Sono «opere» destinate esse stesse a restare, a valicare i limiti del tempo e dello spazio e – speriamo – a far conoscere al resto della Puglia e del Mondo l’incanto di Vico del Gargano e della sua gente.
Come la storia di Assunta, che alla veneranda età di 97 anni canta. Continua a cantare, come ha fatto per tutta la vita. E il suo canto annoda e rivela le radici profonde e antiche della bellezza.
La narrazione di Francesco A.P. Saggese è accompagnata dall’approfondimento di Francesco Pupillo e dalle immagini e il video di Pasquale D’Apolito. Leggete, sfogliate, guardate: lasciatevi avvolgere dalla bellezza. (Geppe Inserra)
[Publichiamo di seguito il testo di Francesco A.P. Saggese. Lo stesso testo, con l’approfondimento di Francesco Pupillo e le foto di Pasquale D’Apolito, è pubblicato nell’ebook che potete sfogliare sotto, oppure scaricare a questo link. Potete invece guardare il video e ascoltare la voce di Assunta alla fine del post]
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Assunta canta.
Seduta sulla sua poltrona di casa Assunta canta.
Assunta ha sempre cantato.
Cantava in campagna mentre strappava l’erba insidiosa nei campi o mentre raccoglieva con le ginocchia conficcate a terra le olive; cantava Assunta quando ritornava a casa, stanca dal lavoro; cantava in chiesa durante le funzioni religiose, dietro le processioni nelle feste di paese o nei pochi momenti di spensieratezza.
Il giorno dopo dell’ultimo Venerdì Santo vichese, quando ancora sono vive nei nostri occhi le immagini delle lunghe processioni per le strade del paese, con Pasquale e Francesco ci rechiamo a casa della signora Libera che ci aspetta con sua madre Assunta.
Conosciamo Assunta perché l’abbiamo vista cantare negli anni trascorsi ai piedi dell’Addolorata al termine di uno dei riti più suggestivi e partecipati dall’intero popolo vichese, il Pianto della Madonna, mentre tutta una schiera di donne, intorno a lei, l’accompagnava nel canto.
Assunta ci aspetta seduta sulla poltrona con le mani appoggiate una sull’altra: sto guardando un quadro, un’opera d’arte, ammiro la sua infinita e umana bellezza.
Ci stringe la mano e ci sorride.
Ci sediamo di fronte a lei.
Assunta ha lavorato una vita intera in campagna, un marito nel cuore, sei figli, di cui due viventi: sua figlia Libera è seduta accanto a lei e le stringe la mano.
Assunta canta e siamo qui per ascoltarla, il suo canto scava negli anni, negli usi di un tempo scomparso, ma che sulle sue labbra è ancora vivo.
Assunta abita un tempo antico, perché abita il suo canto, vive le sue parole.
Sua figlia Libera ha ereditato da sua mamma la voglia di cantare, ha imparato i canti antichi, gli stornelli. Libera con la sua mamma Assunta fanno una cosa meravigliosa: cantano, si guardano e cantano, hanno negli occhi stampate le note, le parole antiche, le melodie.
Libera ha imparato da sua madre anche i canti legati alla Settimana Santa vichese, gli ha trascritti sui fogli bianchi che a poi diffuso tra le altre donne che nei giorni che precedono Pasqua animano i riti in Chiesa Madre. Le ritrovo a cantare un pomeriggio di aprile in chiesa, disposte tutte in cerchio con i fogli sotto gli occhi: è così che una tradizione va avanti.
Assunta ha novantasette anni, è un mare infinito, la cima di una montagna, la luce di una stella che brilla, un giardino fiorito, l’acqua limpida di una sorgente.
Abbiamo smesso di cantare ed è finito tutto, ha detto qualcuno in una strada di paese; ci siamo rinchiusi in casa, abbiamo soffocato il canto, lo abbiamo tradito.
Assunta ti prego di continuare a cantare, non stancarti mai, abbiamo bisogno della tua voce, abbiamo bisogno di sentirti e di risentirti, abbiamo bisogno di guardare i tuoi occhi che brillano quando intoni il tuo canto.
Assunta ti prego di continuare a cantare, fallo per noi, che non ne siamo più capaci, aiutaci a comprendere il senso della vita che ci è sfuggita di mano, il senso della pace che abbiamo perso, dell’amore che abbiamo ucciso.
Assunta facciamo così: ti stringo la mano anche io, ti stringiamo la mano anche noi, adesso ci sediamo vicino a te, e tu ci insegni a cantare, a cantare alla vita.
Francesco A.P. Saggese
L’EBOOK “ASSUNTA CANTA”. Per sfogliarlo utilizzate il visore qui sotto. Per scaricarlo, cliccare qui.
IL VIDEO
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Tutto “tremendamente” molto bello. Poesia allo stato puro, quasi un mondo sospeso in questo tempo senza più freni. Nulla che a Foggia potrei vedere con pari intensità.
Sì, Geppe. Occorre far riabitare i nostri paesi. Sono l’anima più pura di una cultura che rischia di sfracellarsi sull’effimero dei Social, anche se è proprio grazie a voi “social-isti” che tutto ciò permette di resistere alle intemperie del degrado morale di cui siamo pervasi.
Per fortuna ci sono ancora questi “ragazzi” del ’25 che ci fanno credere ancora nell’Uomo, come urlava il grande Toni Cucchiara nel suo splendido musical “Caino e Abele”. Bravi tutti, davvero.