Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo interessante articolo di Daniele Calamita, agronomo, sindacalista ed esperto di politiche sociali sul tema del decreto sui raduni Rave che sta appassionando in questi giorni l’opinione pubblica.
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Da sempre come paese ci emozioniamo nella lettura dei titoli dei giornali, ma troppo spesso non leggiamo i contenuti e soprattutto non ci soffermiamo sugli effetti di determinate scelte.
Il tema del momento, su cui molti plaudono e si galvanizzano, è la norma che il Governo ha introdotto nel Decreto Sicurezza, che vuole mettere un freno ai rave, introducendo il reato di invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica (434-bis del Codice penale) definita nell’articolo 5 del decreto.
La norma si applica quando più di cinquanta persone invadono in modo “arbitrario” terreni o edifici, pubblici o privati e da ciò ne può derivare “un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”. Chiunque “organizza o promuove l’invasione” è “punito con la pena della reclusione da tre a sei anni e con la multa da 1.000 a 10.000 euro”.
Sempre la norma aggiunge inoltre che “per il solo fatto di partecipare la pena è diminuita”. Il rischio di avere una condanna è dunque anche per chi partecipa all’evento. La norma, inoltre, dispone la “confisca delle cose” utilizzate per commettere il reato nonché quelle “utilizzate per realizzare le finalità dell’occupazione”.
Permesso che fino ad oggi era già vietato organizzare rave e/o occupare abusivamente luoghi pubblici o privati, la domanda che mi pongo è se questa norma sia veramente necessaria. Io personalmente, in un testo così vago e aleatorio leggo un pericolo reale; chi mastica o si appassiona al Diritto sa bene che quando le norme sono vaghe, nella maglie delle stesse, si possono generare e innescare interpretazioni altrettanto vaghe e discrezionali.
Al di là di ogni pregiudiziale ideologica, voglio provare a focalizzare l’attenzione su alcune parole del Decreto sopra richiamato e sulla sua pericolosità applicativa, provando a fare alcune considerazioni per i tanti che plaudono a mo’ di ultras a questa norma apparentemente pensata per i rave (lo specchietto per le allodole) ma che ha in sé una vasta sfera di applicazione.
Andiamo ai termini, le parole chiave, la norma parla di: invasione, terreni, edifici, raduni ed una presenza di almeno cinquanta persone, con il collante del concetto di pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica.
Sono queste, a mio avviso, le parole chiave su cui si articola la norma; per capirne la pericolosità andiamo a vedere parola per parola il significato del dizionario della lingua italiana, contestualizzandole rispetto al Decreto.
Invasione: Irruzione di un folto gruppo di persone in un luogo; irruzione di tifosi sul campo di gioco in segno di protesta o di festa.
Terreno: Porzione della superficie terrestre con particolari caratteristiche morfologiche.
Edifici: Costruzione architettonica perlopiù in muratura destinata a sede di attività umane o ad abitazione.
Raduno: Riunione di più persone in uno stesso luogo per partecipare a manifestazioni di vario genere.
Bene ora voglio provare a declinare questi concetti nella realtà provando a focalizzare, come detto, i pericoli, a mio avviso, di una norma così vaga e generica, precisando che se l’obiettivo vero era vietare e/o limitare (già vietati) i rave, forse, la norma poteva contenere esplicitamente la parola rave e non il termine generico di raduni, perché è l’utilizzo di questa parola il vero nocciolo della questione.
Se come dice il dizionario della lingua italiana, il raduno è una riunione di più persone in uno stesso luogo per partecipare a manifestazioni di vario genere, a rigor di logica ne deriva, che una qualsiasi iniziativa pubblica, che abbia una parvenza di pericolo per l’ordine pubblico, incolumità pubblica o salute pubblica è in automatico una violazione della norma e quindi è punibile con il carcere e l’ammenda, e che possono essere coinvolti sia gli organizzatori che i partecipanti. La domanda adesso è: chi stabilisce che quella determinata iniziativa/manifestazione è un pericolo per l’ordine pubblico, incolumità pubblica o salute pubblica?
Avendo organizzato e partecipato a tante mobilitazioni (scioperi, iniziative ecc….) sempre e soltanto pacifiche, lo preciso, so che il pericolo è sempre dietro l’angolo e tutte le manifestazioni di per sé possono/potrebbero in un attimo degenerare; quindi sarebbero tutte vietate?
Provo a fare altri esempi, per far capire, a mio avviso, la pericolosità di una norma che lede il diritto alla libera manifestazione (principi costituzionali).
Se 51 lavoratori, ingiustamente licenziati e/o in vertenza con l’azienda per la quale lavorano, decidono di fare (assistiti dal Sindacato) un sit-in di protesta davanti la sede; in pratica danno vita ad un raduno, ma allo stesso tempo stanno invadendo lo spiazzo esterno all’azienda quindi sono su un terreno e magari hanno anche dei cartelli e stanno protestando contro scelte ingiustificate; potenzialmente potrebbe scattare l’arresto e la sanzione per chi ha organizzato (il sindacato) e per chi ha partecipato (i lavoratori); bene in questo caso specifico (molto presumibile) non si lede la libertà di sciopero? non si lede la libertà di parola e di manifestazione?, quale sindacato promuoverà più a cuor leggero la mobilitazione dei lavoratori e soprattutto quanti lavoratori aderiranno alle manifestazioni?.
Vogliamo fare un altro esempio? gli studenti di una scuola, di un’università (vedi ciò che è avvenuto qualche giorno fa a Roma) che decidono di protestare pacificamente non sono nella stessa condizione dei lavoratori in sit-in?
Io penso, per concludere, che questa norma sia stata promossa per affrontare il fenomeno dei rave, ma ha in sé moltissime applicazioni che nei fatti limiteranno di molto la sfera dei Diritti.
Daniele Calamita
[La foto che illustra il post è provvista di Commons Creative License. Autore: Bud ]
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