Con la scomparsa di don Tonino Intiso si chiude definitivamente una grande pagina della storia della città, e non solo religiosa. Scende un velo su quella Foggia solidale, capace di grandi gesti che lo ha visto protagonista: la Giornata Internazionale dei Malati di Lebbra che ebbe Foggia come epicentro, e permise una raccolta fondi sufficiente per costruire un ospedale a Nalgonda, e poi la mobilitazione popolare con relativa colletta che portò a dotare gli Ospedali Riuniti dell’impianto di radioterapia. Prima e dopo tante altre cose: i primi pionieristici esperimenti di integrazione con gli albanesi, poi quella con i rom, l’esperienza di frontiera al Don Uva…
Quel che contava, però, non erano i soldi e in fondo neanche l’obiettivo di quelle iniziative di solidarietà. Per don Tonino quello che importava non era il “fare” e il “perché fare”, ma il “come” farlo. Era il metodo. La raccolta fondi o le diverse iniziative di solidarietà erano per lui un’opportunità: per stringere relazioni, per intessere reti quando ancora non c’erano gli strumenti della rete. Era avviare un percorso comune. Era scegliere la strada più difficile.
Ho avuto la fortuna e il privilegio di averlo come Maestro e Fratello e Amico, assieme a una generazione intera di giovani che facevano del Concilio Vaticano II il loro punto di riferimento morale e culturale. La cosa più importante che ci ha insegnato è che “non è il cammino che è difficile, ma il difficile che è cammino.”
Abbiamo camminato insieme, a volte fianco a fianco, a volte in un cammino più distante ma sempre parallelo, fino a quando è stato nelle condizioni di camminare. È stato sempre un cammino difficile, perché ha dovuto fare i conti con la crescente incomprensione di una città sempre più chiusa ed egoista.
Negli ultimi tempi le sue condizioni di salute erano peggiorate, ma non la sua aderenza alla realtà, il suo intuito straordinario, la capacità di “vedere” le cose, nonostante le cataratte che gli annebbiavano la vista.
Ci incontravamo spesso, purtroppo non tanto quanto lui avrebbe desiderato. L’ultima volta è stata più o meno un mese fa. Mi ha affidato delle carte da inserire nella sua biografia: “Puoi scriverla solo tu”, mi ha detto sorridendomi.
Non mancherò di farlo. Un’altra cosa bella che Tonino mi ha insegnato è che ogni vita è una storia di Dio. In quella del piccolo Antonio che emise il suo primo vagito il 5 dicembre del 1937 a Troia, Dio ha scritto una storia bellissima. Che va raccontata e tramandata.
Addio, mio Maestro, mio Fratello, mio Amico.
Geppe Inserra
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Anch’io l’ho conosciuto quando era giovanissimo,veniva spesso in parrocchia a S.Ciro quando il Parroco era Don Attilio, Geppe se lo ricorda bene in quel periodo,sicuramente , era una persona speciale.
Mi dispiace tanto per la sua dipartita ed esprimo le mie più sincere condoglianze ai suoi parenti e familiari
Riposa in pace Don Tonino,uno dei migliori è non dico altro.
Ultimamente gli andai a fare visita a casa sua e gli chiesi , nei vari discorsi teologici e di vita , su che cosa saremmo stati giudicati dal Signore.
Mi guardò negli occhi e mi disse : Saremo giudicati per le opere di bene e di carità , che avremmo fatto durante il nostro percorso terreno ,verso il prossimo ! Cosa molto più difficile da attuare rispetto al male che viene naturale all’uomo ! Grazie per questa risposta don Tonino, da quel giorno la mia ottica di vita è cambiata !
La notizia della scomparsa mi lascia senza parole…. Un grande vuoto fisico, ma ricco anche di tanti ricordi fraterni e apostolici vissuti insieme nella mia adolescenza a Foggia, Borrei solo dire UN GRAZIE DI CUORE a Don Tonino per la sua bellissima testimonianza di vita sacerdotale e missionaria tra gli ultimi e nelle periferie che è stata un segno profetico della Chiesa in uscita per gli anni 70…
Dal cielo continua a pregare per noi tutti…
Fraterne condoglianze alla famiglia.
Sr Tarcisia Ciavarella comboniana