Morti sul lavoro. Storie, non numeri.

Mi scrive l’amico Bruno Caravella, poeta, musicista e cantautore: “Ciao, Geppe. Mi piacerebbe si affrontasse un po’ seriamente, anche con un tuo articolo, questa spinosa dolorosa questione.
La questione cui Bruno si riferisce è quella dei morti sul lavoro. Il suo appello è accompagnato da una poesia, che leggo d’un fiato, rimanendone colpito e commosso. Così gli rispondo: “Non credo che riuscirei a farlo meglio dei tuoi splendidi versi. Li utilizzerò per parlarne.
Con il garbo e la discrezione che lo distinguono, Bruno risponde a sua volta: “Grazie, non mettere me però in primo piano ma il drammatico problema e giovani che perdono la vita.
La poesia è dedicata a Vito Cannone, sfortunato operaio di Cerignola, morto qualche giorno fa a soli 37 anni, nei pressi di Ordona, dopo essere precipitato da una pala eolica, su cui stava facendo dei lavori di manutenzione.
La notizia è stata riportata con grande enfasi da tutti gli organi di informazione. Ma come spesso accade, in questi casi, a mo’ di Breaking news. Notizia dell’ultima ora. Che dopo un’ora è già in archivio, dimenticata.
Gli infortuni e le morti sul lavoro nel nostro Paese, fanno notizia in termini statistici. Come fenomeno. E non per quello che sono, con tutto il loro carico di dolore: storie di vite che si spezzano all’improvviso, che lasciano vuoti devastanti, ferite che non si rimarginano.
Chi era la vittima di Ordona? Quali sogni, quale speranza la terribile caduta ha portato via con sé? Quali amori, amicizie, affetti ha trascinato nel vortice del dolore che non ha senso, perché ogni morte improvvisa non ha significato, portandosi dietro la terribile domanda di come poteva essere evitata.
Per affrontare seriamente il drammatico ed angosciante problema delle morti sul lavoro bisognerebbe raccontare quelle vite spezzate, rendere veramente protagoniste le vittime, rendergli giustizia almeno facendone memoria. Dovrebbero farlo le televisioni, in prima serata: basterebbe essere veramente servizio pubblico, rinunciare a qualcuna di quelle insulse, bolse trasmissioni che riempiono i palinsesti e fanno audience.
Che share avrebbe una trasmissione così? Suppongo basso. Ma almeno comincerebbe a scavare nel problema, a mostrare che i morti sul lavoro non sono numeri, ma persone…
Dubito, però, che accadrà mai. Perché, a ben vedere, tra gli infortuni e le morti sul lavoro e il ciarpame televisivo che ogni sera ci viene propinato, un denominatore comune c’è: quell’imperscrutabile burattinaio che tiene i fini da lassù: il profitto, il capitale.
Spero di aver esaudito il tuo desiderio, caro Bruno. Spero che le mie parole e i tuoi versi riescano a suscitare un briciolo di indignazione in quanti li leggeranno.
Ma ti renderai conto che la poesia è forse l’arma migliore. Più della cronaca.
Mi ha colpito la grande forza suggestiva dei versi in cui racconti e immagini i pensieri che devono essersi accumulati nella mente del povero operaio durante il suo volo mortale. Racconti delle sue speranze infrante. Della vita che sta per spegnersi. Produci emozione e partecipazione assai più di una fredda inutile statistica.
E allora, grazie, Bruno e a voi, amici di Lettere Meridiane, buona lettura, con la raccomandazione che sia una lettura riflessiva. (g.i.)

VOLARE NEI SOGNI

Qualcuno mi aspetta
lo vedo
dall’alto del mio cielo
giù mi sorride
sono qui
sto volando nei miei sogni
un amore una casa un lavoro
in questo vento pugliese
che mi culla di fiaba
eppure è bello fantasticare qui
con il fascino della mia gioventù
un libero aliante
se atterrassi adesso
morrei in un ricordo

BRUNO CARAVELLA
16 ottobre 2022 ore 12.00

[La foto che illustra il post, dotata di Common Creative License è di Jayson Emery]

Views: 0

Author: Geppe Inserra

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *