Il grido della terra, e l’urgenza dell’equità

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La terra grida di dolore, ma noi restiamo sordi. Nel suoi 200.000 anni di esistenza, mai l’umanità si è trovata così vicina al baratro. Riscaldamento globale, mutamento climatico, e poi la pandemia e la guerra che ha innescato una crisi energetica ed economia senza precedenti, mettono in discussione tutto il modello di sviluppo sostenuto dalla parte ricca dell’umanità. Ma sono in pochi a rendersene conto.
L’elaborazione filosofica e morale più autorevole sull’argomento resta l’enciclica “Laudato si’” di Papa Francesco, ritornata prepotentemente d’attualità con gli accadimenti degli ultimi mesi. La riflessione del Santo Padre è alla base della mostra “Il grido della terra” (Editrice Emi), esposta qualche settimana fa a Foggia ad iniziativa di Ambasciata di Pace, Parcocittà e l’onlus Solidaunia.
In 12 pannelli a colori, attraverso le parole di papa Francesco, con immagini suggestive, esempi e attualizzazioni, la mostra avvicina i visitatori alle buone pratiche per adottare nuovi stili di vita e migliorare la cura della casa comune.
La tappa foggiana della mostra è stata accompagnata da un interessante convegno, animato da Tonio Scopelliti, medico missionario e pacifista, cui hanno partecipato due personaggi d’eccezione come Francuccio Gesualdi, allievo di don Lorenzo Milani, pensatore e coordinatore del Centro Nuovo Sviluppo, e Aniello De Padova, coordinatore del gruppo Economia del Movimento per la Decrescita Felice.
I loro interventi hanno dato senso e spessore alla tesi di fondo dell’enciclica: “Un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri.”
L’uno e l’altro grido ci dicono che così non si può più andare avanti, e che voltare pagina implica un rovesciamento di prospettiva. Va ripensato tutto il modello di sviluppo industriale, orientato alla crescita a tutti i costi. Non è più sostenibile.


Ne è convinto Nello De Padova: “Dimezzare la produzione e i consumi raddoppia il benessere e salva la terra e l’umanità.” Il relatore ha mostrato un grafico i cui dati mettono a nudo una clamorosa verità: i maggiori e quasi esclusivi responsabili dell’eccesso di CO2 nell’atmosfera (che determina il riscaldamento globale, il cambiamento climatico, ecc.) sono i ricchi. La conseguenza è che ormai emettiamo CO2 in musica molto maggiore alla capacità di digestione del pianeta.
“La decrescita è un modo diverso per organizzare la vita, per tornare a metterla in relazione positiva con la natura e l’ambiente che ci circonda”, ha detto ancora De Padova, che ha puntato il dito contro il modello di sviluppo teorizzato dalla cultura occidentale: “Per secoli abbiamo ignorato il senso del limite. Nel ‘700 gli illuministi teorizzavano il dominio dell’uomo sulla natura. Sono stati smentiti dalla storia.”
Molto atteso l’intervento di Francuccio Gesualdi che ha tenuto un’autentica lectio magistralis: “Viviamo in una parte di mondo relativamente piccola, che si appropria del 75% delle risorse del pianeta. Il problema non riguarda soltanto le risorse energetiche o idriche, anche queste distribuite in maniera diseguale. Bisogna prendere atto che il pianeta ha i suoi limiti e li ha raggiunti, è urgente promuovere un nuovo modello economico e culturale”.

I relatori. Da sinistra: Tonio Scopelliti, Nello De Padova, Francuccio Gesualdi, Giuseppe Nicoletti, Giuseppe La Porta

“Vi troviamo di fronte ad una serie drammatica di bivii, che ci impongono di scegliere la direzione in cui vogliamo incamminarci. Dobbiamo scegliere tra una sostenibilità orientata sull’equità o una sostenibilità orientata sull’apartheid: la sostenibilità deve tenere conto delle esigenze degli altri, dei più deboli. Più della metà della popolazione mondiale vive in condizioni di povertà. In Africa 700 milioni di persone non dispongono di energia elettrica”, ha detto ancora Gesualdi che ha quindi puntato il dito contro i tanti sprechi che contrassegnano il mondo contemporaneo “evoluto”, dagli sprechi alimentari agli sprechi che riguardano la mobilità: “Non dobbiamo farci illusioni, non basta cambiare la tecnologia per risolvere i problemi, come dimostra il caso delle auto elettriche che inquinano di meno se si considera l’uso, ma richiedono alte emissioni di CO2 al momento della produzione e per i rifornimenti di energia, e implicano lo smaltimento di sostanze come il litio ed il cobalto.”
La scelta che ci aspetta è problematica, ma a suo modo semplice: “Abbiamo il dovere di lasciare un pianeta vivibile ai nostri figli, e allora non possiamo più sguazzare nell’opulenza, dobbiamo imparare a diventare parsimoniosi. Dobbiamo scegliere che tipo di economia vogliamo praticare: l’economia del diritto o l’economia della giungla. Dobbiamo imparare a gestire la scarsità.”
Una bella serata quella celebrata a Parcocittà, ricca di spunti e di riflessioni, animata anche dagli interventi di Roberto Rana, docente di Scienze Merceologiche all’Università di Foggia (“Cambiamenti climatici e migrazioni“), Giuseppe Martino Nicoletti, docente di Scienze Merceologiche DEMeT all’Università di Foggia (“Emergenza climatica, Rinnovabili, Comunità Energetiche”) e Giuseppe La Porta del Coordinamento Capitanata per la pace (“O nonviolenza o non-esistenza“).
Geppe Inserra

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Author: Geppe Inserra

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