La Cgil dice no all’autonomia differenziata. Lo fa a voce alta, per bocca del suo segretario generale Maurizio Landini, nel bel mezzo di una campagna elettorale in cui di questo tema si è parlato poco o niente. E una ragione c’è. Propugnato dalle regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, il regionalismo differenziato è a tutti gli effetti un tema bipartisan, che vede sostanzialmente d’accordo centrosinistra e centrodestra, almeno nelle regioni centrosettentrionali.
A rompere l’imbarazzante silenzio ci ha pensato la Cgil, che ha scelto di celebrare a Bari la sua “iniziativa nazionale sul Mezzogiorno”. Il tema scelto (“Per l’unità e la crescita del Paese”) indica con nitidezza il punto di vista da cui si sono articolati i lavori: il Sud e i suoi problemi, inquadrati nel più generale contesto delle diseguaglianze che minacciano la stabilità e la tenuta dell’Italia. Quasi un racconto corale, declinato dalla lucida relazione introduttiva del segretario confederale Giuseppe Massafra e dagli interventi dei delegati delle diverse categorie che compongono il mosaico confederale, che hanno tratteggiato il ritratto drammatico di un Paese che sta diventando sempre più povero e sempre più ingiusto.
Si è parlato molto del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNNR) e non poteva essere diversamente, perché dalla puntuale utilizzazione delle ingenti risorse messe a disposizione dall’Unione Europea dipendono le possibilità di rilancio e di cambiamento del Paese e in modo particolare del Sud, cui è destinato il 40% dei finanziamenti.
Utilizzarli nei tempi e secondo le procedure previste è l’aspetto più problematico, secondo Adriano Giannola, perché chiama in causa la pubblica amministrazione che nel Mezzogiorno è particolarmente debole. Il Presidente della Svimez però non ha dubbi: “Il PNRR può funzionare se parte dal Sud. Non lo diciamo noi, lo dice l’Europa. È cambiato il baricentro, che va spostandosi verso Sud. Se non corre Napoli, Milano non cresce. Ripartire dal sud significa mettere in moto il cambiamento globale del Paese.”
Particolarmente atteso l’intervento dell’economista Gianfranco Viesti, promotore qualche anno fa di un appello contro il regionalismo differenziato che raccolse migliaia di firme, e autore di un apprezzato libro sulla “secessione dei ricchi”. Viesti ha detto di condividere la maggior parte delle proposte della Cgil: “ma non ci sono le condizioni per attuarle, è necessaria una equità sostanziale nel Paese, che viene calpestata con l’autonomia differenziata”. Per Viesti è nevralgica in questo senso la battaglia per il federalismo fiscale e, soprattutto per la definizione dei LEP (livelli essenziali delle prestazioni).
Anche per i docente barese, il PNRR può comunque rappresentare una grande occasione per voltare pagina: “In piena crisi energetica, il Mezzogiorno è il maggior produttore di energia del Paese. Valorizzare questa dimensione può essere il volano di una nuova politica industriale che rimetta al centro il Sud. Un miglior sviluppo del Sud, fa bene a tutto il Paese.”
Un certo scetticismo sulla possibilità che l’attuazione del PNRR possa colmare le diseguaglianze è stato espresso da Sabina De Luca (Forum disuguaglianze e diversità). Le perplessità riguardano il meccanismo di erogazione dei fondi, che passa per i bandi: “I diritti non possono essere messi a bando, le risorse devono servire a colmare le diseguaglianze. Il limite del PNRR è di aver messo i territori in competizione tra di loro.”
Ottimista invece il sindaco di Bari, nonché presidente dell’ANCI, Antonio Decaro, secondo il quale il Sud riuscirà a raggiungere e ad utilizzare la quota di fondi ad esso destinata dal PNRR. Stimolato dal precedente intervento di Viesti, il primo cittadino del capoluogo pugliese ha chiarito la sua posizione verso il regionalismo differenziato: “sono contro l’autonomia differenziata ma in quanto sindaco non posso essere contro l’autonomia tout court”. Il sindaco ha anche ricordato che l’ANCI ha avviato il delicato percorso della perequazione dei trasferimenti statali e dei LEP, applicati per la prima volta nell’ambito degli asili nido e dei servizi sociali.
È toccato al segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, tirare le conclusioni. “Non vogliamo essere spettatori di quello che verrà, vogliamo contare nelle decisioni. Ci troviamo di fronte a una situazione senza precedenti, nessuno può dirci come affrontarla, non abbiamo bisogno di fenomeni, ma di riflessione e di confronto.”
Per il segretario della Cgil, il solo, possibile motore di cambiamento è il lavoro: “Bisogna rimettere al centro le persone, quello che le persone fanno. Se siamo usciti dalla pandemia e il paese ha ripreso a crescere è per i lavoratori.” Una lezione di coesione che va rilanciata nella delicata congiuntura innescata dalla crisi energetica: “La solidarietà vera è quando quelli che stanno meglio fanno qualcosa per quelli che stanno peggio.” Landini ha auspicato in proposito la tassazione integrale degli extraprofitti.
Rispondendo agli interventi di alcuni delegati che vivono situazioni di precariato, il segretario ha sottolineato che “la sanità e la giustizia non possono essere tenute in piedi da personale precario, bisogna fare i concorsi, aprire le vertenze.” Per Landini è necessaria una politica industriale, che da anni manca in Italia: “Dev’essere il governo a decidere dove far andare il Paese, non può limitarsi a far fare al mercato. Oggi è il momento di progettare il futuro, attraverso un cambiamento radicale, nel nostro Paese ma anche in Europa. La questione sociale è l’aspetto dirimente. Lo stato sociale costa e bisogna vedere chi lo paga. Siamo contro la flat tax perché porterebbe a nuove ingiustizie. È invece necessario salvaguardare la progressività prevista dalla Costituzione. Per questo riteniamo che l’autonomia differenziata sia sbagliata e contraria alla nostra idea di unità.”
Geppe Inserra
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Sono le 21:30 di un giorno qualunque. Dalle 13.00 attendo il mio turno seduto su una sedia di plastica nella sala d’attesa del Pronto Soccorso degli Ospedali Riuniti di Foggia.
Gente dallo sguardo smarrito attende composta, direi rassegnata, il proprio turno.
Immagine eloquente di un Sud che non spera più e neanche si prende la briga di indignarsi.
Buone votazioni a tutti.
Saverio