L’ultima fossa granaria al Piano della Croce, ricolma di erbacce e senza nome, non è il solo esempio di oltraggio alla memoria e all’ identità di Foggia. Ce n’è un altro, a due passi, che coinvolge il bene culturale più importante della città: l’Arco di Federico II, ovvero tutto ciò che resta del grandioso palazzo regale che l’imperatore svevo fece costruire a Foggia. Nonostante i rapporti a volte burrascosi (quando tornò dalle Crociate, i foggiani gli chiusero le porte della città, e Federico prima li multò, poi ne distrusse le mura), lo Svevo era affezionato a Foggia, che eresse ad inclita sedes imperialis, come attesta l’epigrafe proprio sotto l’arco. Ci si aspetterebbe che una testimonianza così importante della storia sia oggetto di particolare attenzione da parte del Comune e della Soprintendenza, e invece… Le fotografie che illustrano il post documentano in modo inequivocabile l’ennesimo scempio alla memoria e all’identità della città.
L’Arco è attualmente ubicato in piazza Nigri, a due passi dalla sua location originale, via Pescheria. Pesantemente danneggiato dai bombardamenti del 1943, venne miracolosamente recuperato e ricostruito, grazie all’impegno dell’allora responsabile del Museo Civico, Maurizio Mazza.
Venne murato sul lato del Museo che si affaccia in Piazza Nigri, sopraelevato rispetto alla sede stradale e protetto da una recinzione non particolarmente bella, ma efficace. Un monumento così importante e rappresentativo dovrebbe essere sempre in bella vista, ma ciò accade raramente, perché nonostante che la sosta sia vietata (non solo, l’intera piazza sarebbe zona rimozione), l’area prospiciente l’arco è costantemente occupata da autoveicoli.
Per ovviare all’inconveniente si pensò di proteggere ulteriormente l’arco, installandovi delle fioriere. Ma, come già abbiamo visto a proposito della fossa granaria, il rimedio si è rivelato peggiore del male. Le fioriere sono state infatti collocate l’una vicina all’altra, e troppo a ridosso del monumento, con il risultato che non risolvono il problema della sosta selvaggia e, paradossalmente, contribuiscono ad occultare ancora di più l’arco. Nelle fioriere sono stati piantati non già dei fiori, ma degli ingombranti fichi d’india (forse in omaggio all’indole mediterranea e meridionale dell’imperatore svevo?). Fatto sta che le piante sono notevolmente cresciute nel corso degli anni con la conseguenza che ostacolano la visuale, completando la frittata e deturpando un posto così significativo. È uno spettacolo assai poco decoroso, del tutto incoerente con l’importanza del monumento, ma in linea con la sciatteria il pressappochismo con cui, a Foggia, si curano i monumenti pubblici e i beni culturali.
Eppure non ci vorrebbe molto a risolvere il problema. Basterebbe installare più fioriere, a distanza maggiore dal monumento in modo da estendere l’area di rispetto e restringere lo spazio in cui viene praticata l’area selvaggia. È importante che siano inamovibili, per quelle attuali sono state proditoriamente spostate per consentire la sosta illegale dei veicoli.
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Ottimo articolo, Geppe! A pochi metri, sul bordo del marciapiede antistante il Portale della Pianara, ci sono i cassonetti dei rifiuti, a volte stracolmi e riversati a terra. Sono stato tre volte a parlarne con l’ing. Ambrogio Giordano, dirigente dell’Amiu di Foggia, nel suo ufficio di via Bari. Mi ha promesso che verranno tolti in concomitanza dei lavori di collocazione della Stele … Per un solo giorno, qualche mese fa, erano scomparsi. Quel giorno era arrivata a Foggia la ministra Lamorgese …