Per una fortuita (e fortunata) coincidenza, qualche giorno fa si sono svolte, a cento metri l’una dall’altra, e contemporaneamente, due iniziative che avevano, come denominatore comune, la memoria: la presentazione dell’Archivio della Memoria Ritrovata promosso dal sindacato pensionati della Cgil e la bella iniziativa della sezione di Foggia dell’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra che ha voluto ricordare l’inizio dei bombardamenti che insanguinarono la città nella tragica estate del 1943 sottolineandone le analogie con la tragedia che si sta consumando in Ucraina con lo slogan: “Stop alle bombe sui civili”.
In altri tempi, la concomitanza dei due eventi avrebbe sottratto pubblico l’uno all’altro. Ma non è stato così: gremito l’auditorium della Camera del Lavoro che ha ospitato la presentazione dell’archivio che si prefigge di recuperare la memoria del movimento sindacale e dei partiti democratici, sold out anche il teatro Giordano, dove si è svolta la manifestazione sui bombardamenti.
Che Foggia stia riscoprendo la storia, la sua storia?
Forse sì. Forse è la volta buona. Un paio di settimane fa, l’aula magna del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Foggia ha ospitato un importante convegno di studi promosso dalla cattedra di Storia Contemporanea in collaborazione con la Società di Storia Patria per la Puglia. Grazie alla sensibilità di due docenti particolarmente attenti e sensibili al tema, come Stefano Picciaredda (Storia Contemporanea) e Saverio Russo (Storia Moderna), per la prima volta, l’ateneo del capoluogo dauno ha chiamato a raccolta storici, ricercatori, studiosi, cultori della materia, per riflettere su Foggia nella “prima repubblica”, nell’arco temporale 1946-1966. (Del periodo successivo si parlerà nella seconda parte, che si terrà prossimamente).
Non è stato un convegno accademico, ma piuttosto una riflessione corale che ha messo d’accordo tutti su un paio di aspetti particolarmente importanti. Il primo riguarda la mancanza di archivi e di documentazione su un periodo cruciale per la storia della città, che fu attraversata da profonde trasformazione, sia urbanistiche che demografiche. (Perciò, ben vengano iniziative di recupero della memoria, anche documentale, come quelle di cui si è detto all’inizio).
Il secondo aspetto riguarda invece un nervo scoperto della memoria collettiva, che forse proprio il convegno dell’Università di Foggia è riuscito a sanare una volta per tutte: il numero delle vittime dei bombardamenti del 1943.
La storia di Foggia nella prima Repubblica, e soprattutto nel periodo preso in considerazione, è stata fortemente influenzata dalle ripercussioni degli eventi bellici ed era scontato che l’argomento affiorasse durante i lavori. Nessuna polemica, però. Anzi un confronto sereno, a cuore aperto, come si dice.
La comunità accademica e il mondo della cultura si sono trovati d’accordo: le vittime furono sicuramente inferiori alle cifre che circolarono subito dopo la fine della guerra, ma furono comunque tante, troppe. E le medaglie al valore civile ed al valore militare concesse alla Città di Foggia non sono usurpate, ma sacrosante.
Un bel punto di partenza per avviare un percorso che porti a sedimentare una vera memoria condivisa della città e nella città.
Foggia ne ha bisogno per mettere a valore una specificità che dal convegno dell’Università è emersa in tutta la sua evidenza: la sua identità composita. Che in passato, e fino ad oggi, è stata più spesso croce, che delizia. Può invece diventare un importante strumento di coesione e di futuro.
Geppe Inserra
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