Quanta storia ha da raccontare una fotografia. Prendete questa, scattata a Foggia domenica 20 ottobre 1957, giorno della inaugurazione dei nuovi grandi magazzini Standa in corso Vittorio Emanuele.
Nell’immaginario di tanti ragazzi foggiani dell’epoca, le “signorine della Standa” coincidevano con l’idea stessa di bellezza femminile. Ed eccole qua, ritratte nel loro primo giorno di lavoro al pubblico: sorridenti, qualcuna assorta, certamente contente per aver trovato un impiego e per la possibilità di guardare al futuro con maggiore ottimismo.
L’immagine fa parte della collezione personale di una di loro, le gentilissima signora Rosaria, che ha voluto metterla a disposizione degli amici e dei lettori di Lettere Meridiane dopo aver letto la puntata della rubrica Memorie Meridiane dedicata, appunto alla Standa (Quando Foggia andava alla Standa, clic sul collegamento per leggerla).
“Per essere assunta nei primi giorni di ottobre del 1957, dopo aver frequentato un corso – ricorda Rosaria – dovetti aspettare di compiere 15 anni. Alla fine di ottobre ci fu l’inaugurazione della nuova sede. Ricordo ancora quel giorno, mentre scendo le scale per prendere posto al piano terra al reparto bigiotteria, ho ancora la foto che riprende me e le mie colleghe. Mi auguro che qualche mia vecchia collega vi si riconosca.”
Grazie di cuore alla signora Rosaria per aver voluto condividere il suo ricordo, che segnò un momento importante non solo per quanti furono assunti nel punto vendita, ma per l’intera comunità cittadina che poteva finalmente sperimentare il fascino dei “grandi magazzini” finora visti soltanto al cinema.
Anche la stampa prestò particolare attenzione all’evento.
Qualche giorno prima dell’inaugurazione la direzione invitò i giornalisti a visitare i locali che erano stati costruiti a tempo di record: soltanto un anno, con una spesa di circa 400 milioni delle vecchie lire. Una bella cifra, che corrisponde a 5 milioni e 800.000 euro di oggi.
“La nuova moderna, funzionale grande sede di Foggia – si legge sul giornale locale Il foglietto del 17 ottobre – su una totale superficie di 5.400 metri quadrati su 4 piani, collegati da una moderna sicura scala mobile e da ascensori automatici starà alla pari delle realizzazioni dei maggiori centri nazionali. I colleghi della stampa alla fine della dettagliata visita espressero, ai cortesi dirigenti della Standa, il più vivo compiacimento, ed più calorosi auguri di successo.”
Compiacimento e attesa che accomunarono un po’ tutta la città, che con l’apertura del prestigioso esercizio commerciale faceva un salto di qualità, emancipandosi dalla dimensione di “grande paese” per diventare, in qualche modo “metropolitana”. Era la prima volta che a Foggia veniva installata una scala mobile.
Sfogliando le pagine ingiallite di quel numero de Il Foglietto se ne ha l’esatta percezione. Con grande e comprensibile enfasi, nello stesso numero il settimanale dava notizia che, proprio in quei giorni, era stata firmata presso il Ministero dei Lavori Pubblici la convenzione che avrebbe portato alla costruzione del quartiere CEP. Con Bari, Taranto, Trieste e Treviso, Foggia era stata inserita infatti nel secondo gruppo di città interessate dalla creazione di quartieri residenziali autonomi (del primo facevano invece parte Ancona, Milano, Firenze e Bologna). Si trattava del finanziamento pubblico più grande che la città avesse mai ottenuto: 2 miliardi e 430 milioni (equivalenti a 35 milioni e mezzo di euro odierni), da utilizzarsi per la costruzione di case popolari per un totale di 4.800 vani, su una superficie di 16 ettari, compresa tra via Bari e il tratturo San Lorenzo.
Foggia s’incamminava verso il suo futuro, senza perdere però talune cattive abitudini del passato. Nella stessa pagina de Il Foglietto, l’indimenticabile, grande giornalista, scrittore e poeta Arturo Oreste Bucci stigmatizzava il perdurante malcostume cittadino di lavare e mettere ad asciugare i panni per strada: “balconi, finestre, terrazze, parte dei pianterreni, vie del centro e della periferia, – lamentava il buon Bucci – senza alcun riguardo e rispetto alla dignità di una città che si ritiene civile, sono in ogni ora del giorno e… della notte, interamente drappeggiati. Nelle vie Dante, le Maestre, Bruno, Polare, Catalano, Tesoro, Matteotti, Garibaldi, tanto per citare alcune, si lava indisturbati sulla strada, con larga esposizione di tini, catini ed altri aggeggi occorrenti alla bisogna; si piantano chiodi nei muri e si stendono funi sorrette dalle tradizionali furcine“. Il tutto, nonostante l’espresso divieto imposto dall’amministrazione comunale.
Le strade indicate da Bucci sono molto vicine alla Standa: come a dire che il biancore dei panni stesi ad asciugare si confondeva con i luccichii delle vetrine dei “grandi magazzini”.
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Bellissimo articolo. Quelle facce appartengono alla generazione nata negli anni della guerra e tuttavia piena di fiducia nel miracolo economica e di speranze personali. Qualche anno dopo l’inaugurazione mia madre ci portava regolarmente alla Standa ed ogni volta salire sulle scale mobili era una grande emozione. Un grazie alla signora Rosaria. Bravo Geppe
Davvero in bel ricordo. Una foto che ci spiega tante cose e soprattutto come il lavoro poté far felice tutte queste ragazze che finalmente coronavano un sogno. Con loro, la città si arricchì ulteriormente contribuendo al boom economico che era già in atto.