La Foggia bella e inattesa di Michele Sepalone

È una Foggia bella, intrigante, che non t’aspetti, quella che prorompe dalle fotografie di Michele Sepalone, in mostra fino al 5 gennaio prossimo nell’insolita ma suggestiva cornice dello Hair Chic Barber Shop di via Matteotti 99 (“le sale da barba sono da sempre luogo d’incontro, di confronto, di scambio di opinioni, mi sono detto allora: perché non farne anche uno spazio espositivo?” dice il titolare, Antonio Cardone, campione italiano di modellatura barba).
L’incontro tra rasoi, forbici e macchina fotografica è felicemente riuscito: grazie anche all’atmosfera vintage che regala l’arredamento d’epoca del salone, lo sguardo del visitatore s’immerge ancora di più in quel realismo magico che contraddistingue gli scatti di Michele Sepalone e che nasce dalla sua rara capacità di rendere più belli i suoi soggetti, siano essi paesaggi o ritratti, senza ricorrere ad effetti speciali o particolari artifizi. Scatta e basta, senza manipolare in nessun modo la realtà fotografata. Il che fa sorgere un interrogativo: come è possibile che una rappresentazione della realtà, non artefatta, sia più “bella” della realtà in quanto tale?
Dopo anni di frequentazione e di amicizia con Michele, credo di aver trovato una risposta. Dev’essere una questione di sguardi. Noi – meri spettatori – guardiamo a ciò che ci circonda con gli occhi della quotidianità. Sepalone vi si accosta, l’osserva, e la rappresenta, con uno sguardo diverso, profondo, intriso di tenerezza e di candore, capace di cogliere la bellezza riposta, a volte nascosta, che sta nelle persone e nelle cose.
La fotografia è un’arte che esige un ragguardevole bagaglio tecnico. Ma a fare di un fotografo un artista è la sua capacità di guardare al mondo, e di rappresentarlo, lasciandosene stupire, e trasmettendo agli altri, a quanti guarderanno, lo stesso stupore, la stessa emozione.
Tenerezza, candore, stupore e commozione che si ritrovano tutti nella mostra “Quartieri” ospitata nel Barber Shop di via Matteotti, e tappa di un percorso fotografico su Foggia che sta portando Sepalone a guardare e ritrarre gli angoli meno celebrati del capoluogo dauno. Oppure celebri, ma colti – come nel caso della Cattedrale che si rispecchia in una pozzanghera -, da prospettive inattese e inusuali.
Dopo aver toccato Borgo Croci e Rione Candelaro, l’itinerario di Sepalone si sposta dalla periferia al centro, in quartieri dove forse s’avverte maggiormente quella la dimensione di provvisorietà e precarietà che aleggia su Foggia, che spinse Alberto Moravia a paragonarla a un “coito interrotto“.
Sarà anche così, per chi la osserva con lo sguardo usato e quotidiano. La prospettiva si ribalta nell’obiettivo di Michele Sepalone, che svela la bellezza di una Foggia che vediamo e non sappiamo, non cogliamo, invitandoci, appunto, a guardarla con occhi e sguardi diversi: nei dettagli, o in contesti e momenti particolari, come la pioggia, la notte, o la solitudine della pandemia o l’estate.
La sorpresa è che Sepalone non trasfigura né sublima la realtà. È capace di afferrarla nella sua essenza più intima e più vera, rinunciando perfino al colore. La scelta di fotografare in bianco e nero è radicale, ma del tutto coerente con la poetica di Sepalone: cercare e far scoprire la bellezza nascosta nelle pieghe della realtà. Un realismo magico che conquista e regala emozione.
Geppe Inserra
(La foto che illustra il post, di Michele Sepalone, è intitolata Incontri Mattutini. Nella foto sotto un momento della inaugurazione, con Michele Sepalone e Geppe Inserra. La mostra resterà aperta fino al 5 gennaio prossimo, osservando i seguenti orari: al mattino dalle 8 alle 13, la sera dalle 17 alle 20, con chiusura il 25 e il 26 dicembre e a Capodanno).

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Author: Geppe Inserra

3 thoughts on “La Foggia bella e inattesa di Michele Sepalone

  1. ‘Ndò varviire…aspettànne ‘i cliènde se pote sèmbe spurtagghijà ‘e sfurbecijà ‘e povere a cki ce passe pe sotte
    ‘e nen decime fessarije… quanne se dice chè: ‘u salòne de’u varvìire ‘eje ‘u poste andò ‘escene tutte ‘i veretà…’u varvìire, ‘eje cum’e na’ mamme, chè ce decime tutte cose, ‘o cum’e nu prèvete, quanne ce jäme ‘a cunfessà.
    Avita sapè chè ‘nd’o varvìre nen se tagliene sule ‘ i capille, almène na’ vöte ‘ere accussì, pure pecchè:

    ‘U salòne…. così era chiamata la barberia, era il luogo dove il parrucchiere da uomo esercitava la sua professione di artigiano.
    In altri tempi, questo mestiere era considerato una vera e propria professione proprio perché era anche il luogo dove oltre al taglio dei capelli, si praticavano i salassi (chi sanguètte-le sanguisuga), per gli ipertesi e si estirpavano anche i denti e foruncoli( ‘i caravunije). Era insomma una sorta di ambulatorio paramedico dove si tagliavano, anche… barba e capelli. E poi… i calendarietti profumati! Da tempo in disuso, però i più anziani sicuramente li ricorderanno. Dal barbiere si faceva anche musica, si costituivano orchestrine per matrimoni e feste di paese. Il salone era insomma una sorta di laboratorio polivalente, che curava, riuniva e socializzava. Quiste succedève ‘e succède angòre ogge ind’e salùne di varviire modèrne. Nella Roma Imperiale famoso era un Barbiere che allora era chiamato Tonsor, il suo nome era Pantagato che serviva i nobili a domicilio; il suo tocco era estremamente delicato e non procurava sfregi al viso e proprio per questo era assai ricercato. Va da se che chi averva una nome di tutto prestigio su guadagnava una posizione economica altrettanto prestigiosa.
    Insomma anche a quei tempi, Nelle Tonstrine, come venivano chiamati i saloni da barba, chi andava a servirsi del barbiere( Tonsor ), confidava a questi anche tutti i suoi segreti, gli inciuci di sua conoscenza e tutto ciò che costituisse, novità, scandalo e quant’altro, come del resto avviene oggi nei salotti bene della nostra società e nei talk televisivi. Del resto, l’odience è figlia anche di tutto questo. Perché poi, entrando più da vicino nel pettegolezzo, quello classico….le corna! dobbiamo anche dire che, queste protuberanze, più che vedersi, spesso…si portano senza saperlo, infatti:, guarda caso non lo sa mai! Cume se dice:. Su questo tema ho scritto e rappresentato in teatro una commedia dal titolo:<>

    1. Salvatore, che bella testimonianza. Te ne ringrazio molto. Dato che vorrei pubblicarla non solo come commento, ma come “lettera meridiana” in sé, mi dici come si chiama la commedia, per favore? Geppe Inserra

      1. La commedia rappresentata più volte in quasi tutti i teatri di Foggia ed anche in provincia, ha per titolo:《 Felùcce ‘U Varviire 》

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