Non mi piace la moda degli auguri anticipati, soprattutto a Pasqua. “Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo”, ammonisce l’Ecclesiaste. Che senso ha fare gli auguri di Pasqua il venerdì o il sabato che la precedono, che sono invece i giorni della Passione e della Morte?
Questo Sabato Santo dovrebbe essere dedicato al silenzio e alla riflessione, e per questo mi piace proporvi questa poesia di Bruno Caravella, Ora Terza del Pomeriggio. Un racconto laico della passione e della morte di Gesù, descritta come un “omicidio partecipato” e di cui viene particolarmente sottolineata la dimensione corale, comunitaria. È una tragedia così grande da rendere indistinti i confini tra vittime e carnefici. Siamo tutti vittime, e tutti carnefici.
“Il carnefice è urla di folla, e le mani sporche son lavate da molti” scrive il poeta, e la gente è matrigna e maligna, ma nello stesso tempo “una madre senza più lacrime indossa il lutto di un’intera città.”
Il bene e il male si incrociano e s’intrecciano, più che fronteggiarsi. Non c’è un vincitore.
Caravella scrisse questi versi il giorno del venerdì santo dell’anno scorso, in pieno lockdown e in piena emergenza pandemica. Subito dopo avremmo visto Papa Francesco, davanti al Crocifisso che lacrimava pioggia, pregare per la redenzione dell’umanità. Questa poesia e il ricordo di quella immagine dovrebbero farci riflettere sulla dimensione collettiva insita in ogni tragedia, piccola e grande. (g.i.)
ORA TERZA DEL POMERIGGIO
Il rivolo di sangue è lungo
macabro coagulo
dalla città sul lastricato macchiato
sale su in collina
che spettacolo imponente
che dramma è mai questo
tra ulivi che baciano
fiori di pesco e gelsomino
e uomini e donne
volgono gli occhi e il cuore
sui legni a croce
dove l’atroce supplizio
attende trepidante l’ultimo
alito di vita
piegato sotto il peso
di una giustizia fallita
che dramma è questo
omicidio partecipato
dove il boia non ha mannaia
e il carnefice è urla di folla
e le mani sporche
son lavate da molti
dove una madre
senza più lacrime
indossa il lutto di un’intera città
non ha lini per abbracciare il figlio
né scalpelli martelli
per alleviarne il dolore
schiacciato da chiodi di tetano
sentite udite
ascoltate un fragore dalla montagna
l’uomo è morto
la terra si rivolta trema
vedete quel fulmine
rompe il velo di falsa preghiera
e i corvi gridano tenebrosi
in una nube di buio
scroscia un temporale
sulla gente matrigna maligna
sul palcoscenico della morte
all’ora terza del pomeriggio
BRUNO CARAVELLA, 10 aprile 2020 ore 17.58
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