Torri di vedetta, scrigno di storia da riscoprire

Com’era già successo a proposito della Carta Pisana (potete leggere cliccando qui l’articolo), la condivisione di un interessante e poco noto documento sulle torri di vedetta della Capitanata, disponibile in rete, ha innescato in Michele di Iasio, studioso di Manfredonia e storico del territorio, il desiderio di approfondire e saperne di più. Nè è venuto fuori questo importante articolo saggio, che Lettere Meridiane offre a lettori ed amici nella certezza di incontrare il loro interesse. Il testo è impreziosito da immagini, sia tratte dal documento di cui si parla, sia realizzate o pubblicate per l’occasione, alcune delle quali del tutto inedite. Per una migliore leggibilità del testo e per dare alle immagini il giusto risalto, abbiamo preferito concentrarle alla fine dell’articolo, in una vera e propria galleria fotografica. Leggete con attenzione le didascalie.

Grazie a Michele di Iasio per questo fondamentale contributo di conoscenza ad un pezzo importante della storia della Capitanata e dell’area sipontina. Al termine dell’articolo trovate il link che offre la possibilità di scaricarlo in pdf, in un formato più idoneo alla stampa o alla semplice conservazione. Buona lettura (g.i.)

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Il bellissimo documento sottoposto questa volta alla vostra attenzione, attualmente conservato nella biblioteca Nazionale di Francia a Parigi, è una accurata ed illustrata descrizione delle torri costiere di Capitanata redatta dal marchese di Celenza Valfortore Carlo Gambacorta, il quale venne incaricato per questa ispezione, compiuta nel mese di dicembre del 1594, dalle autorità del Viceregno spagnolo in Italia. Il titolo integrale del prezioso documento è: Visita delle torri di Capitanata nel mese di dicembre 1594 e di quelle d’Abruzzo nel mese di ottobre 1598; relazione del marchese di Celenza al marchese Olivarez, vicerè.

La costruzione di queste torri costiere di avvistamento e difesa si inserisce in un quadro ormai mutato di equilibri di forze geopolitiche nel Mediterraneo, che vede le conquiste turche avanzare sempre più, fin proprio a ridosso della penisola Italica e nella fattispecie della Puglia a seguito della sottomissione ottomana della Grecia e della Albania, soprattutto quest’ultima ad un tiro di schioppo dalle coste pugliesi.

La Capitanata a ragion veduta si inserisce in questo contesto difensivo costiero in maniera cruciale, poiché crocevia di commerci di prodotti e materie prime sia alimentari che di altro tipo.

Nella disamina di questo importantissimo manoscritto che fa anche Romano Starace nel suo bel libro Torri costiere della Capitanata, egli denota che le torri costiere in esame furono commissionate da un particolare ente del viceregno spagnolo chiamato La Sommaria il quale era in pratica l’ufficio finanziario del Regno, che aveva affidato la realizzazione delle torri, all’architetto militare Liberato Lucido.

Lungo le coste della Capitanata le 21 torri presenti vennero realizzate in un periodo temporale che va dal 1568 al 1570 e nella loro tipologia architettonica erano tutte simili tra loro con caratteristiche ripetute in maniera standardizzata. Queste infatti avevano una architettura molto razionale ma funzionale al loro scopo: erano di pianta quadrata; si innalzavano su due livelli: quello a pian terreno utilizzato come magazzino e quello al primo piano adibito ad alloggio per i soldati. Il terrazzo era provvisto spesso di caditoie per la difesa. L’unico accesso alla torre era costituito da una piccola porta che si apriva al primo piano a cui si accedeva con una scala di corda che veniva in seguito ritirata per non dare la possibilità agli assalitori di accedervi, infatti gli archi di scale in muratura che oggi vediamo estradossati esternamente ad alcune torri per raggiungere l’uscio di ingresso al livello superiore, vennero aggiunte solo in seguito, quando ormai i bastioni avevano perso la loro funzione militare.

È interessante notare che le torri più grandi erano quelle di Rivoli e di Torre Mileto, la più piccola era quella di Porto Greco oggi conosciuta come torre dell’Aglio, la più alta era quella di Monte Barone, circa 17 metri oggi purtroppo distrutta, ma che all’epoca sovrastava la baia di Vignanotica.

L’allarme tra le torri, che tra di loro erano sempre a portata visiva, veniva dato di giorno da una carica di mortaio e di notte con l’ausilio di fuochi.

Le torri comunque per il loro isolamento e per le loro esigue dimensioni non avevano lo scopo di combattere il nemico ma prettamente la funzione di segnalare l’arrivo degli assalitori e dare l’allarme per l’invio di truppe dalla fortezza di Manfredonia o dal forte di Vieste, anche se, va detto, che esse rappresentavano indubbiamente un valido deterrente visivo nei confronti delle navi nemiche che si avvicinavano alla costa.

Con la descrizione di questo antico documento si vuole inoltre porre l’attenzione sulla presenza di torri costiere inedite e poco conosciute, non citate nella relazione del Gambacorta, infatti erano frequenti le concessioni dal Viceregno rilasciate ai nobili locali, incoraggiati anche da detassazioni, per la costruzione privata di torri di avvistamento che andassero ad implementare il già esistente sistema di torri costiere e che non ricadessero a carico della gestione della Sommaria.

Dunque circoscrivendo per ora in questo articolo, la mia personale “ispezione” sullo storico territorio di Manfredonia, o come propriamente lo chiama Matteo Spinelli Il Continente Sipontino nella sua relazione del 1787; ritroviamo ancora oggi due torri di avvistamento. La prima sorge a sud dell’abitato di Manfredonia in zona Sciali sul litorale costiero di fronte all’odierno Lago Salso. Questa torre, chiamata Sciale Torre Grande, è costituita da un corpo di fabbrica quadrangolare alto all’incirca 8 metri, con la presenza ai suoi quattro angoli di pietre di rinforzo. Il terrazzo era usato in origine come piazza d’armi è rinforzato anch’egli da blocchi di pietra quadrangolari poste lungo il parapetto da cui si aprono feritoie per una risposta difensiva ad un eventuale attacco. La principale struttura a torre oggi si trova affiancata da altri corpi di fabbrica postumi che l’hanno riadattata in seguito ad altri usi. Scarse però sono le informazioni che si hanno riguardo a questa torre la cui costruzione dovrebbe presumibilmente risalire alla fine del XVI inizio XVII secolo.

La seconda torre costiera di avvistamento è sita invece a nord dell’abitato di Manfredonia, in una zona chiamata anticamente Cozzolete, in località Chiusa dei Santi nei pressi di dove oggi si trova il centro di riabilitazione Padre Pio. Chiamata Masseria Giardino è uno splendido esempio di torre di avvistamento fortificata di notevole altezza, che raggiunge i 10 metri circa ed i 7 di lato. Anche qui sono presenti pietre di rinforzo agli angoli della struttura composta da due livelli, uno al piano terreno, a cui in seguito è stata addossata una stanza camino, e uno al primo piano da cui si apre una stretta e angusta scala a chiocciola in muratura che avvitandosi su se stessa permetteva lo scomodo passaggio di una sola persona alla volta, espediente usato come estrema difesa del presidio.

Edificata verso la fine del 1500, era in origine proprietà della nobile famiglia sipontina dei Vischi da cui passò in seguito, nel 1741, ai Frati Domenicani di Manfredonia.

Michele di Iasio

LA GALLERIA FOTOGRAFICA

La Torre di Rivoli nel disegno di Carlo Gambacorta (1594)

 

La Torre di Monte Barone nel disegno di Carlo Gambacorta (1594)

 

La Torre di Porto Greco nel disegno di Carlo Gambacorta (1594)

 

Torre Grande

 

Torre Grande in una carta delle coste Adriatiche (1830)
Torre Masseria Giardino

 

La Torre Masseria Giardino nel disegno di Lorenzo Santoro, compassore di Manfredonia (1731)

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Author: Michele di Iasio

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