Quello di Giampiero Protano è stato un percorso politico sofferto, com’è successo a tanti socialisti che si sono trovati da un momento all’altro privi di un partito che li rappresentasse. Dopo aver vagato per la galassia socialista formatasi con l’avvento della Seconda Repubblica è entrato nel Pd, diventando il rappresentante dell’anima socialista di quella forza politica nella segreteria provinciale guidata da Paolo Campo. È stato un renziano della prima ora, partecipando a tutte le edizioni iniziali della Leopolda. Ha cercato di travasare lo spirito della Leopolda nel contesto foggiano, organizzando un memorabile convegno il cui tema era scandito da una parola sola, ma del tutto autoesplicativa: “Ultimi“. La Capitanata era stata per la prima volta classificata all’ultimo posto della classifica nazionale della qualità della vita. “Possiamo uscirne – fu il leit motiv del convegno – solo attraverso una radicale azione di rinnovamento della politica, pomiciando e governando un non più rinviabile cambiamento.” Per Giampiero, la politica è stata sempre passione, spesso sacrificio e mai poltrone. Da qualche anno, ha però preso le distanze dalla politica, deluso da quanto accadeva sulla scena politica nazionale, regionale e provinciale. Dalla consapevolezza della impossibilità di azionare gli auspicati meccanismi di rigenerazione, della vittoria dei gattopardi di sempre. Ultimi eravamo, ultimi siamo rimasti.
Siamo amici fraterni, e confesso di essere rimasto sorpreso, quando, qualche giorno fa, mi ha chiamato annunciandomi di avere scritto una riflessione politica. Pensavo ad un ritorno di fiamma, invece è un addio, una dichiarazione di resa. Temo irreversibile. Uno sfogo – che potete leggere di seguito – intriso di grande onestà intellettuale, di coraggio civile. Servirà a smuovere qualche coscienza? Speriamo di sì. (g.i.)
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Mi sono allontanato dalla politica attiva da qualche anno, da quando mi sono reso conto che non riusciva più a dare risposte ai problemi della comunità, e che si era ridotta a puro esercizio e lotta di potere, con la sola finalità di conservare il potere ai singoli e ai gruppi che governano la cosa pubblica, con pessimi risultati. Mi sono arreso.
Da cittadino e da padre, non posso però tacere di fronte allo sconquasso di cui siamo vittime, quotidianamente, senza che si levi una voce di indignazione.
L’assuefazione, la rassegnazione alla lunga diventano complicità.
L’Italia è malata, ma la Puglia e la nostra provincia lo sono ancora di più.
Una recente indagine dell’Università di Venezia colloca il sistema scolastico pugliese agli ultimi posti della classifica nazionale, facendo emergere una realtà inquietante: una scuola cattiva influisce direttamente sulla capacità di apprendimento dei nostri ragazzi.
Il rapporto Demoskopika che valuta la qualità dei sistemi sanitari definisce la Puglia una regione malata, quintultima in Italia, con un livello di soddisfazione rispetto ai servizi erogati di appena il 25%. La sanità pugliese sembra eccellere solo in litigiosità: nell’ultimo anno sono stati spesi più di 18 milioni di euro per cause perse dalle proprie strutture sanitarie. Più di 4 euro pro capite, che avrebbero potuto essere spesi per medicinali, per prestazioni, che invece vengono lesinati.
Di contro, siamo al terzo posto per quanto riguarda il disagio economico delle famiglie, che sta diventando sempre più preoccupante, ed ai primi posti per la criminalità organizzata.
In questo quadro regionale di per sé molto critico, a stare peggio è la provincia di Foggia.
Mai Foggia e la Capitanata erano precipitate così in basso. Siamo agli ultimi posti della classifica nazionale della qualità della vita stilata dal Sole 24 ore. Penultimi per quanto riguarda la sicurezza sociale, ultimi per l’occupazione giovanile.
L’emergenza Covid, che registra nella nostra provincia percentuali di contagi e di decessi più alti rispetto al resto della Puglia e del Mezzogiorno, ci ha messi ancora di più in ginocchio.
Per renderci conto di quanto stiamo male, possiamo anche fare a meno delle statistiche. Basta guardare le strade che ogni giorno siamo costretti a percorrere. Strade da terzo mondo in città e in provincia, con tanti comuni delle aree interne che sono quasi irraggiungibili. Strade che sono una vergogna, per i cittadini e per la classe politica che dovrebbe provvedere alla manutenzione.
Per affrontare una crisi così grave occorrerebbero uomini e forze politiche consapevoli del loro ruolo, della loro responsabilità. Occorrerebbero progetti seri, ambiziosi, lungimiranti che da troppo tempo mancano al territorio. Occorrerebbe impegnarsi seriamente per sbloccare opere e finanziamenti che attendiamo da anni, dall’allungamento della pista del Lisa al completamento della superstrada garganica, della pedesubappenninica, dell’alta velocità, al raddoppio della linea ferroviaria adriatica.
Occorrerebbe riflettere seriamente sulla destinazione dei finanziamenti del Recovery Fund, dopo la fine tutt’altro che gloriosa di Capitanata 2020.
E invece la politica che fa? Si crogiola nell’autoreferenzialità più totale. È incapace, inconcludente. È balzata agli onori della cronaca nazionale e internazionale per il gesto del presidente del consiglio comunale di Foggia che ha sparato a salve la notte di San Silvestro e oggi riflette sulla mozione di sfiducia.
Mi chiedo che eredità morale, culturale, politica lasceremo ai nostri figli.
Si dice che in democrazia ogni comunità ha la classe politica che si merita, perché in definitiva viene eletta dai cittadini. Ma Foggia e la Capitanata non meritano una tale classe politica.
Giampiero Protano
Medico Chiurgo
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