Ci sono tradizioni che durano, ed altre che si appannano, fino a scomparire o quasi. Perfino a Natale, festa della tradizione per eccellenza. I piatti che vi racconto in questa lettera meridiana facevano parte una volta dei menù delle feste di fine d’anno. Ormai sono quasi del tutto in disuso, soppiantati da astici, salmone affumicato e via dicendo: se ne ha memoria perché le ricette sono state pubblicate (e meno male) nei libri che si occupano di tradizione culinaria.
Se siete ancora indecisi sul menu natalizio, forse vale la pena di provare.
Anguilla e capitone sono un must a Natale, ma soprattutto come secondi, consumati fritti, oppure arrosto. A Rignano Garganico, ma anche in altre località del Gargano e della Puglia in generale, si usava mangiarli come ingrediente base del ragù magro con cui veniva condita la pasta, la sera della vigilia.
Ho trovato la ricetta sull’ottimo volume Natale tra ieri e oggi che Angelo Capozzi e Antonio Del Vecchio hanno dedicato alle tradizioni, agli usi e ai costumi natalizi di Rignano. [Edito dai mai troppo rimpianti CRSEC, il volume è stato reso di dominio pubblico dalla Regione Puglia, e potete leggerlo o scaricarlo qui]. Con alcune varianti, la ricetta è pubblicata anche quell’autentica “bibbia” della gastronomia pugliese, che è il volume La cucina pugliese di Luigi Sada.
La differenza riguarda il tipo di pasta cui abbinare il sugo di anguilla: tagliatelle nel caso della cittadina garganica, mentre nel libro di Sada si parla di lagane, lasagnette casalinghe che si preparano con sola farina, acqua tiepida e sale.
La sfoglia ricavata dopo l’impasto viene tagliata a strisce sottili, a mo’ di fettuccine, che vanno fatte asciugare per qualche ora prima di metterle a lessare.
Per 6 persone saranno necessari 1/2 kg di farina, 1/2 kg di anguilla, 1/2 kg di salsa di pomodoro, aglio, prezzemolo, sale, pepe o peperoncino, secondo i gusti. Dopo aver fatto rosolare l’aglio il tempo necessario perché imbiondisca, aggiungere la salsa di pomodoro, e quindi l’anguilla, con la pelle, semplicemente tagliata a pezzi. Deve cuocere a fuoco lento per una mezz’oretta, quindi condire la pasta con l’intingolo, spolverizzando con pepe o peperoncino e prezzemolo tritato.
Un altro monumentale primo, caduto piuttosto in disuso nonostante vanti ingredienti, abbinamenti e sapori da nouvelle cousine è Lagane, ceci e baccalà che Luigi Sada annota come “singolare ricetta dei paesi del Gargano” e inserisce tra i piatti del menù natalizi o di Capitanata con il nome dialettale di “li llaine pli cicere cu lu sughe de lu baccalà” traducendo in “fettuccine con ceci conditi col sugo di baccalà”.
La preparazione è lunga ed elaborata, ma ne vale la pena: l’incontro tra ceci e baccalà restituisce un sapore prezioso, direi insospettabile. Si comincia due giorni prima, mettendo a mollo il baccalà (6 pezzi per 6 persone). Anche i ceci vanno ammollati. Dipende sempre dalla varietà, ma 12 ore dovrebbero andare bene. Della preparazione delle lagane si è già detto (calcolare 100 gr. di farina di grano duro a persona).
Il sugo di baccalà va preparato mettendo a soffriggere in una casseruola alcuni spicchi d’aglio, in olio di oliva. Quando l’aglio ha preso colore aggiungere 500 gr. di pomodori pelati, il baccalà e un mazzetto di prezzemolo. Lasciar cuocere per 90’. I ceci vanno cotti da parte, almeno un’ora prima, in una pignatta, con acqua abbondante assieme a un paio di spicchi d’aglio schiacciati e una foglia di alloro.
Quando i legumi e il sugo sono pronti togliere il baccalà (che può essere servito come secondo) e condire le lagane, fatte lessare in acqua salata, con i ceci e il sugo.
Del tutto scomparsa è invece l’usanza di portare in tavola a Natale orecchiette con la ricotta, dove forse il bianco del piatto voleva essere un omaggio al candore del Bambin Gesù appena nato. Si usava a Rignano Garganico: ho trovato il piatto nel menù natalizio del libro già citato di Capozzi e Del Vecchio.
Ne La cucina pugliese, Sada riferisce di un’usanza barese ancora più particolare, che ha sempre come ingredienti base le orecchiette e la ricotta. Solo che nel capoluogo regionale il piatto veniva servito a fine pasto, il giorno di Capodanno, come dolce.
La preparazione delle strascenate che la recott-e zzuccre è quanto mai semplice e veloce: in una terrina s’impasta la ricotta (meglio quella pecorina) con la buccia grattugiata di un limone e zucchero, quanto basta per togliere ogni retrogusto di salato, ed addolcirla. Con questo composto si condiscono le orecchiette, appena lessate e scolate.
La pasta con la ricotta zuccherata mi evoca ricordi antichi e belli d’infanzia. A casa era frequente che il primo fosse proprio la pasta con la ricotta, che gli altri mangiavano nel modo comune, cioè salata. A me non piaceva granché, e così nonna Carmela l’addolciva con lo zucchero. In breve diventò il mio primo preferito.
Geppe Inserra
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