Consulto spesso i vecchi giornali. Mi piace farlo per capire meglio il tempo che è stato prima di me. Per capire meglio chi sono.
Certe volte mi imbatto in articoli, ma più spesso trafiletti, che mi pare quasi che ammicchino. Reclamino attenzione. Scopro nomi e cognomi, intravedo persone e vite, che implorano di uscire dall’oblio.
È successo così con Carlo Spinelli. Sto facendo alcune ricerche su tutt’altra materia, quando un titolo del Corriere di Foggia mi colpisce come una sferzata: “Sotto le macerie di Francavilla al Mare lo scheletro di un universitario foggiano.”
Lo leggo d’un fiato, e durante la lettura la curiosità iniziale si trasforma in commozione e compassione. Decido di saperne di più, e dalla ricerca vengono fuori una storia tragica e triste, ed un altrettanto triste oblìo.
Il cadavere di cui parla il settimanale foggiano è quello di Carlo Spinelli, originario di Orta Nova, la cui famiglia di era da tempo trasferita nel capoluogo dauno.
Una buona famiglia, come vedremo, anzi, una delle famiglie più in vista del capoluogo dauno. La notizia del macabro rinvenimento è datata 17 marzo 1947. Qualche giorno prima, durante lo sgombero delle macerie della città abruzzese, quasi totalmente distrutta dalle truppe naziste, i carabinieri avevano rinvenuto i resti del giovane. Una prima sommaria identificazione era stata resa possibile dai documenti trovati in possesso della vittima: la tessera del GUF di Foggia, la tessera universitaria dell’Ateneo di Roma. Assieme ai documenti, un paio di occhiali, la fotografia di un giovane con baffetti dall’apparente età di 23-25 anni e, particolare toccante, un volumetto tascabile delle poesie di Leopardi.
“Giovane ben piantato, dotato di vasta cultura, studente della facoltà di ingegneria”, così lo descrive il cronista del Corriere di Foggia.
Un bravo ragazzo che aveva ancora tutta la vita davanti. Così come una brava persona era lo zio di Carlo, Eugenio Masi, “largamente noto e stimato per le sue spiccate qualità di tecnico valoroso, per la sua probità e per la squisitezza dei suoi modi”, annota il Corriere di Foggia.
Tre anni e tre mesi prima, zio e nipote si trovavano insieme, quando erano stati sorpresi da un rastrellamento nazista. Era il 23 dicembre del 1943: da allora la famiglia ne aveva perduto le tracce.
Eugenio Masi era un punto di riferimento della comunità foggiana di Francavilla al Mare, dove erano sfollate diverse famiglie per sfuggire ai bombardamenti che l’estate prima avevano insanguinato la città, provocando migliaia di vittime. Saranno vittime indirette di quella tragica pagina della storia foggiana, e della ferocia nazista.
Di queste famiglie, come scrive il Corriere di Foggia il 15 dicembre del 1947, Masi era diventato “uno dei sostegni più attivi, prendendosi cura personale dei tanti bisogni della piccola collettività e facilitando, con il suo tatto e il suo equilibrio, i rapporti con le truppe tedesche”.
Francavilla era un’autentica polveriera, trovandosi vicinissima al fronte di guerra. Il 1 ° novembre, il comando tedesco aveva impartito l’ordine di sgombero e in quel fatidico dicembre, le truppe avevano iniziato a minare sistematicamente i fabbricati, e a distruggerli.
Le famiglie Masi-Spinelli avevano trovato una nuova sistemazione al nuovo Calvario di Chieti, e si stavano preparando al trasferimento. Mentre radunavano le masserizie, Eugenio e Carlo vennero fermati e arrestati da due guastatori tedeschi.
Il cadavere di Masi venne ritrovato diversi mesi dopo di quello di Spinelli, sempre durante le operazioni di sgombero delle macerie, a dicembre del 1947. A Foggia la cosa si seppe grazie al telegramma inviato dal Maresciallo dei Carabinieri di Francavilla, Ruffino, all’ing. Carlo Celentano Ungaro, suocero della vittima. Assieme alla moglie, il geometra aveva lasciato cinque bambini. Il riconoscimento del cadavere venne effettuato dal fratello e dalla vedova.
L’ipotesi più verosimile, adombrata dal Corriere di Foggia, è che i due fossero stati subito uccisi e che i cadaveri fossero stati buttati in una delle tante case abbandonate della località abruzzese, fatte poi crollare dai nazisti con le mine. Una dinamica che spiega il lungo tempo trascorso tra la morte dei due congiunti e il ritrovamento dei loro resti. Ma la morte dei due potrebbe essere stata perfino più atroce, perché i nazisti in quelle settimane, a Francavilla, fecero ricorso ad una tecnica di uccisione particolarmente feroce: lo sminamento, che consisteva nel portare le vittime, imprigionate, negli edifici che sarebbe stati minati, abbandonandole al loro destino.
Le spoglie di Eugenio Masi e Carlo Spinelli giunsero a Foggia nei primi giorni del 1948. Il rito funebre si svolse nella Chiesa di Gesù e Maria il 10 gennaio.
La Gazzetta del Mezzogiorno fornì un puntuale resoconto della cerimonia (intitolato Il popolo segue le salme di due vittime dei tedeschi), cui parteciparono moltissimi foggiani.
“Dopo un solenne rito religioso, che si è svolto della Chiesa di Gesù e Maria si è formato un corteo che ha proseguito fino al cimitero. Seguivano le salme, che erano portate a spalla, il gruppo del familiari, il Prefetto, il Sindaco, il questore, l’Amministrazione Comunale, il Capitano del Carabinieri, una folla di professionisti, funzionari e cittadini. Il segretario provinciale Paglia e i partigiani con la bandiera dell’associazione. Il Sindaco ha pubblicato un manifesto e ha fatto mandare due corone di alloro per il Comune di Foggia. Altri manifesti hanno Pubblicato l’Ordine del geometri e l’Associazione Universitaria Scienza e Patria.”
Una partecipazione così corale avrebbe fatto presagire che la città ricordasse meglio i suoi due martiri, ma non è stato così.
Se a Eugenio Masi sono stati intitolati l’istituto per geometri e una strada, Carlo Spinelli è stato del tutto dimenticato.
Per la verità, la decisione della Giunta Comunale di onorare la memoria di Masi intestandogli una via fu quasi immediata. Ne dà notizia il periodico Rigenerazione Italiana, nel numero in edicola il 20 novembre 1948, precisando che la richiesta era stata formulata dal Collegio Geometri di Capitanata.
La civica amministrazione decise di fare altrettanto per lo sfortunato nipote del geometra. Negli stessi giorni, il Corriere di Foggia informa i suoi lettori dell’ordine del giorno del Consiglio Comunale, convocato proprio per il 20 novembre 1948: “saranno intestate finalmente le due strade ai martiri Eugenio Masi e Carlo Spinelli”.
Di fatto soltanto una parte del provvedimento verrà attuata. L’intestazione di una via di Foggia a Carlo Spinelli non andrà mai in porto. Perché? Dimenticanza? Errore?
Probabilmente il provvedimento non venne formalizzato dall’assise municipale o l’iter dovette incagliarsi da qualche parte, se è vero che il 21 maggio 1949 Rigenerazione Italica torna sulla questione scrivendo che “a seguito di quanto è stato già fatto per Orta Nova, per commemorare i martiri Eugenio Masi e Carlo Spinelli, anche il sindaco di Foggia, dott. Paolo Telesforo ha deciso di convocare l’apposita Commissione toponomastica, onde rendere le dovute onoranze ai due sacrificati.”
Mentre per Eugenio Masi l’intitolazione della strada sarebbe andata in porto, su Carlo Spinelli sarebbe caduto il velo dell’oblio.
Tentò di sollevarlo, senza successo, Romeo Fuiano sul Corriere di Foggia. Commentando la decisione dell’amministrazione guidata da Carlo Forcella, di realizzare una stele per ricordare il sacrificio dei giovani partigiani foggiani Luigi e Vincenzo Biondi (siamo ormai giunti al 1963), il giornalista scrive: “Altri due nostri concittadini furono trucidati dai tedeschi: Eugenio Masi e Carlo Spinelli, i quali il 23 dicembre del 1943 furono sparati dai nazisti a Francavilla. Forse altri concittadini ebbero dai nazisti eguale sorte; sarebbe opportuno che l’Autorità competente, attraverso i propri uffici, rintracciasse notizie di probabili altre vittime del genere; sarebbero spiacevoli eventuali omissioni. La Stele che vuole erigere il Sindaco, interprete della devozione dei foggiani verso i propri concittadini, dovrebbe ricordarli tutti. Di fronte al supremo sacrificio per l’Idea, che va sempre onorato e ricordato, debbono tacere le fazioni.”
L’appello sarebbe rimasto inascoltato.
Di Carlo Spinelli e di Eugenio Masi non fa menzione neanche la lapide, inaugurata dall’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, che a Palazzo Dogana ricorda le vittime del nazifascismo e del terrorismo.
Nè ai due è toccata miglior sorte nella lapide che ricorda i caduti di Francavilla e perfino nell’Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste d’Italia che enumera ben 9 fatti di sangue (a causa dei quali persero la vita trenta persone) occorsi a Francavilla a mare in quel fatale inverno del 1943-44, senza citare quello che vide protagonisti Masi e Spinelli.
C’è stata una dolorosa cesura di memoria, che andrebbe sanata.
Geppe Inserra
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