Ci voleva la pandemia da coronavirus per mettere d’accordo il governatore pugliese e il sindaco di Foggia su un punto: la Puglia è una regione lunga, eterogenea e non sempre si rivelano efficaci misure omogenee per l’intero territorio regionale.
D’altra parte, fin dall’inizio, con la sua diffusione a macchia di leopardo, l’epidemia ha messo in evidenza quanto sia scarsamente attendibile leggere la situazione limitandosi al livello regionale. Nella stessa Lombardia, abbiamo province, come Monza, che marcano un indice di contagio (numero positivi per popolazione) che è il doppio rispetto a Bergamo (4% contro il 2%). In Campania, il 2,509% di Caserta è tre volte più alto rispetto allo 0,762% di Benevento.
Una lettura provinciale risulta quindi più aderente alla realtà.
Fanno dunque bene il Governatore Emiliano, il sindaco Landella, così come tanti altri sindaci della Capitanata e della Bat, a invocare misure e “colori” differenziati per le diverse province pugliesi. L’arancione non basta. Non basta più.
A suggerirlo è proprio la lettura degli indici di contagio riferiti alle province pugliesi. La Puglia è la regione maggiormente interessata al fenomeno della diffusione a macchia di leopardo del virus. L’indice minimo di contagio si registra a Lecce (0,362%), quello massimo a Foggia (1,440%): praticamente il quadruplo. E, non a caso, si tratta delle province geograficamente più distanti.
Una così acuta oscillazione rende assai poco indicativo il dato dell’indice medio regionale di contagio (0,950%) che, tuttavia, taglia la Puglia letteralmente in due. La Puglia centrosettentrionale marca un indice superiore a quello medio (nell’ordine Foggia con l’1,440%, Bari con l’1,197% e la Bat con 1,087%), mentre la Puglia meridionale resta ben al di sotto della media regionale: Taranto è allo 0,744%, Brindisi allo 0,675% e Lecce allo 0,362%.
Però non ce ne siamo accorti, perché non sempre, anzi quasi mai, la “narrazione” dell’andamento epidemico da parte di giornali e televisioni regionali è stata coerente con questi dati di fatto. Si è raccontata una Puglia alle prese con il virus, come se i problemi di Lecce fossero gli stessi di Foggia, ma così non è.
Va poi ricordato che l’assegnazione di un colore ad una Regione (rosso, arancione o giallo) è determinata non soltanto dall’indice di diffusione del virus, ma anche da altri fattori come l’Rt (indice di contagiosità) e, soprattutto, l’indice di saturazione delle terapie intensive e degli ospedali.
Gli indicatori sanitari del ministero della Salute sulla tenuta dei servizi sanitari prevedono che la soglia di allerta scatti quando viene superato il 30% di occupazione dei letti in terapia intensiva da parte dei pazienti Covid. La soglia della Puglia è di 111 posti letto occupati, su 369 disponibili. Attualmente sono ricoverati nelle terapie intensive pugliesi 198 pazienti, dunque ben oltre la soglia critica. La percentuale di occupazione è del 54%, il che significa che ospedali e terapie intensive sono ormai prossimi al collasso, e che la situazione è più grave nelle province in cui più elevato è il rapporto tra contagiati e popolazione.
Si poteva prevedere che saremmo giunti ad un livello così critico? La risposta è sì. Fin dalla prima fase della pandemia, la provincia di Foggia era stata collocata (sola provincia pugliese) nella classe media, mentre le altre province figuravano nella classe bassa (ce ne eravamo già occupati in una precedente lettera meridiana, che potete leggere qui). E allora, l’indice di contagio si attestava attorno allo 0,2%: oggi siamo all’1,44%. Il grafico che vedete qui sotto mette crudamente in evidenza che, per quanto riguarda la provincia di Foggia è perfino inesatto parlato di una prima e di una seconda ondata dell’epidemia. La diffusione del virus, da marzo ad oggi, è stata costantemente in crescita, fino a raggiungere negli ultimi giorni un ritmo di crescita esponenziale, che i provvedimenti del Governo (assegnazione alla fascia arancione) non hanno neanche scalfito.
Non c’è stata la necessaria percezione di quanto la situazione fosse critica. Soprattutto a livello governativo, come dimostra l’opposizione al provvedimento regionale di chiusura delle scuole. Speriamo che adesso Conte e Speranza si ravvedano, ed accolgano tempestivamente la richiesta della istituzione della zona rossa.
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