Le città sono come si raccontano e quelle che si raccontano. A Foggia mancano narrazioni della città: quella che era, quella che è. Soprattutto in riferimento agli eventi che hanno maggiormente influenzato il corso della sua storia. Il rischio è di affogare nella cronaca, essere sommersi dallo stillicidio dei fatti che nella migliore delle ipotesi diventano materia prima per analisi sociologiche o per inchieste giornalistiche.
Foggia ha bisogno di raccontarsi, e di essere raccontata, per sublimarsi, alzare lo sguardo dalla cronaca quotidiana. Uno che si sta sforzando di farlo è Lorenzo Sepalone, regista. Quando l’ho conosciuto, ormai tanti anni fa, era un giovane che come tanti altri che sognava un giorno o l’altro di andarsene a cercare fortuna altrove. Invece ha scelto di restare. La città l’ha raccontata fino ad oggi a suo modo, in piccoli gioielli di film come Ieri e domani, La luna è sveglia, L’ultima fermata. L’ha fatto con il garbo e il pudore che lo distinguono, sommessamente, affidandosi a storie appena accennate eppure intense, in una città che le sue riprese fanno rifulgere di luce e di bellezza.
C’era da aspettarsi che, un giorno o l’altro, il suo desiderio di raccontare Foggia facesse i conti con la madre di tutte le storie foggiane: il crollo di viale Giotto, quella sciagura che ha troncato in un colpo solo tante storie e ne ha scritte tante altre.
Mi accorgo che è la prima volta, io che a recensire i suoi film ci metto mesi e mesi perché le parole migliori devo scavarle, che parlo di una sua opera, ancor prima che esca, e quando è anzi soltanto una bozza. Ma in fondo è stato proprio Lorenzo a invogliarmi, quando qualche giorno fa ha messo da parte il riserbo con cui vive la vigilia dei suoi film, e in occasione dell’anniversario del crollo, ha pubblicato sul suo profilo facebook un post, che racconta esso stesso una storia, che speriamo giunga a lieto fine: quella di Civico 120.
Il crollo di viale Giotto è una tragedia corale. E sarebbe bello che avesse una dimensione corale anche la realizzazione di questo film che Sepalone vorrebbe girare, in un contesto che rende la sua impresa quanto mai difficile, se non proibitiva. Riuscirà a farlo se la città vorrà farlo. Se vorrà raccontarsi ed essere raccontata. Vi invito a leggere le parole di Lorenzo Sepalone con questo spirito, e di sentirvi parte di un’impresa, di un sogno. In bocca al lupo, Lorenzo, amico mio (geppe inserra).
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Avevo quasi dieci anni quando la mia città visse uno dei momenti più tristi della sua storia. La notte dell’11 Novembre 1999, alle ore 3.12, a Foggia, crollò improvvisamente un palazzo di 6 piani. Lo stabile, costruito tra la fine degli anni 60 e gli inizi degli anni 70, era situato al civico 120 di Viale Giotto.
Prima dell’alba di quel giovedì, 67 vite furono tragicamente interrotte. Una famiglia di 5 persone, che risiedeva ai locali a piano terra, riuscì a scampare alla strage fuggendo dal palazzo pochi minuti prima del crollo. Soltanto 9 persone estratte dalle macerie si salvarono. Numerosissimi soccorritori, arrivati sul posto da ogni parte d’Italia, diedero il loro commovente ed instancabile supporto. Il palazzo implose, in 19 secondi, a causa di un cedimento strutturale. I consulenti incaricati dalla procura parlarono di materiali scadenti utilizzati durante la costruzione, di calcoli statici errati e di un collaudo inesistente. L’inchiesta fu archiviata nel 2007. I 4 indiziati erano deceduti e quindi non imputabili. Tra i presunti colpevoli c’era il costruttore, che abitava con il fratello al quinto piano del palazzo crollato, e morì sotto le macerie.
Quella di Viale Giotto fu la più drammatica tragedia edilizia italiana nel dopoguerra. Una catastrofe che lasciò una ferita lacerante, mai rimarginata, nel cuore di Foggia.
Dopo quasi vent’anni dal dolorosissimo avvenimento, da cittadino foggiano e da regista cinematografico, ho sentito l’esigenza di realizzare un film per raccontare, con delicatezza e rispetto, il dramma di Viale Giotto.
Prima di cominciare la lavorazione, sono entrato, in punta di piedi, nelle case e nei cuori di molti parenti delle vittime e di alcuni superstiti. La loro straordinaria forza mi ha insegnato a guardare la vita in modo diverso. Successivamente ho conosciuto vigili del fuoco, medici e soccorritori che vissero da vicino l’immane disastro. Ancora oggi ogni foggiano vive il lutto di quella catastrofe con un grande senso di appartenenza.
Sto cercando di produrre “Civico 120” perché è fondamentale salvaguardare la memoria storica di una città. Perché è importante non far cadere nell’oblio le tante dimostrazioni di solidarietà che accompagnarono quel dramma. Perché è esemplare mostrare la forza di chi è riuscito a ricostruire la propria vita ripartendo dalle macerie.
Sto cercando di produrre “Civico 120” per raccontare una storia scritta anche dai ricordi belli, quei ricordi splendenti che rendono eterne tutte le famiglie, quei ricordi luminosi che la notte più buia non è riuscita ad oscurare.
Lorenzo Sepalone
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