L’articolo di Lettere Meridiane sul “tramonto” di Via Arpi (Come muore Foggia, il tramonto di Via Arpi) ha suscitato un appassionato dibattito tra gli amici e i lettori del blog, con tanti commenti e riflessioni, che pubblicherò interamente.
È un bel segnale di attenzione da parte della opinione pubblica cittadina, che spesso viene ritenuta (a torto) distratta e superficiale.
Mi piace cominciare la pubblicazione delle reazioni dei lettori con due contributi che non sono commenti veri e propri ma piuttosto espressioni dell’anima: una poesia e un dipinto a loro modo molto assonanti.
I versi (che potete leggere sotto) sono di Gianni Ruggiero, poeta e cantautore, il quadro (che potete vedere in alto) di Nicola Liberatore. La poesia è intitolata Via Arpi mentre il pennello di Liberatore dipinge un altro angolo del centro storico, non meno suggestivo: via Le Maestre.
Leggendo la poesia di Gianni (che è poeta a tutto tondo e che definire “dialettale” mi pare sempre un po’ riduttivo) ho capito una volta di più perché utilizzi il dialetto, che nella narrazione di Via Arpi assurge a dignità di lingua che accomuna (che distingue la comunità). Sono versi intrisi di nostalgia, da cui però affiora un’accorata riflessione sul presente, un appello a invertire la rotta, perché il tempo passa, si fa sempre più stringente (Gesù Criste nge lasse tand’anne, Gesù non ci lascia tanti anni).
L’opera di Nicola rappresenta un ritorno dell’artista alla passione giovanile per l’acquerello, “pittura che non ammette ripensamenti”, come suggerisce l’autore: “Quest’angolo di Foggia mi ha sempre colpito, per la sua bellezza, per i suoi colori che raccontano d’un tempo sedimentato”. È stato dipinto durante il lockdown, ed è anche in questo senso un simbolo del valore terapeutico dell’arte, della sua capacità di superare i confini dello spazio e del tempo, di indicare nuove prospettive.
Entrambe le opere rappresentano a loro modo una riflessione sul passato, sull’identità che viene espressa dai luoghi, dalle strade e che rende un certo posto unico ed irripetibile. E un appello a custodirli, tutelarli, valorizzarli, cosa che a Foggia, purtroppo non si fa, con il conseguente e progressivo deterioramento dell’identità.
Gianni Ruggiero e Nicola Liberatore, con questa poesia e questo quadro, ci rivolgono un pressante invito a ripensarci.
La poesia e l’arte sono uno strumento della bellezza, e Foggia può salvarsi solo con la bellezza.
Geppe Inserra
Arpi
Chiane a chiane Arpi se ne mòre
Perze è l’addore de creolìne e sapone
Fòre e’ suttane sparite i furcine
Nu bucke attappe ‘u munne de prime.
Panne spase e musecka nòve
Càde a toneche mbacce è mure
Escene fore travertine e matune
Spegate l’irmece crescene angore.
Se cagne l’usanze, cagne a ggende
Tande che a quà so’ speturazzate
Chisà mo ndò stanne, a quala vanne
Chissà che rumane da mo a cind’anne
Nu vecchie de tanne chisà che decesse
Perciò Gesù Criste nge lasse tand’anne.
Gianni Ruggiero
Arpi – Piano piano Arpi se ne muore/ perso l’odore di creolina e sapone / Fuori dai bassi sparite le forcine/ un buco tappa il mondo di prima// Panni stesi e musica nuova/ cade l’intonaco dai muri/ si vedono travertini e mattoni/ fiorite le tegole, crescono ancora// Cambiano le usanze cambia la gente/ tanti che qua sono cresciuti/ chissà ora dove sono, da quale parte// Chissà cosa rimarrà da ora a cent’anni/ Un vecchio di allora cosa direbbe Perciò Gesù Cristo non ci lascia tanti anni.
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Grazie per avermi accostato ad un grande artista come Nicola Liberatore
Caro Geppe, non c’è molto di più da aggiungere alle tue parole. Foggia è lo specchio più grande di una Capitanata che soffre per l’indifferenza e l’incoerenza di chi è eletto a governarne gli sviluppi culturali che non arrivano mai. Se penso che vivo nel cuore di un parco nazionale, il GARGANO, che dovrebbe essere per tutti motivo di orgoglio solo per questo, senza contare che le bellezze naturali, il mistero, le tradizioni, la musica, la poesia e l’arte sono il valore aggiunto che stenta a trovare casa qui da noi, da sempre. Per molti burocrati-politici l’arte e la poesia in queste latitudini non servono. Sto assistendo inerme alla distruzione delle tracce più importanti della storia locale vedi le nostre masserie fortificate (Moja, Palmieri, Chirò) abbandonate all’incuria solo perché private e per le quali non si può fare niente. Ho paura che la Puglia del Nord sia in ostaggio e ci resterà ancora per molto.
La poesia e l’arte sono uno strumento della bellezza, e Foggia può salvarsi solo con la bellezza.
Bella e travolgente verità. Un cordiale saluto. Da un amico.