Franco Galasso è stato uno dei pochi presidenti della Provincia cui ho sempre dato il voi, nonostante le sue sollecitazioni a passare al tu, e nonostante la lunghissima e profonda amicizia anche extraistituzionale che abbiamo intrattenuto: sono stato il suo addetto stampa al Coni, e abbiamo lavorato fianco e fianco nella indimenticabile esperienza della Maxistaffetta della Transumanza.
Ho mantenuto il voi soltanto con lui e con due altri grande presidenti di Palazzo Dogana, Michele Protano e Teodoro Moretti, come si conviene con le persone cui si è legati sì da amicizia, ma anche da rispetto (quel rispetto di altri tempi, che concedi alle persone che illuminano e guidano il tuo percorso) ed affetto filiale.
Di uomini così, che posseggono una tale gigantesca statura morale, pensi che non debbano passare mai. Invece un giorno ti svegli e apprendi che non ci sono più, e da oggi in poi resterà di loro soltanto il ricordo, da custodire come un bene prezioso, un lascito spirituale, un’eredità da tramandare.
Ci sarà tempo e modo per onorare la memoria di Franco Galasso dal punto di vista politico ed amministrativo. Basti adesso ricordare che assieme a Berardino Tizzani, Gabriele Consiglio, Michele Protano e Francesco Kuntze ha costruito quella “grande Provincia” che per decenni ha costituito il punto di riferimento, il faro delle strategie e delle dinamiche dello sviluppo economico e sociale della Capitanata, che deve tanto a questa irripetibile generazione di amministratori e politici.
L’atto di nascita di quella idea alta di Provincia va individuato senza riserve nella scelta di costruire la nuova sede della Biblioteca Provinciale di Foggia che vide in Galasso uno degli indiscussi protagonisti.
All’indomani della sua scomparsa, voglio ricordarlo per l’esperienza più bella e più intensa che abbiamo vissuto insieme, e che scavò il solco della nostra amicizia, contribuendo ad innescare altre amicizie vere, profonde, di quelle che durano una vita: la Maxistaffetta della Transumanza.
Era il 1981, il mese di febbraio, quando un giovane aquilano, alto e grosso come un armadio, bussò alla porta del Coni e di Palazzo Dogana per raccontare una storia che prima di allora era praticamente sconosciuta dalle nostre parti, nonostante fosse successa nel cuore della Daunia, e proporre una iniziativa piena di fascino.
Nel 1578, un pastore abruzzese che svernava con le sue pecore nel Tavoliere perse il suo gregge. Disperato e temendo il castigo del proprietario degli armenti si mise a cercare le pecore, quando, nei pressi dell’attuale Borgo Tressanti, in agro di Cerignola, gli apparve la Madonna, che gli indicò il luogo dove si erano rifugiati i suoi animali.
Recuperato il gregge, il pastore informò i suoi compagni del prodigioso evento, e questi vollero vedere il posto dell’apparizione. Ivi recatisi, gli uomini trovarono una Statua di legno di cedro, che raffigurava la Vergine Maria in grandezza naturale, con il Bambino in braccio.
Colpiti e commossi dal portentoso rinvenimento, i pastori, che provenivano da Lucoli, decisero di portare la statua nel loro paese.
Quando giunse la primavera, stagione in cui si faceva ritorno in Abruzzo, i pastori collocarono la statua sul dorso di un mulo e intrapresero il viaggio di ritorno. Giunti a Roio, frazione dell’Aquila, il mulo si impuntò, e non volle più saperne di andare avanti. I pastori decisero di portare la Statua a spalla fino a Lucoli, ma il mattino dopo, con loro grande sorpresa, scoprirono che la Madonna non c’era più: se n’era tornata a Roio, dove venne edificato un grande Santuario. La Madonna ritrovata nelle campagne di Cerignola sarebbe divenuta la Patrona de L’Aquila.
Questa fu la storia raccontata da quel giovane grande e grosso, ex nazionale azzurro di rugby, che si chiamava Carlo Frutti. La sue rievocazione affascinò quanti l’avevano ascoltata, e così pure la proposta che l’accompagnava: fare memoria di quell’evento e più in generale dell’epopea della Transumanza in cui si inscriveva. Come? Con una originalissima manifestazione sportiva e culturale: una Maxistaffetta, che avrebbe visto impegnati, ogni anno, atleti abruzzesi e pugliesi, che avrebbero ripercorso con la fiaccola olimpica gli antichi tratturi, le larghe strade erbose che per secoli avevano visto passare pastori e greggi.
Franco Galasso si innamorò subito della idea e mise su un gruppo di amici che si sarebbero occupati di organizzare la parte foggiana dell’iniziativa: Antonio Vitulli, per gli aspetti storici e culturali, Marcello Biagini e Vincenzo Affatato, per quelli sportivi ed organizzativi, chi scrive per la comunicazione e l’informazione.
Era il mese di febbraio del 1981. Due mesi dopo, la prima edizione della Maxistaffetta sarebbe stata cosa fatta. Il primo arrivo foggiano venne ospitato dal quartiere fieristico. Nel corso degli anni, che vedevano alternarsi a Foggia la partenza o l’arrivo, sarebbe cambiato spesso.
Fin da subito la Maxistaffetta suscitò un diffuso entusiasmo, soprattutto da parte delle scolaresche, che affollavano le strade aspettando il passaggio del tedoforo e degli atleti che l’accompagnavano, con scene di partecipazione e di tripudio come se si trattasse del giro d’Italia.
Memorabili gli arrivi foggiani al Teatro Comunale “U.Giordano”, a Borgo Incoronata, in concomitanza con la Sagra dell’Uva ed una applaudita esibizione di Toni Santagata, fortemente voluto proprio da Galasso. C’era tanta gente che il traffico restò bloccato per diverse ore, la “carovana” che scortava gli atleti restò essa stessa bloccata, e il buon Marcello Biagini, nella sua duplice veste di responsabile sportivo della manifestazione e di alto ufficiale dei Vigili Urbani foggiani, ebbe il suo bel daffare per garantire la sicurezza.
Dietro questo miracolo c’era Franco Galasso. L’intelligenza con cui riusciva ad allestire squadre di volontari che collaboravano tra di loro con entusiasmo. La sua innata capacità di accogliere e confrontarsi con le idee degli altri, senza mai pretendere di imporre le proprie, ma sapendo far sintesi del meglio che ognuno riusciva a dare, qualità profonde che hanno scandito i tanti aspetti della sua attività: quella politica, sempre spesa nella corrente morotea della Democrazia Cristiana, quella professionale di medico, quella amministrativa alla Provincia, che lo ha visto presidente, assessore e consigliere in numerose consiliature, quella sportiva alla presidenza del Coni, quella al Rotary di cui è stato presidente e “faro”.
Una vita che ha donato alla sua famiglia e alla comunità, che grazie a lui è riuscita ad essere più coesa e più solidale, una vita attraversata dal’innata generosità che ispirava ogni suo gesto, dallo spirito di servizio verso gli altri, eretto a ragione di vita. Coinvolgeva e si faceva coinvolgere, sempre garbato e mai distaccato.
Ne è riprova proprio la Maxistaffetta della Transumanza, che una edizione dopo l’altra diventò ben di più di una manifestazione sportiva. Si irrobustì l’aspetto culturale: Galasso fu tra i fondatori, assieme ad Antonio Vitulli e a Pasquale Di Cicco (anche lui ben presto coinvolto nell’impresa) dell’Associazione per la Civiltà della Transumanza che avviò il commino che avrebbe portato le province di Foggia e de L’Aquila a sottoscrivere un solenne gemellaggio, nel 1989.
Ma, soprattutto, la Maxistaffetta costruì reti, fece intessere relazioni, suscitò amicizie profonde, che restano ancora oggi salde, come si usa tra persone che hanno condiviso esperienze forti, che ne hanno scolpito l’anima.
Franco Galasso fu testimone alle nozze di Carlo Frutti. La mia amicizia con Vincenzo Affatato, nata proprio in occasione della Maxistaffetta, si cementò, propiziando l’indimenticabile avventura che ho vissuto alla Pugilistica Taralli: quante serate abbiamo trascorso insieme, Franco Galasso, Vincenzo e io, a festeggiare vittorie e trofei…
Quest’uomo garbato, cortese, che conquistava quanti lo circondavano con il suo sorriso e la sua bontà, ha scritto pagine indelebili della vita civile, sociale, culturale e sportiva della nostra terra.
Bisognerà raccontarle tutte.
Geppe Inserra
[Le foto che illustrano il post sono tratte dal sito della rivista SudEst. Si ringrazia l’editore, Franco Mastroluca, per averne autorizzato l’utilizzazione. Nella foto di apertura, Franco Galasso mentre interviene al comizio con Bruno Trentin, il 1° maggio del 1975. Nell’altra foto, Franco Galasso, presidente della Provincia di Foggia, insieme a Bios De Maio, con i lavoratori della Montecatini durante l’occupazione della miniera di bauxite di San Giovanni Rotondo]
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