Se volete capire fino in fondo l’importanza della memoria, leggetevi questo bell’articolo di Salvatore Mangiacotti, che racconta e ricorda la figura di Nicola Malerba, nel centenario della sua nascita.
La rievocazione di Mangiacotti è preziosa, intensa, coinvolta, ed ha il grande pregio di inserire il personaggio di Malerba nel contesto dei suoi tempi, delineandone senza orpelli la grande statura umana, politica e sindacale.
Ci sono vite la cui grandezza non ha bisogno di aggettivi: basta l’elenco dei “nomi” che scandiscono ciò che è stato l’uomo che quella vita ha vissuto.
Nicola Malerba è stato cavatore, deportato, minatore, sindacalista, amministratore e politico. Ha vissuto la sua vita con pienezza, facendola diventare un esempio. Da ricordare e da custodire, come una preziosa eredità.
Lettere Meridiane ringrazia Salvatore Mangiacotti per aver consentito la pubblicazione dell’articolo e delle fotografie. Leggetelo, fatelo leggere a figli e nipoti. (g.i.)
Il 18 maggio 1920, nasceva a San Giovanni Rotondo, nel Centro Storico, alla Giallechera, da una famiglia di origini venete, Nicola Malerba: cavatore, deportato, minatore, sindacalista, amministratore e politico.
Erano gli anni in cui San Giovanni Rotondo, era collocato tra le zone più povere della provincia, con tutte le caratteristiche e la struttura economica-sociale tipica delle zone montane della Capitanata: una struttura arcaica, caratterizzata da un’agricoltura povera, in cui pastorizia, allevamento brado e monocoltura cerealicola costituivano le uniche risorse. Un immobilismo e una arretratezza non solo economica, ma anche culturale e civile. Una povertà diffusa e un rapporto tra banditismo, analfabetismo e disoccupazione, elevato.
Erano gli anni in cui si viveva in un locale, con dieci persone e animali.
Erano gli anni in cui si lottava per l’occupazione delle terre.
Erano gli anni dei contadini, degli allevatori, dei pastori, dei cozzi, dei cafoni, dei nevaroli, della fatica del lavoro, della miseria, delle malattie, di condizioni civili e sociali, inesistenti.
Erano gli anni in cui si emigrava per le Americhe, si arrivava dopo trenta giorni di viaggio, ad Ellis Islands e altrove.
Erano gli anni in cui non c’erano collegamenti, strade, alberghi. Senza sviluppo e prospettive.
In questo contesto sociale ed economico, avviene la sua formazione umana e morale.
Minorenne, comincia la sua esperienza lavorativa come cavatore, nella Valle del Campanaro. Si cominciava all’alba e si terminava con il calare della sera. A cena, il solito piatto di pasta e patate, e poi a dormire a terra su un pagliericcio.
Erano gli anni, del lavoro minorile, dello sfruttamento del lavoro, delle giornate di lavoro di dieci o di dodici ore, di un lavoro senza sicurezza, di tanti morti sul lavoro, della mancanza di lavoro.
Erano gli anni in cui i concetti di dignità e valore della persona erano totalmente disconosciuti. Le distinzioni di classe e i ruoli sociali erano segnati alla nascita e assegnati per sempre, senza possibilità alcuna di riscatto.
Erano gli anni in cui non esistevano i colori della pelle. Esistevano gli uomini e la loro umanità, gli sfruttati e gli sfruttatori, i poveri e i ricchi.
In questo contesto sociale ed economico, avviene la sua formazione ed in questo contesto, Nicola Malerba, sceglie di stare dalla parte degli sfruttati e dei poveri, per condizioni di vita migliore, per livelli culturali più elevati, per la crescita delle tutele e dei diritti, sociali e del lavoro.
Nel dicembre del 1939, parte come volontario per la guerra. I Tedeschi, dopo l’08 settembre, lo mandarono prigioniero nel campo di concentramento di Dortmund e lo impiegarono per due anni in una miniera di carbone.
Erano gli anni della guerra, di sofferenze, di distruzione, di massacri, di bombardamenti, di rappresaglie, di persecuzioni, di deportazioni e stermini.
L’1 luglio 1938, aveva iniziato come minatore alla Miniera di Bauxite di San Giovanni Rotondo. Dopo la pausa bellica, ritorna nel 1947, a lavorare in Miniera come Operaio Elettricista.
Erano gli anni in cui la paga di un minatore era di 1,60/2,40 lire al giorno.
Erano gli anni in cui il sistema di coltivazione della miniera era vecchio. La sicurezza, non esisteva nei luoghi di lavoro. Gli scioperi e le agitazioni si susseguirono nel corso degli anni, quasi sempre a seguito di riduzione del personale o purtroppo, di incidenti spesso mortali e infortuni.
Erano gli anni in cui alle ore di lavoro dovevano aggiungersi quelle per raggiungere la miniera e per tornare a casa, a piedi naturalmente o in bicicletta. L’assistenza sanitaria era quasi inesistente: gli infortunati, gli invalidi per lavoro venivano ripagati con poche lire, la malattia significava perdita di quasi tutto il salario.
Erano gli anni del lavoro a cottimo. Più volte criticato dai sindacati, perché spingeva gli operai al limite delle umane possibilità, e non solo: era debilitante per l’organismo, e portava anche a trascurare le precauzioni. E poi, spingeva alla disparità tra i lavoratori e al loro sfruttamento.
Erano gli anni del Villaggio minerario di Bauxite di San Giovanni Rotondo. Un Villaggio, sorto dal nulla e scomparso con la fine dell’estrazione mineraria.
In questi anni comincia la sua attività sindacale, la sua partecipazione alla vita operaia e alle battaglie che ne derivarono. Nel 1954, viene eletto nella Commissione Interna.
Erano gli anni in cui agli attivisti politici e sindacali erano riservati i lavori peggiori. Oppure, venivano ridimensionati, con punizioni, ritorsioni, giorni di sospensione, trasferimenti da un cantiere all’altro o da una miniera all’altra.
Erano gli anni in cui c’era una separazione rigida, tra il ceto dei dirigenti e degli impiegati, dalla massa operaia.
La storia del nostro territorio, della nostra comunità, dello sviluppo economico, sociale e demografico, la nostra storia sindacale, la coscienza sindacale, fatta di rivendicazioni, di lotte, per i diritti, per la legalità, per l’etica del lavoro, non può prescindere dalla Miniera di Bauxite di San Giovanni Rotondo, da quel luogo e dai minatori che vi hanno lavorato.
Un ruolo di primo piano nello sviluppo di questi processi lo hanno avuto proprio i lavoratori, con le loro associazioni e la vita associativa, i loro movimenti, il sindacato. Le lotte hanno permesso di cambiare le condizioni economiche e sociali, di garantire un lavoro migliore, di accrescere le possibilità economiche; hanno permesso di costruire un sistema pensionistico pubblico per gli anziani, una rete di servizi sociali ed assistenziali universali e hanno consentito a molti di accedere all’istruzione e al sapere, favorendo, in questo modo, la mobilità sociale e la crescita civile della comunità.
Erano gli anni, in cui molte famiglie arrivarono a San Giovanni Rotondo, per Padre Pio, per la Miniera e dopo per Casa sollievo della Sofferenza.
I Testi, i Corzani, e tanti altri, non sono stati meno importanti dei Basilio, dei Lotti, dei Gusso, dei Gasparri, dei Ghisleri e di tanti altri, nella crescita economica e sociale della nostra Città.
Nel 1958 costituì, il sindacato della UIL per dare una nuova rappresentanza sindacale ai lavoratori. Nel 1960 aprì la sezione del Partito Socialista Democratico Italiano a San Giovanni Rotondo e nelle elezioni comunali del novembre 1963 fu eletto nella lista di questo partito. Ebbe la delega di Assessore ai Lavori Pubblici nella giunta di centro-sinistra guidata dal sindaco Francesco Morcaldi.
Erano gli anni in cui, per la prima volta, la classe dirigente, per il sindacato, per la politica e per il mondo economico, era espressione dei ceti popolari.
Erano gli anni delle Cooperative di consumo a prezzi più bassi, legate alla miniera e poi a Padre Pio.
Erano gli anni in cui nasce Casa Sollievo della Sofferenza, come grande ospedale, luogo di preghiera e di scienza.
Nel febbraio del 1973, a niente valsero l’occupazione della miniera dei “sepolti vivi”, per evitare e scongiurare la sua chiusura. Una vicenda dolorosa ma anche gloriosa, di resistenza. Una vicenda che, seppur finita male con la cessazione dell’attività estrattiva, ha comunque impresso un forte carattere di identificazione ed una memoria collettiva, che poi hanno saputo trovare altre vie di sviluppo.
Malerba continuò la sua attività sindacale per la costituzione a livello provinciale del sindacato dei pensionati.
Nel 1981 costituì la prima Cooperativa Agricola “B. Buozzi”, e nel 1989 la seconda Cooperativa Agricola “F. Turati” formata da braccianti e lavoratori stagionali. Successivamente si fece promotore per istituire il Consorzio agricolo Garganico.
Il suo impegnò durò fino alla fine. È bene ricostruire la storia per ricordare, celebrare e rendere omaggio ai momenti e ai protagonisti del passato. Questo è anche utile, per far capire, che i diritti che abbiamo, non ci sono stati regalati, ma sono stati conquistati con lotte, fatica, sacrifici, lutti e che vanno difesi.
Il desiderio, la speranza di ogni uomo, di ogni essere umano, di poter contare sul pane e sul lavoro. Questa è stata la lezione di Nicola Malerba e di tante donne e di tanti uomini di Sinistra, nella sua variegata espressione.
Hanno dedicato la loro esistenza, per affermare e rivendicare, il pane e il lavoro.
Salvatore Mangiacotti
(Scritto nella notte del 18 maggio 2020)
Un ringraziamento a Pierluigi Malerba e a Giovanni Scarale, per le notizie e le fonti. Nella foto che apre il post, Nicola Malerba in miniera, con alcuni compagni di lavoro.
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