Francesco Colangelo è stato uno dei compagni di strada più assidui del Festival del Cinema Indipendente di Foggia, fin dalle sue primissime edizioni, quando presentammo RadioWest, di cui era sceneggiatore. E poi la docufiction sui Monti Dauni, Un viaggio tra le parole di mio padre, prodotta dal Gal Meridaunia, importante perché rappresenta il primo, riuscito tentativo, di fare marketing territoriale attraverso il cinema, senza effetti speciali, affidandosi soltanto alla bellezza dei luoghi e della memoria. E alla solida capacità narrativa di Colangelo.
Assieme a Francesco, e assieme all’indimenticabile Alessandro Valori che ha condiviso un lungo tratto del suo percorso artistico e culturale, abbiamo vissuto decine di momenti, di idee, di sogni, realizzandone qualcuno, come il tentativo di costruire una rete tra i festival Dauni che si occupavano della settima arte.
Oltre che un valido cineasta, Colangelo è un intellettuale, un intellettuale organico di quelli che sarebbero piaciuti ad Antonio Gramsci. Originario di Bovino, rinverdì in un certo senso le sue radici proprio grazie al documentario di cui vi ho detto, svolgendo un’intesa opera di promozione culturale, culminata in quella fantastica iniziativa che è stata il Bovino Short Film Festival.
Francesco incarna quell’anima nobile del cinema indipendente che pensa che il cinema non sia soltanto intrattenimento ma anche (soprattutto) cultura, e che la cultura sia un indispensabile motore di sviluppo per le aree più arretrate del Paese, come i Monti Dauni, sud del sud.
Il film di Francesco che amo di più è forse anche quello che esprime meglio questa sua dimensione è la “La decima onda”, cortometraggio interpretato da uno straordinario Giorgio Colangeli, che vi indossa i panni di un pescatore garganico che, rientrato da una giornata di pesca, trova sulla spiaggia di Vieste il corpo senza vita di uno straniero.
L’uomo e i suoi compagni di barca sono combattuti tra la la paura di passare guai con l’autorità costituita e il desiderio di assicurare una degna sepoltura allo sconosciuto, secondo le regole non codificate della ospitalità perché una volta, “quando uno straniero arrivava, gli si offriva del cibo, un letto e ci si sedeva insieme, intorno al fuoco, ad ascoltare i suoi racconti dall’altra parte del mare”.
Il vero protagonista del film è il mare, con i suoi silenzi, la sua malinconia, le sue onde che contano distanze. La distanza tra la spiaggia dove avrebbe potuto trovare sepoltura lo sfortunato straniero e il mare aperto scandito dalla decima onda, dove il suo cadavere verrà consegnato all’acqua, è la distanza che ormai separa il nostro tempo volgare da quello arcaico del mondo classico, e dai suoi miti ancestrali.
I topoi deI mondo classico vengono richiamati dal pathos che aleggia costantemente sul racconto, quasi da tragedia greca: gli sguardi delle donne che attendono il ritorno dei loro uomini, i silenzi che incombono tra i componenti dell’equipaggio, il conteggio delle onde superate dal natante nel suo navigare verso il mare aperto. Ed un espresso richiamo al mito è il gesto pietoso del figlio di Giorgio, il ragazzo che per primo aveva ritrovato il corpo dello straniero, che colloca due monete nel sepolcro che avrebbe potuto ospitarne le sue spoglie mortali, come usavano gli antichi a mo’ di pedaggio per il trasporto del trapassato verso l’al di là.
Quello che impressiona e che amo del cinema di Francesco Colangelo è la sua rara capacità di tenere in perfetto equilibrio regia e sceneggiatura, testo, dialoghi ed immagini, silenzi e parole.
Sono particolarmente affezionato al film perché, a suo modo, “La decima onda” costituisce anche una bella sfida vinta dal movimento culturale che si era sviluppato attorno al Festival del Cinema Indipendente di Foggia. Giorgio Colangeli, che per la sua magistrale interpretazione ha conquistato il Nastro d’Argento, è affiancato nel cast artistico dall’attore foggiano Michele De Virgilio, che conferma la sua bravura, e da una splendida Maddalena Zoppoli, che ha svolto un ruolo costante e importante nel comitato organizzatore della rassegna foggiana, animando tantissime serate, la Blue Film, casa produttrice, è stata una presenza fissa o quasi della rassegna, Mario De Vivo, componente della direzione artistica ha svolto il ruolo di delegato della produzione. È stata una produzione low budget che più low non si potrebbe, ma una ulteriore, decisiva dimostrazione che anche in Capitanata si può fare cinema di qualità.
Qui sotto trovate i link ai due film e il riepilogo delle puntate fino ad oggi pubblicate de #iorestoacasa e guardo il cinema indipendente. Guardateli entrambi, e se avete perso qualche puntata, approfittate. Speriamo che la forzata permanenza in casa cui ci costringe l’epidemia del coronavirus ci faccia conoscere meglio ed apprezzare di più quella grande risorsa che è il cinema indipendente italiano.
IL CINEMA DI FRANCESCO COLANGELO
Monti Dauni Un viaggio fra le parole di mio padre
#IORESTOACASA E GUARDO IL CINEMA INDIPENDENTE
I PUNTATA | Lorenzo Sepalone, il cinema in punta dei piedi
II PUNTATA | La forza delle donne contro la violenza che vela le ali (NADIA KIBOUT)
III PUNTATA |Alessandro Grande, cinema indipendente da Oscar
Views: 0