Con Flavio Bucci se n’è andato un protagonista, un esponente di primo piano di quella generazione di grandi attori che sapeva recitare bene dovunque: davanti la macchina da presa, in televisione, sul palcoscenico.
Ebbe un legame profondo con la provincia di Foggia, anche di sangue. La madre era originaria di Orta Nova, come lo stesso Flavio ricorda, proclamandosi “fuggian di Ortanov” in una delle più esilaranti sequenze di Com’è dura l’avventura , divertente commedia del 1987 di Flavio Mogherini (grazie per la segnalazione a Maurizio De Tullio ed Antonio Ricci, potete guardarla alla fine del post).
Flavio Bucci interpreta padre Ribaudo, missionario laico dell’associazione volontari di Stupidigi, e iettatore, che a un certo punto, in pieno deserto, incontra i protagonisti del film, Gianni Zappi (Paolo Villaggio) e Piero Bigazza (Lino Banfi).
Di fronte ad uno sbigottito Villaggio, i due dichiarano la reciproca pugliesità. Banfi parla andriese stretto, Bucci foggiano, proclamandosi, appunto, “fuggian d’Ortanov.”
Bucci ebbe legami stretti con Foggia anche dal punto di vista professionale. Lo ricordo quando l’assessore provinciale Gianni Di Lauro, suo amico personale, lo chiamò ad inaugurare l’Ambasciata di pace di Palazzo Dogana, voluta dall’indimenticabile presidente Antonio Pellegrino per rinverdire l’identità della Capitanata quale crocevia di genti, culture e civiltà, vagheggiata già da Federico II.
Fu una bella serata, in cui Bucci recitò alcune poesie a fianco di rom, immigrati, regalando un grande momento di pace e di cultura.
Bucci è stato l’attore di riferimento di Nucci Ladogana, compianto regista di Cerignola, che lo chiamò spesso ad interpretare i lavori che metteva in scena, per cui la presenza di Bucci sui palcoscenici pugliesi era piuttosto frequente: «Riccardo III» di Shakespeare, «Enrico IV» di Pirandello, «Il malato immaginario» di Molière, «Sarto per signora» di Feydeau, che è stata anche l’ultima messinscena firmata da Ladogana, per il Teatro Abeliano di Bari.
Antonio Ricci, attore foggiano, lo ha conosciuto da vicino grazie alla comune amicizia con Luigi Mezzanotte, anche lui fedelissimo di Nucci Ladogana.
“Flavio Bucci soprattutto negli ultimi anni era stanco, sovente depresso. Luigi Mezzanotte se ne occupava come si trattasse di un fratello. La sua maggiore preoccupazione – ricorda commosso Antonio – era che Flavio dimenticasse le battute durante la rappresentazione, e perciò sovente recitava con un micro apparecchio acustico che veniva utilizzato dal suggeritore. Una sera lo dimenticò in camerino. Andava in scena Shakespeare, Flavio improvvisò inserendo nel testo del Bardo alcune battute pirandelliane. Forse il pubblico nemmeno se ne accorse, ma lo spettacolo non ne risentì, anzi il pastiche di Flavio Bucci funzionò alla perfezione. Era un genio del teatro.”
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