Cerimonia semplice tra famigliari, colleghi e pochi amici quella dei funerali del professore Arturo Palma di Cesnola. Infatti, la Santa Messa di commiato è stata celebrata in un luogo decisamente modesto, ma per questo ancor più simbolico, rispetto al resto dei sontuosi monumenti, palazzi e templi, carichi di arte e di storia che adornano la città di Firenze.
Una cerimonia in linea con la persona cui era dedicata, quella che si è svolta presso la Chiesa di Sant’Ambrogio, situata nell’omonima piazza nella zona est del centro storico, a pochi passi da Via della Mattonaia, dove abitava l’illustre scomparso.
La facciata del tempio è anonima e disadorna, come pure l’interno a navata unica riflette la mancanza di unità di stili per via degli innumerevoli lavori succedutisi nel corso dei secoli. I decori più preziosi, comunque, sono conservati nella galleria degli Uffizi. Ciononostante è una delle chiese più ricche di storia e di atmosfera della città. Non a caso frequentata dall’interessato e dalla sua famiglia, perché in essa si riscontra il carattere riservato e modesto del professore e il suo bisogno di semplicità ed intimità. Durante la sua vita scandita dallo scrupoloso lavoro di ricerca e di studio, non amava mettersi in mostra e detestava la pubblicità.
Pochi mesi fa gli proposi una video intervista sul tema Paglicci (di cui si dirà più avanti), il noto sito preistorico situato nel territorio di Rignano Garganico, a cui è rimasto attaccato per oltre trent’anni non solo per gli scavi ma anche per motivi affettivi. Qui, infatti, aveva come amici i cittadini più modesti. Per esempio: i muratori Antonio Aniceto e Antonio Vigilante (anch’essi scomparsi e onnipresenti durante tutte le campagne di scavo); la famiglia Del Re, da cui è stato più volte ospitato (Palazzo Baronale); la famiglia Bramante (proprietaria dell’omonima masseria), sempre pronta a collaborare per il buon andamento delle ricerche.
Il professore era ben visto da tutte le amministrazioni pubbliche che si sono alternate nel tempo, a cominciare da quella del sindaco Matteo Viola, dalla successiva diretta da Francesco Gisolfi (pure deceduto), quella che gli conferirà nel 1987 la cittadinanza onoraria e infine dall’altra capeggiata da Carlo Battista (scomparso), e poi da quelle dei sindaci Pietro Bergantino, Nicola Saracino e Michele Ciavarella. Che il professore non si desse arie, lo sperimentarono direttamente sia l’ex- bombarolo Leonardo Esposito (quello che sparava mine nella Grotta Paglicci, alla ricerca del tesoro del brigante Galardi) che lo trattava alla pari come si legge nel racconto “Il Tesoro”, edito nel 2017, sia l’assessore alla Cultura pro-tempore, Giuseppe Piccirilli, che addirittura lo chiamava “Arturo”, come se fosse un suo compagno di scuola.
Il professore taceva e sorrideva, qualche volta ci scherzava su, come se ne avesse piacere ad essere considerato uno di loro. Che dire, poi, delle feste organizzate in casa di chi scrive, solitamente ad inizio o a fine della campagna di scavi?
Era il massimo della felicità per lui e i suoi collaboratori, perché in quella occasione si mangiavano i pasti genuini locali e l’empatia investiva tutti. Alle feste partecipavano anche gli amici della provincia: Benito Mundi, direttore della Biblioteca di San Severo e Franco Ferrante, giornalista e scrittore (entrambi deceduti); Armando Gravina, libero docente Università di Bari; Matteo Ciavarella e Luciana Soldano (medico e docente); il sindaco di San Severo, Antonio Carafa, l’animatore culturale e consigliere regionale, Michele Cologno; gli appassionati della vicina S.Marco in Lamis : i Fino, i Pettolino, i Cervone, i Bonfitto, i Galante, i Cera, i D’Amaro, il sangiovannese letterato Giovanni Scarale e tanti altri ancora.
Ma torniamo alla video-intervista che gli avevo proposto di fare, per ragioni di salute, a casa sua, con la presenza dello stesso sindaco Dario Nardella, che, come risaputo è originario di San Marco in Lamis, città del suo amico letterato più stretto, Pasquale Soccio, passato a nuova vita alcuni anni fa. Di certo al primo cittadino avrebbe fatto piacere non solo di incontrare un illustre scienziato della Preistoria, ma anche di conoscere le suscettibilità culturali del territorio dove è nato ed ha vissuto suo padre. Purtroppo l’iniziativa non andrà in porto, sempre per via della modestia del Professore. Infatti, disse subito di no, preferendo una intervista a tu per tu e senza clamore.
Il professore se n’è andato in punta di piedi, come uno che non intende disturbare nessuno, né famigliari, né amici, né colleghi, specie ora che è periodo di vacanza. Lo ha fatto forse con una sottesa e sorniona ironia, forse per farci sentire di più il distacco e la mancanza di lui, appunto, come recita l’adagio: le persone e le cose belle si apprezzano solo una volta che si sono perse.
Sicuramente molti suoi colleghi ed estimatori si faranno vivi durante questa o quell’altra commemorazione in suo onore o in caso di assegnazione di questa o quell’altra onorificenza alla memoria, come l’intitolazione di una sala o di una via, a cominciare dall’inaugurando Museo Paleolitico di Paglicci a Rignano Garganico. Chi vivrà, vedrà!
Antonio Del Vecchio
(Nella foto che illustra il post, una immagine tratta dalla copertina del romanzo di Arturo Palma di Cesnola, Giornale di scavo, a cura di Angelo ed Antonio Del Vecchio)
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