Il Partito Unico del Nord è più forte, unito e compatto che mai e procede a vele spiegate verso la secessione dei ricchi, quell’autonomia differenziata propugnata dalle regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna che spaccherà definitivamente in due l’Italia e sancirà irreversibilmente il sottosviluppo del Mezzogiorno. Particolarmente illuminante, sotto questo profilo, la scheda pubblicata qualche giorno fa dall’Ufficio Studi della Camera, che oltre ad offrire una puntuale documentazione sull’iter del provvedimento (avviato, è il caso di ricordarlo, dal precedente governo Gentiloni, di centrosinistra) è un’attendibile spia del contesto politico in cui il provvedimento sta maturando: nell’assenza o nel disinteresse della classe dirigente meridionale.
Particolarmente illuminante, in proposito è il resoconto della seduta congiunta delle Commissioni Affari Istituzionali della Camera e del Senato, svoltasi il 18 settembre dello scorso anno, nella quale si è svolta l’audizione della Ministra leghista per i rapporti con le Regioni, Erika Stefani, sul tema dell’autonomia differenziata. Leggendolo si ha la chiara percezione della forza del Partito Unico del Nord, e del carattere bipartizan, anzi tripartizan, dell’autonomia differenziata: non è soltanto la Lega di Salvini a propugnarla, ma anche il Pd ed in larga parte il M5S.
Ecco l’elenco degli intervenuti, tutti a favore della “secessione dei ricchi” e tutti settentrionali, con una sola eccezione, come vedremo: Elisa Tripodi (M5S, Aosta), Maurizio Cattoi (M5S, Bolzano, eletto nelle Marche), Roger De Menech (Pd, Belluno), Gianmarco Corbetta (M5S, Milano); Marco Di Maio (Pd, Forlì), Simona Bordonali (Lega, Brescia), Stefano Collina (Pd, Ravenna), Enrico Borghi (Pd, Vogogna, Piemonte), Francesco Forciniti (M5S, Cosenza).
Due interventi in particolare, meritano qualche considerazione in più. Il primo è quello del deputato pentastellato Corbetta che ha ricordato con orgoglio, a proposito del referendum sull’autonomia che “il mio Gruppo, quello del Movimento 5 Stelle, seppure all’opposizione, ha svolto un ruolo fondamentale, perché la sola maggioranza non aveva i numeri per poterlo indire.”
Il secondo intervento è quello del deputato, pure lui pentastellato, Francesco Forciniti. È il solo deputato meridionale intervenuto nel dibattito ed il solo a formulare qualche rilievo critico verso l’autonomia differenziata: “Se la maggiore attribuzione di competenze alle regioni che ne faranno richiesta a seguito di trattativa sarà fatta «a saldi invariati», allora potrà essere qualcosa su cui ragionare, che potrà permettere all’amministrazione pubblica di fornire servizi di prossimità anche più efficaci e più vicini al cittadino. Diversamente, si correrebbe il rischio, secondo me, di ampliare quella forbice, quel gap, tra nord e sud in termini di qualità della vita e di fruizione dei servizi.
Credo che, anche in ragione di quello che l’articolo 119 sommessamente ci suggerisce, dovremmo andare nella direzione opposta, ossia quella di un Paese più solidale, che si prodighi per ridurre le differenze tra aree geografiche del nostro territorio, anziché magari, seppure indirettamente, pur perseguendo fini nobili, ampliarle. Vorrei chiederle questo: può escludere il fatto che le entrate fiscali possano essere oggetto di trattativa ex articolo 116, terzo comma?”
La ministra Stefani risponde ai rilievi formulati da Forciniti gettando acqua sul fuoco, anzi fuocherello, acceso dal parlamentare calabrese: “La legge che recepisce l’intesa non potrà essere che con un saldo zero considerato in tutto il contesto della nostra nazione, ovvero il costo che era in capo ai ministeri deve passare alla regione. Passa la competenza, passa il costo. L’attribuzione delle competenze dovrebbe arrivare praticamente a invarianza di costi, ovviamente sul contesto generale dello Stato. Nel momento in cui, cioè, vengono attribuite le competenze, all’inizio il meccanismo non può essere che quello del trasferimento del costo storico di quella competenza gestita a livello centrale e trasferita, attribuita, alla regione. Questo non dovrebbe comportare il rischio, come lei giustamente richiamava, di aumentare il divario tra nord e sud, che dobbiamo assolutamente combattere.”
Peccato che si è già ampiamente dimostrato che il meccanismo dei costi storici è virtualmente inapplicabile, è un’autentica presa in giro a danno del Mezzogiorno, senza la preliminare e preventiva determinazione dei LEP, i livelli essenziali delle prestazioni che lo Stato, in attuazione della Costituzione, si impegna a garantire a tutti i cittadini.
Illuminante in proposito il passaggio della petizione lanciata dall’economista Gianfranco Viesti per dire no alla “secessione dei ricchi”: “se non si sa “quanto costano” i LEP, come si può stabilire l’entità delle risorse da assegnare alle Regioni per garantirne il godimento ai cittadini? Ove si procedesse all’incontrario, ovvero: prima trasferire risorse alla Regioni, poi stimare il costo dei LEP, qualcuno potrebbe accaparrarsi più del necessario senza che sia evidente a chi lo stia togliendo. “
Per contrastare i propositi del Partito Unico del Nord e bloccare la secessione dei ricchi non c’è che una possibilità: sottoscrivere la petizione, far sentire al Parlamento la voce dei cittadini.
Se non l’avete fatto ancora, potete farlo da questa pagina web (e se l’avete già fatto, fatela sottoscrivere ai vostri amici): https://goo.gl/AwQTFT
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