Capitanata cenerentola d’Italia

La provincia più grande d’Italia, Foggia, ridotta a cenerentola. Le città metropolitane di Bari e Napoli, nonché molte province pugliesi e campane che, pur governando territori complessi, non hanno risorse finanziarie sufficienti neanche per svolgere le poche, residue funzioni istituzionali.

Il ciclone istituzionale che si è abbattuto sulle Province, con il riordino e la quasi soppressione voluta dal Governo Renzi (e poco conta che gli italiani abbiano bocciato la riforma nel referendum costituzionale, in Italia funziona così…) è stato un autentico tsunami che ha prodotto danni devastanti, soprattutto in Puglia e in Campania. A dirlo non sono le più o meno discutibili indagini dei quotidiani specializzati, ma i dati ufficiali di Opencivitas, il portale istituito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze al fine di tracciare e rendere trasparenti i bilanci degli enti locali. Il grafico più sotto mostra la situazione della spesa storica delle Province, raggruppate per Regioni.

Dopo la cura dimagrante imposta a quelli che erano una volta enti intermedi, con funzioni di governo di area vasta, la spesa storica delle province pugliesi e campane è crollata, attestandosi a 34,32 € all’anno in Puglia e a 36,22€ in Campania, dati che collocano le due province meridionale rispettivamente all’ultimo e al penultimo posto nazionale.

Va detto che la situazione non è omogenea nell’intero Mezzogiorno. La spesa storica disegna la classica pelle di leopardo raggiungendo punte ragguardevoli in Molise (66,86€, che fanno balzare la regione guidata da Campobasso al primo posto in Italia) e in Basilicata (62,41€, secondo posto).

Difficile comprendere le ragioni di tanto disequilibrio. È possibile che vadano in parte ricercate proprio nel processo di riordino voluto dall’allora ministro Graziano Delrio e, in particolare, nel trasferimento ad altri enti di funzioni che venivano prima esercitate dalle Province. Diverse province (si pensi alla Biblioteca Provinciale gestita dalla Provincia di Foggia o alle istituzioni culturali della Provincia di Lecce) gestivano servizi importanti e costosi. a cessazione ha determinato un sostanzioso taglio della spesa storica nei bilanci, che però adesso si ripercuote pesantemente anche sui servizi residui.

Emblematico il caso della provincia di Foggia, che con i suoi 7.007,54 chilometri quadrati è la più grande dell’Italia peninsulare ma anche la più grande tra quelle censite da Opendata (in termini assoluti è la terza: ma Sassari – 7.692,09 kmq – ricade nel territorio della  Sardegna, regione a statuto speciale, e Bolzano – 7.398,38 kmq – è Provincia Autonoma).

Per una corretta analisi dei dati bisogna tener presente che la spesa storica e il fabbisogno finanziario vengono determinati sulla base di diversi parametri: non solo l’estensione territoriale della Provincia, ma il numero degli abitanti, la popolazione scolastica, i servizi effettivamente erogati e via dicendo. Ma la situazione della Provincia di Foggia resta lo stesso drammatica: la spesa storica ammonta a 20.218.494€ a fronte di un fabbisogno stimato di 33.804.517€. In sostanza, all’amministrazione provinciale della Capitanata mancano qualcosa come 13.586.023 € l’anno. Ovvero più del 40% del fabbisogno stimato: una voragine. In riferimento alle diverse voci di spesa la situazione è gravissima, ai limiti del collasso in una funzione nevralgica qual è quella della pubblica istruzione (la provincia continua a gestire gli istituti medi superiori dell’intero territorio): la spesa storica ammonta a 2.159.222€ ma ce ne vorrebbero quattro volte tanto. Il fabbisogno stimato è infatti di 9.094.207€, in pratica manca il 76% della cifra necessaria ad assicurare il servizio.

Qualche settimana fa, il Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, originario di un piccolo comune dei Monti Dauni, Volturara Appula, ha annunciato il varo di un Contratto di Sviluppo Istituzionale per la Capitanata. Sacrosanta iniziativa, che potrebbe tuttavia rivelarsi il classico gigante dai piedi d’argilla. Gli investimenti più o meno straordinari non basteranno a sostenere lo sviluppo se resteranno così bassi ed asfittici i trasferimenti ordinari dello Stato.

La penalizzazione della Capitanata è ancora più evidente se si mettono i dati Opencivitas che la riguardano a confronto con quelli di altre province affini. Per esempio, quella di Cuneo, con cui la Capitanata ha approssimativamente in comune sia la superficie (7.007,54 kmq contro i 6.894,94 della provincia piemontese) sia gli abitanti (630.851 Foggia, 560.421 Cuneo).

 

Nonostante la provincia dauna sia territorialmente più estesa ed abbia più abitanti di quella cuneense, la spesa storica è di gran lunga inferiore: 20.218.494€ contro 32.413.584€. Anche il fabbisogno stimato premia la provincia piemontese: 37.300.285€ contro i 33.804.517.

Ma la differenza più stridente sta nei soldi che mancano, in termini di trasferimento statali: il 40% del fabbisogno per quanto riguarda la provincia di Foggia e solo il 13% per quanto riguarda Cuneo.

Le tabelle in calce all’articolo riassumono la situazione delle province pugliesi e campane, ed anche in questo caso l’immagine che ne viene fuori è quella della macchia di leopardo. Il differenziale tra spesa storica è negativo per quattro delle sei provincie pugliesi (Bari, Foggia, Lecce e Taranto), in sostanziale parità per la Bat, in attivo per Brindisi.

In Campania, il differenziale leggermente positivo per Caserta, leggermente negativo per Avellino, negativo per Napoli, Salerno e Benevento.

Il differenziale più penalizzante in termini percentuali è quello di Foggia, con il già sottolineato -40.19. In termini assoluti è invece quello della città metropolitana di Bari, cui mancano ben 14.076.733€, pari al 24,64% della spesa storica.

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Author: Geppe Inserra

2 thoughts on “Capitanata cenerentola d’Italia

  1. La Capitanata paga lo scotto di un sistema economico viziato, per lo più da divisioni campanilistiche e da personalismi. La Camera di Commercio che dovrebbe rappresentare la sintesi del sistema economico con Porreca non è riuscita ad invertire la tendenza, speriamo ci riesca nel quinquennio appena iniziato.

    1. Probabilmente un forte limite è rappresentato da esigenze e problematiche diverse per un territorio troppo vasto e diversificato per un’unica provincia. Logicamente questo sfocia in incapacità di condividere progetti.

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