E se fosse proprio quella nuova coscienza meridionale nata attorno alla petizione Viesti-Aprile per contrastare il regionalismo differenziato, la risposta all’ondata di egoismo, odio e rancore che scuote il Paese? Se passasse da qui la reazione a quel sovranismo psichico alimentato dalla paura, messo in evidenza dall’ultimo rapporto Censis?
Con il regionalismo differenziato propugnato dal Veneto, dalla Lombardia e sostenuto dalla Lega, dal suo leader Salvini e dalla ministra leghista Stefani, si sancirà ufficialmente che l’Italia come paese unito e solidale non esiste più. Al Nord andranno ancora più risorse, che saranno tolte al Mezzogiorno, condannandolo al sottosviluppo.
Ma l’antidoto a quest’Italia sempre più incattivita e sempre meno Bel Paese sta proprio nel Sud, “la terra che non ha mi fatto la guerra” come canta Eugenio Bennato, nella sua canzone-manifesto La questione meridionale.
La petizione promossa dall’economista Gianfranco Viesti e sostenuta dallo scrittore Pino Aprile, da Vito Tanzi, ex direttore del Fondo Monetario Internazionale ha raccolto le migliori intelligenze del mondo accademico, culturale, sindacale e della informazione (tra gli altri, la segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, la Cgil Puglia e, per quanto riguarda la Capitanata, Giuliano Volpe, rettore emerito dell’Università di Foggia, e Saverio Russo, docente di storia moderna all’Università di Foggia).
Quasi 15.000 firme: un traguardo importante, cui la Capitanata ha dato un notevole contributo, grazie anche all’impegno del comitato pro-petizione costituitosi dopo l’affollato incontro con Pino Aprile svoltosi a Parcocittà il 30 settembre scorso.
Il comitato ha promosso negli scorsi giorni un altro incontro pubblico sul tema Meridionali per la democrazia. Tema quanto mai caldo perché, non casualmente, il percorso del regionalismo differenziato si sta sempre più intrecciando con la spirale di egoismo e di sovranismo in cui l’Italia sta precipitando. Con la conseguenza che il Mezzogiorno corre seriamente il rischio di essere beffato due volte: la prima da una legge iniqua che gli sottrarrà risorse decisive per ridurre il divario, la seconda da quanti alimentano paure ed egoismi per far dimenticare che il vero problema del Sud non sono gli immigrati, ma la persistente ed ignorata questione meridionale.
La discussione è stata quanto mai intensa e partecipata. C’è una tangibile voglia di riscatto, che deve però fare i conti con il deserto della rappresentanza. Le forze antimeridionali sono sempre più arrembanti, tanto da occupare crescenti sacche di consenso, anche nel Mezzogiorno, mentre i partiti nazionali hanno del tutto rimosso dalla loro agenda il Sud e i suoi endemici problemi.
Come difendere gli interessi del Mezzogiorno? come alimentare il desiderio di riscatto che pure sale dal Sud? Dando più forza e più consapevolezza alla nuova coscienza meridionale che la petizione Viesti è riuscita a sedimentare.
L’incontro si è concluso con un paio di decisioni importanti. Un nome particolarmente simbolico e l’idea condivisa che il “no” all’egoismo nordista e al regionalismo differenziato vada accompagnata da una proposta programmatica che rilanci le grandi potenzialità della Capitanata come naturale avamposto dello sviluppo del Mezzogiorno, come laboratorio di riscatto.
Il nome? È già, in se stesso, un programma: il Popolo delle formiche.
Un popolo che sembra essersi messo finalmente in marcia…
Geppe Inserra
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I governi di centro sinistra hanno avuto le loro responsabilità in quando hanno
attuato politiche pubbliche di coesione perverse in cui gli investimenti aggiuntivi sono stati utilizzati per le spese ordinarie, mentre le risorse ordinarie sono state distratte in parte dai loro compiti e distorte per inseguire logiche “strabilianti” più che straordinarie o aggiuntive.
Spendere – più che investire – in infrastrutture è statao l’obiettivo prevalente.
Verosimilmente, il basso livello di spesa ordinaria del Meridione rispetto al Centro-Nord corrispondeva ad una minore dotazione di risorse per attività ordinarie, pur in presenza di un maggiore cofinanziamento nazionale alle politiche aggiuntive.
Cioè sono state proprio queste ultime ad essere privilegiate dal livello nazionale rispetto alle spese ordinarie!
Sorgono, quindi, interrogativi sulla ripartizione attuata delle risorse per il Meridione tra aggiuntive e ordinarie, poiché i perversi meccanismi di cui si è detto hanno prodotto effetti non in linea con quelli sperati.
Ora, invece di corregere queste colpevoli anomalie, si vuole legittimando un meccanisco che non può che creare solo danno irreversibile per l’economia dell’ intero Paese.