Michele La Sala sta diventando sempre più bravo nell’impastare di colore le sue nature morte e i suoi paesaggi. Attraverso sfavillanti policromie, l’artista racconta la natura e il tempo, così come potrebbero essere e, in fondo, così com’erano. Nelle sue opere sembra di cogliere i tratti di una nostalgia profonda, una volta tanto non soffusa di nebbia e di rimpianto, ma cristallina e coloratissima.
Ho avuto la fortuna e il piacere di seguire Michele fin dai primi passi del suo percorso artistico, intrapreso da autodidatta, ma sostenuto da quel sincero stupore che solo gli artisti di razza sentono, e trasmettono, nei loro quadri.
Se nelle altre occasioni la crescita costante di La Sala mi aveva colpito ed entusiasmato, l’ultima volta mi ha addirittura commosso.
Nei paesaggi, il tratto e il colore sono diventati ancora più decisi nel consegnare al pubblico una immagine inattesa ma del tutto vera del Tavoliere, del Gargano, dei Monti Dauni, sublimando la loro struggente bellezza attraverso un’accurata ricerca di originali totalità cromatiche. Ma la più recente produzione di Michele La Sala certifica la raggiunta maturità dell’artista che si cimenta con temi morali. L’Arte non solo come contemplazione della bellezza, ma anche come denuncia del male.
Dipingere la tragedia umana dell’Olocausto è difficile. La Sala ne propone una interpretazione forte, convincente, che pare preludere a nuove sperimentazioni estetiche. Eppure, guardando la grande tela che ha impreziosito la riuscita mostra foggiana di La Sala, al Pronao della Villa Comunale, si resta colpiti dalla coerenza tra questo quadro, che a prima vista sembrerebbe uno sconfinamento, e tutto il resto.
Il filo spinato del lager nazista assume una dimensione impalpabile, quasi onirica. Ad ammonirci, a ricordarci che è stato tutto tragicamente vero, restano le geometrie del dolore che si colgono dietro quel filo spinato. Volti sorprendentemente autentici, mani che stringono e sfidano recinti, uomini di colori diversi quasi a suggerire che l’umanità dolente non ha colore della pelle. E poi l’ineffabile poesia comunicata da quel cuore che fa capolino nella bruma, l’invito a don’t Forget, non dimenticare.
Arte che parla, che inquieta, e che restituisce un senso diverso ai paesaggi e alle nature morte che compongono la mostra di Michele La Sala. Il mondo è un eterno precario equilibrio tra il Bene e il male. Ma alla fine la vita, la sua bellezza e i suoi colori vincono sempre.
Bravo, Michele, amico mio, che belle emozioni regala la tua mostra…
Se non l’avete vista, niente paura.
Domani sera, 7 dicembre, il percorso artistico di Michele La Sala segnerà un’altra tappa di rilievo. Dopo il successo ottenuto a Foggia, la mostra si trasferisce a Troia, nelle sale del Museo Civico della cittadina d’arte dei Monti Dauni. Appuntamento alle 18.00 per l’inaugurazione. Non mancate.
Geppe Inserra
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