“Secessione dolce” contro il Sud, ma il M5S che ne pensa? (di Michele Eugenio Di Carlo)

È un fiume in piena la petizione lanciata dall’economista pugliese Gianfranco Viesti per bloccare la cosiddetta “secessione dolce” che si determinerebbe nel caso in cui fosse approvata la proposta della Regione Veneto che chiede più poteri, da finanziarsi direttamente col gettito fiscale regionale, che non contribuirebbe più alla coesione nazionale.
Nata come appello di intellettuali meridionalisti e docenti, la petizione – cui ha aderito anche il nostro blog Lettere Meridiane – sta diventando un autentico fenomeno politico e sociale. Su Twitter, il promotore della iniziativa ha ringraziato per l’adesione l’europarlamentare dauna, Elena Gentile, e il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, mentre è annunciata la costituzione di un comitato provinciale per sostenere la petizione, che ha superato le 6.000 firme. Il prossimo obiettivo è di raggiungere le 7.500 adesioni (se ancora non l’avete fatto, sottoscrivetela cliccando qui).
Non ha preso formalmente posizione il M5S, ed è evidente che le scelte del movimenti pentastellato saranno decisive per il successo o meno dell’iniziativa del Veneto, a trazione leghista.
Sulla questione ha scritto una riflessione, come sempre lucida ed appassionato, il saggista e meridionalista viestano Michele Eugenio Di Carlo, che ha voluto affidarla a Lettere Meridiane. Eccola, di seguito. (g.i.)

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La pagina “Terroni di Pino Aprile”, condividendo un post di Gianfranco Viesti che annuncia che il senatore Saverio De Bonis è il secondo parlamentare del M5S a firmare la petizione contro l’autonomia delle regioni del Nord che abbiamo definito “Secessione dolce”, chiede ai parlamentari 5S: “Con chi state?”.
Proverò a dare il mio contributo affinché non solo i parlamentari che stanno all’opposizione firmino la nostra petizione.
E lo farò utilizzando le parole che  Gramsci scrisse circa un secolo fa.
Avete mai letto “Il Risorgimento” di Antonio Gramsci?
È attuale ed è utile, in questo senso.

È utile per rispondere a chi banalizza con un luogo comune l’esistenza del divario economico esistente tra Nord e Sud, adducendo la scontata motivazione che sarebbe colpa della classe politica meridionale regolarmente eletta nel Parlamento. Questa è la locuzione perfetta per scaricare su un popolo vittima da 150 anni colpe che non ha, senza tener in alcun conto che l’Unità d’Italia è avvenuta non sul piano delle scelte condivise, ma tramite lo strumento della violenta occupazione militare che si è protratta per almeno un decennio.  Ci vogliono dire, in altre parole,  che l’attuale disastrosa situazione economico-sociale ce la meritiamo tutta perché colpevoli di aver portato da sempre in Parlamento una mediocre classe politica:  le vittime devono sempre pagare per le responsabilità altrui e, soprattutto, tacere.
A questo punto l’analisi di Gramsci ritorna d’attualità, sia in riferimento alla contingente situazione del Sud, sia in riferimento alla classe degli intellettuali e, quindi, dei politici:
«Il programma di Giolitti e dei liberali democratici tendeva a creare nel Nord un blocco “urbano” (di industriali e operai) che fosse la base di un sistema protezionistico e rafforzasse l’economia e l’egemonia settentrionale. Il Mezzogiorno era ridotto a un mercato di vendita semi-coloniale, a una fonte di risparmi e di imposte ed era tenuto ‘disciplinato’ con due serie di misure: misure poliziesche di repressione spietata di ogni movimento di massa con gli eccidi periodici di contadini…  Misure poliziesche-politiche con i favori personali al ceto degli ‘intellettuali’ o ‘paglietta’, sotto forma di impieghi nelle pubbliche amministrazioni, di permesso di saccheggio impunito delle amministrazioni locali… cioè di incorporamento ‘a titolo personale’ degli elementi più attivi meridionali nel personale dirigente statale, con particolari privilegi giudiziari, burocratici etc. Così lo strato sociale che avrebbe potuto organizzare l’endemico malcontento meridionale, diventava invece lo strumento della politica settentrionale, un suo accessorio di polizia privata”.
Ecco il nostro invito: che i parlamentari del M5S, almeno quelli eletti nelle nostre terre con i nostri voti, non diventino un nuovo strumento della politica settentrionale, un nuovo accessorio contro lo sviluppo e la crescita del Sud, perché l’autonomia fiscale richiesta dalle regioni del Nord non porta a nient’altro che a questo.
Per questo ai parlamentari del M5S chiediamo di essere dalla parte del territorio che li ha eletti, di essere l’anima del riscatto del Sud che li ha votati, di smentire per una volta le lucide e profetiche parole di Gramsci.
Sottoscrivere e aderire con convinzione alla petizione contro la “Secessione dolce” che ha come primo firmatario l’economista Gianfranco Viesti è un passo decisivo in questo senso.
Michele Eugenio Di Carlo

Link per firmare e condividere la petizione: https://www.change.org/p/gianfranco-viesti-no-alla-secessione-dei-ricchi

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Author: Michele Eugenio Di Carlo

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