La malasanità? Uno scandalo pianificato a tavolino

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Un cittadino italiano che vive al Sud ha un’aspettativa di vita di tre o quattro anni inferiore ad uno che vive a Trento o a Bolzano, e questo è inaccettabile per un Paese civile come vorrebbe essere l’Italia. E viola apertamente la Costituzione, che sancisce l’uguaglianza di tutti i cittadini.
Mentre la politica continua ad annaspare sulla questione meridionale, anzi a far finta che non esista, a lanciare un lancinante grido d’allarme sulle conseguenze del divario tra Nord e Sud è una categoria professionale che, per sua natura, fa quotidianamente i conti con la sofferenza e con il dolore: i medici.
La Fnomceo, la federazione che raggruppa gli Ordini dei Medici di tutta Italia, ha intrapreso un viaggio per fare il punto sullo stato di salute del Servizio Sanitario Nazionale in tutte le regioni italiane per condividere e sostenere con tutti i presidenti degli Ordini dei medici provinciali l’obiettivo di una sanità pubblica in grado di rispondere ai bisogni diversi di ogni singola comunità.
Lo stato di salute del SSN è malfermo e caratterizzato da profondi squilibri, che penalizzano soprattutto il Mezzogiorno e i ceti sociali più deboli, alla faccia dell’uguaglianza sancita dalla Carta Costituzionale.
Non a caso, la prima tappa del tour ha toccato la Sicilia. A lamentare la profonda disparità di trattamento tra le regioni del Nord e quelli del Sud è il presidente della Fnomceo in persona, Filippo Anelli, che non ha dubbi: le risorse destinate dal Ministero della Salute al Meridione sono sottostimate, e impongono tagli di personale e prestazioni.
Anelli ha così lanciato il guanto di sfida della federazione degli Ordini dei Medici: “Si riparte dall’articolo 3 della Costituzione che prevede l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla Repubblica  e da quello che invece viene fuori da tutti gli indicatori di salute e dagli studi fatti dai maggiori istituti, dall’Istat al Censis, da Osserva Salute all’Istituto Superiore di Sanità. Ci sono profonde disuguaglianze non solo tra le regioni, ma anche tra gruppi sociali di cittadini. Chi ha un’istruzione maggiore è più tutelato rispetto a chi ha un livello di istruzione più basso, che invece è più predisposto alle malattie, e incide su un indice di mortalità più alto”.

Capita la lezione? Si muore di più se si è meridionali, e se non si possiede un livello di scolarità elevato. Il che aggrava ulteriormente il divario.
“Quello che più ci interessa – ha spiegato il presidente della Fnomceo – è il fatto che questi ceti di popolazione sono maggiormente presenti al Sud, dove livello di ricchezza e aspettativa di vita sono inferiori rispetto al Nord. Fino ad arrivare al picco più basso della Campania, dove la differenza dell’aspettativa di vita, rispetto a un cittadino che vive a Trento o a Bolzano, è di circa tre-quattro anni, a seconda se si tratta di una donna o di un uomo”.
A determinare questa situazione di ingiustizia non è stato il destino cinico e baro, ma scelte politiche precise, legate – come ha precisato Anelli – “alla definizione della quota di ripartizione del fondo sanitario nazionale, che dovrebbe essere uguale per ogni cittadino, ma è invece diversa tra gli abitanti del Sud e del Nord perché ponderata a seconda dell’età. Dal momento che la popolazione più anziana risiede nell’area settentrionale del Paese, la sanità del Nord ha sempre avuto maggiori finanziamenti, che si traducono in una sanità migliore: più posti letto, più personale e più centri di eccellenza”.
Potrebbe essere un primo, impegnativo banco di prova per la neoministra del Mezzogiorno, Barbara Lezzi, che in un recente convegno promosso dalla Cgil pugliese si è impegnata a far rispettare la quota del 34,5% della spesa pubblica, che il precedente governo aveva fissato quale quota della spesa pubblica da devolvere al Mezzogiorno. La ministra Lezzi aveva accusato i governi precedenti di essersi limitati a enunciare il principio, senza prevedere iniziative di monitoraggio e interventi sanzionatorii per i Ministri e gli altri centri della spesa pubblica, anche allargata, che non ottemperano alla “quota Sud”.
La denuncia della Fnomceo capita a fagiolo…
La disapplicazione della Costituzione denunciata dal presidente Anelli genera, tra l’altro, il pericoloso, tipico fenomeno del cane che si morde la coda, aggravando gli squilibri di partenza, e penalizzando due volte la sanità meridionale. È l’effetto nefasto della legge sulla mobilità, che prevede che a pagare gli interventi di chi emigra per curarsi nei centri di eccellenza del Norditalia siano le Regioni di provenienza. Così, alla quota iniziale già sottratta, si somma quella pagata per la mobilità.
“Una situazione che non può più essere sostenuta – ha concluso il presidente Anelli-, a meno che non si decida di trasformare il Sud nel giardino d’Italia, dove venire solo in vacanza, e il Nord in luogo di cura”.

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Author: Geppe Inserra

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