Tra i beni architettonici più internazionali, importanti, intensi e significativi di Foggia c’è una Chiesa, non conosciuta e apprezzata come e quanto si dovrebbe, perché sorge nell’estrema periferia, al rione San Lorenzo. È la Chiesa di Sant’Antonio.
Progettata dall’architetto polacco Davide Pacanowski, allievo di Le Corbusier ed egli stesso grande firma dell’architettura europea del secolo scorso, la Chiesa è menzionata perfino dall’enciclopedia Treccani on line. Nella voce dedicata all’illustre architetto, Giovanni Duranti annovera la chiesa di San’Antonio tra le opere più significative di Pakanowski, sottolineando come essa sveli importanti echi della lezione lecorbuseriana.
“Nel 1966 – vi si legge – progettò per la città di Foggia la chiesa di S. Antonio da Padova (aperta al culto nel 1979), coniugando la complessità geometrica con l’attenzione per il genius loci: il recupero della spazialità barocca con l’adozione del carparo. Nella grande calotta di copertura, memore della lezione della cappella Ronchamp di Le Corbusier, trasfigurò il riferimento simbolico della tenda biblica in una colossale fontana-pluviale.”
L’importanza della chiesa di Sant’Antonio non è soltanto architettonica ma anche culturale ed artistica. All’interno figurano opere lignee ed in ceramica di un affermato artista siciliano, Enzo Assenza, frequentatore di importanti salotti culturali (ebbe contatti anche con la Sarfatti e la secondogenita di Tolstoj) e un pregevolissimo Crocifisso in bronzo scolpito da fra Guglielmo Schiavina.
La sua particolarità e la sua originalità sta nella mano sinistra di Gesù, che si libera dai chiodi e si stacca dalla Croce, protendendosi verso l’alto, a simboleggiare il ritorno alla vita, la Resurrezione.
Il mistero della fede cristiana concentrato in un gesto, raffigurato con straordinaria potenza e plasticità.
Quando venne installato, non mancarono critiche e perplessità: si tratta in effetti di un Crocifisso assolutamente moderno, addirittura rivoluzionario, ma assolutamente in linea con lo spirito conciliare dei tempi. E se vogliamo coerente con la tradizione di originalità dei Crocifissi foggiani. Quello dipinto da Pietro Frasa in Cattedrale provocò una denuncia alla santa inquisizione ai danni dell’autore, per il suo verismo, ritenuto eccessivo.
Un concentrato di bellezza come Sant’Antonio andrebbe fatto conoscere a tutta la popolazione foggiana: bisognerebbe portarci le scuole, i giovani. E invece il bel Crocifisso corre il rischio di essere sfrattato dal suo sito attuale, che è ovviamente l’abside dietro l’altare principale del tempio.
Sembra che il parroco, con il sostegno della comunità neocatecumenale della Parrocchia, intenda spostarlo in una cappella ubicata parte bassa della Chiesa, per collocare al suo posto una ”corona misterica” di Kikko Arguello (vedete nella foto sotto la simulazione), artista e nome molto noto del mondo cattolico, per essere tra i fondatori del movimento neocatecumenale.
Un gruppo di fedeli si contrappone all’iniziativa ed a tal fine ha avviato una petizione, primo firmatario Renato Matteo Imbriani, docente di religione, che in poche ore ha raccolto e superato le mille firme.
Tra l’altro, si teme che il trasferimento del pesante crocifisso bronzeo possa comprometterne l’integrità: il muro absidale su cui è collocato è in cemento armato, mentre quello su cui verrebbe riposto dopo il trasferimento non lo è.
Non intendo entrare nel merito estetico, artistico e tantomeno teologico della vicenda, pur sottolineando che per la sua originalità, per il suo coraggioso messaggio, la scultura di fra Guglielmo Schiavina non andrebbe rimossa, ma fatta conoscere meglio alla cittadinanza foggiana.
Ho aderito con convinzione alla petizione, sostenendola anche nella home page di Lettere Meridiane, per tre semplici ragioni.
La prima è che nessuna opera d’arte può né deve essere spostata dal luogo per cui è nata, e in cui è stata inizialmente collocata. La seconda è che ogni opera d’arte è patrimonio dell’umanità: non è di proprietà di un parrocco e neanche della comunità parrocchiale, ragion per cui scelte così importanti andrebbero assunte con maggior prudenza e consultando preventivamente esperti, critici, storici dell’arte. La terza e ultima ragione è che non mi pare vi sia traccia, nella “corona misterica” di Arguello di quel genius loci che Pakanowski pose a base del progetto e che viene coerentemente recepito ed espresso dall’opera di fra Guglielmo.
Cosa resterebbe delle nostre basiliche, delle nostre cattedrali, delle nostre chiese che custodiscono gioielli di arte che tutto il mondo ci invidia, se dovesse prevalere questa ondata di “nuovismo” che, a quanto pare, non risparmia neanche quei grandi custodi della tradizione francescana che sono i Frati Minori?
Se siete d’accordo con me, cari amici e lettori di Lettere Meridiane, vi invito ad aderire alla petizione, e a condividerla sui vostri profili social, sui vostri gruppi. Potete farlo ciccando sul link qui sotto, e seguendo le relative istruzioni:
https://goo.gl/BJkbaz
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