Carmine Buonpensiero è stato quello che si dice un signore: un uomo buono e grande, che per tutta la sua vita ha incarnato ai massimi livelli i valori di rispetto e di lealtà che insegna lo sport. E allo sport, al calcio, in particolare, ha dedicato buona parte della sua esistenza terrena, sia quando ha indossato la casacca del Foggia Calcio, sia quando, appese le scarpe al chiodo per quanto riguarda il calcio professionistico, ha preso a calcare i campi di periferia, nei tornei parrocchiali e aziendali.
Io l’ho conosciuto così: quando, dopo l’avventura rossonera, sgambettava nel campo di San Ciro, ed era uno spettacolo vedere come, a quarant’anni e passa, con i suoi piedi buoni e la sua innata intelligenza calcistica, dettava i tempi di gioco oppure andava in gol. Un direttore d’orchestra, e non solo un calciatore.
Negli anni Settanta, a San Ciro, si svolgevano tornei di raro calibro tecnico ed agonistico. Tanto per fare un esempio, la squadra di Carmine spesso incrociava quella di Mimì Cosmano, che qualche anno prima era stato compagno di squadra di Carmine in rossonero: grande giocatore, Cosmano, originario di Bari, a Foggia aveva messo su famiglia, restandoci fino alla fine della sua vita.
Storie d’altri tempi, che raccontano un calcio d’altri tempi.
Centrocampista con spiccate doti offensive, Buonppoteva ricoprire praticamente tutti i ruoli d’attacco. La cosa che impressionava di più, vedendolo in campo, era la sua capacità di giocare tenendo sempre la testa alta: il gioco passava sempre per i suoi piedi, era un punto di riferimento per i compagni, ed un giocatore insolitamente moderno.
Ha militato nel leggendario Foggia di Oronzo Pugliese, e in quel campionato di B 1963-64 che vide i rossoneri conquistare la prima, storica promozione in serie A. Quell’anno giocò pochino, però si tolse lo sfizio di essere tra i trascinatori della squadra che, alla conclusione del campionato, avrebbe dato a Foggia il primo (ed unico) trofeo internazionale: la Coppa Alpi bis, che opponeva le formazioni terze classificate dei campionato cadetto italiano e svizzero di quell’anno. Al Foggia toccò il Thun, e non ci fu storia. La squadra dauna s’impose per 8-1 allo Zaccheria e per 4-3 nel ritorno in casa degli svizzeri. Buonpensiero giocò entrambe le partite. Non segnò nella goleada casalinga, ma aprì le marcature in terra elvetica (promesso, vi racconto la Coppa in una prossima puntata dei Ricordi Rossoneri).
Un’altra firma importante, con una doppietta, Buonpensiero l’aveva apposta nella storica vittoria esterna che il Foggia conseguì ad Olbia, il 4 ottobre del 1953: i Satanelli s’imposero sulla squadra sarda per 10 a 0, vittoria che resta come la più larga mai conseguita fuori casa dalla formazione rossonera (potete leggere il racconto di quella storica giornata in questo bell’articolo di Giovanni Cataleta).
Non si era mai tirato indietro, quando si trattava di dare un contributo al Foggia. All’indomani della promozione fu tra gli animatori (e i contributori) di una colletta promossa dalla Gazzetta del Mezzogiorno per aiutare il Foggia, guidato dall’indimenticabile don Mimì Rosa Rosa, ad affrontare la massima divisione.
Nel Foggia ha giocato in tutto 134 partite, segnando 35 gol. Nella formazione di Leonardo Costagliola che finì dodicesima nel girone B della serie C nella stagione 1958-59, fu il miglior marcatore rossonero, mettendo a segno 9 reti. Tante, per un centrocampista.
Ho avuto Carmine anche come collega: era dipendente della Provincia, amato da tutti per un suo carattere affabile, per il suo sorriso sempre pronto.
E in questa veste ha stabilito un altro record. È, infatti, il solo foggiano avere vinto… uno scudetto. Guidò la Provincia di Foggia nel campionato nazionale dei dipendenti delle Province. Ormai sulla cinquantina, fu l’allenatore e il capitano di quella formazione, che si laureò trionfalmente Campione d’Italia.
L’allenatore era un ruolo che gli si addiceva: sia per la sua sapienza calcistica, sia per la sua spiccata attitudine alle relazioni umane. Negli anni Ottanta ha allenato il settore giovanile del Foggia, contribuendo alla formazione di tanti ragazzi foggiani: formazione non soltanto calcistica, ma anche umana, perché Carmine Buonpensiero è stato un campione di sport e di umanità.
È scomparso qualche giorno fa, all’età di 83 anni.
Chissà che casacca indosserà adesso, ma sicuramente starà meravigliando e conquistando tutti, anche nell’al di là, con i suoi piedi buoni, con il suo sorriso, con la sua gentilezza.
Riposa in pace, caro Carmine.
Geppe Inserra
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Mi complimento con lei per le belle e toccanti parole rivolte ad una persona speciale quale era il Mister Carmine Buonpensiero. Ho avuto il grande onore di averlo come allenatore sia nelle giovanili del Foggia sia nei dilettanti. La sua umanità era coinvolgente. Aveva il dono di farci sentire uniti come in una grande famiglia. Qualità che solo i grandi hanno. Il suo riçordo sarà sempre nel mio cuore.
Avevo 13 anni quando, incantato, me lo guardavo dal prato – la tribuna era riserva ai grandi benestanti – del “Valentino Mazzola” di San Giovanni in Fiore, lasciare sul posto, col suo leggendario “doppio passo”, tre avversari sul posto e andarsene leggiadro a fornire comodi assist per i compagni o a segnare indimenticabili gol.