Il santuario della Madonna dell’Incoronata, che sorge a pochi chilometri da Foggia è il più antico della cristianità, tra quelli legati all’apparizione della Vergine. Parola dell’Osservatore Romano.
Il quotidiano del Vaticano certificò questo record che spetta al santuario in un approfondito articolo comparso qualche anno fa (l’8 aprile del 2001), con il titolo Incoronata di Foggia: Il primo millennio di storia del santuario.
L’articolo firmato da una figura di prestigio del mondo orionino, Flavio Peloso, che è stato tra l’altro il postulatore della causa di canonizzazione che ha portato don Luigi Orione agli onori degli altari, ed il settimo successore dello stesso don Orione alla guida dell’ordine sacerdotale fondato dal Santo di Pontecurone.
Don Flavio Peloso scrisse l’articolo qualche anno prima della sua elezione (2004) a superiore generale della Piccola Opera della Divina Provvidenza, carica in cui è stato rieletto nel 2010. Dal 2007 è membro del Pontificio Consiglio Cor Unum.
Buon conoscitore di problemi sociali, teologici e pastorali, si è sempre dedicato allo studio e alla divulgazione soprattutto di temi ecclesiali e della spiritualità orionina. È giornalista e direttore della rivista di studi Messaggi di Don Orione e di Don Orione oggi.
L’articolo comparso su L’Osservatore Romano costituisce una delle narrazioni più efficaci della grande storia e della grande spiritualità del Santuario che sorge in mezzo al bosco omonimo.
La foto che illustra il testo è mostra l’antico Santuario dell’Incoronata. Ecco il testo dell’articolo di don Flavio Peloso.
L’origine dell’Incoronata – è questo il nome che identifica storia, santuario e devozione – dagli studiosi e dalla tradizione popolare è fatta risalire all’inizio del secolo XI e precisamente all’ultimo sabato di aprile del 1001. A fondamento di tutto, ci sono dei fatti straordinari avvenuti nel bosco attraversato dal fiume Cervaro che portarono al ritrovamento della prodigiosa immagine , una statua di noce scuro.
Il nucleo storico degli avvenimenti è oggi sufficientemente precisato e documentato. La Madonna, l’ultimo sabato di aprile del 1001, apparve nel bosco del Cervaro ad un signore, quasi certamente il Conte di Ariano Irpino, cui mostrò una statua chiedendo che venisse posta in venerazione in apposita chiesa, assicurando che sarebbe stata larga di grazie a chi l’avesse pregata dinanzi a quel simulacro. Sul luogo sopraggiunse anche un contadino che, in segno di devozione, appese al ramo della quercia dell’apparizione una caldarella, trasformata, con un po’ d’olio, in rustica lampada. Si costruì una prima edicola e ben presto l’affluenza del popolo e la fama delle grazie portarono alla edificazione di una chiesa, con annesso convento ed opere di carità.
Nella tradizione popolare millenaria, poi, il racconto si arricchì di elementi fantasiosi. Si tramandarono leggende semplici, ingenue e poetiche, profumate di alta spiritualità e di sentimenti popolari. Il fatto occorso nel lontano 1001 è rimasto registrato da un millennio nell’eco di devozione verso la Vergine Incoronata di Foggia, viva e ininterrotta nelle popolazioni della Basilicata, delle Puglie, della Campania, dell’Abruzzo e del Molise.
Il Prof. Don Giovanni D’Onorio De Meo, nel suo pregevole volume L’Incoronata di Foggia (Foggia, 2000, 432 p.), ha raccolto con precisione il filo di notizie e di documenti archivistici proprio per verificare la continuità, le forme narrative e cultuali, l’importanza religiosa e sociale della devozione alla “Madre di Dio Incoronata”.
Il primo documento a parlare dell’Incoronata è un Diploma reale di Ruggero II di Altavilla, datato 24 novembre del 1140, con il quale il sovrano concesse a san Guglielmo di Vercelli, fondatore del celeberrimo Santuario di Montevergine ad Avellino, il convento ed il santuario dell’Incoronata. Qui, il Santo trascorse gli ultimi mesi della sua vita, prima di ritirarsi al Goleto (Archivio di Montevergine, VIII, 11). Di poco posteriore, del 6 luglio del 1156, è invece il primo documento Pontificio. Si tratta di una Bolla con la quale Papa Adriano IV pose l’Incoronata sotto la giurisdizione del Vescovo di Troia, (Archivio di Troia A.C.E. 30b).
Per incontrare la prima narrazione letteraria di quanto avvenuto nel bosco del Cervaro, bisognerà invece scendere fino al 1665, quando Giovanni Rho incluse tali fatti nella sua pubblicazione I Sabati del Gesù di Roma ovvero esempi della Madonna (Ignazio de’ Lazzari, Roma). A questa narrazione seguirono poi quelle di Pacicchelli (1685), del Romano (1688) e di altri fino alla Miracolosissima Istoria delle tre edizioni del 1788, 1817 e 1819.
La devozione e l’attenzione storica si sono concentrati particolarmente sulla statua lignea della Madonna che fu indicata e lasciata dalla Vergine stessa come segno permanente della sua apparizione e della sua benevolenza. Essa è tuttora in grande venerazione ed ha il momento di massimo onore nella cerimonia della “vestizione”, il mercoledì precedente la festa dell’ultimo sabato di aprile. L’immagine rappresenta la Madre di Dio seduta in un trono, maestosa e di austera bellezza, in atteggiamento di presentare il bambino che le sta seduto sulle ginocchia e di accogliere i devoti che le si avvicinano. Nel corso dei secoli la figura lignea del bambino era stata scorporata dalla statua e andò perduta; quella attuale è di recente fattura. E’ stata posta nelle braccia di Maria da Giovanni Paolo II, durante al sua visita al santuario il 24 maggio 1987, al termine di tutto un progetto pastorale per “restituire il Figlio alla Madre” promosso dagli Orionini che da cinquant’anni hanno in cura questo importante centro mariano.
Sulla statua vennero effettuate varie perizie ed esami di tipo chimico, compreso quello al carbonio 14, curati dal Prof. D’Onorio De Meo intorno agli anni ’70. Fu così possibile raccogliere ulteriori informazioni sulla storia di questa antica statua: fu scolpita con legno di noce, lasciata nel colore originale, e ritoccata nel corso dei secoli con imprimiture di gesso e colla. Quanto alla datazione, la Prof.sa Cortesi, che guidò l’esame al C.14 presso il laboratorio di Geochimica dell’Università di Roma, propende per un’epoca tra il 1280 e il 1320. Il risultato, mentre conferma l’antichità della venerata statua, lascia aperta la discussione sul fatto se sia questa quella primitiva, indicata dalla Vergine durante l’apparizione al Conte di Ariano Irpino nel 1001.
I documenti attestano che fin dal XII secolo si sviluppò verso l’Incoronata una fervorosa devozione popolare con grande afflusso di gente. Le feste di aprile, legate alla apparizione, costituivano un rito di “passaggio” di primavera per le popolazioni del Tavoliere delle Puglie dedite all’agricoltura e alla pastorizia. E’ da ricordare infatti che il bosco del Cervaro, con le acque ristoratrici del ruscello, era uno dei principali nodi della transumanza. I pastori, dopo che il tavoliere aveva offerto nutrimento agli armenti durante l’inverno, con l’arrivo della bella stagione si mettevano in marcia, sostavano al Cervaro e si incontravano ai piedi della Madonna prima di dirigersi verso i pascoli montani.
Le carte dei tratturi presenti nell’Archivio di Stato di Foggia, documentano ampiamente la centralità del Santuario dell’Incoronata nella viabilità del Tavoliere pugliese.
Questo radicamento nei ritmi vitali della popolazione contribuì a fare della devozione all’Incoronata un evento assai vivo, familiare, tradizionale, caro a tutta la vasta regione circostante. La tradizione mariana aiutò a esprimere e salvare la fede dell’umile gente, specialmente di contadini e di pastori. A causa della lontananza dei paesi di origine, i pastori nel loro “passaggio” di primavera e i pellegrini nel loro atto di devozione alla Madonna si fermavano due, tre o più giorni vicino al santuario o accampati nel bosco.
La devozione all’Incoronata appresa e tramandata assieme ai racconti e alle preghiere dell’infanzia, ha mosso le diverse generazioni, come onde che si rincorrono e sostituiscono, a lunghi e duri pellegrinaggi. Facevano più giorni di cammino per ritrovarsi per un tacito ed inconscio appuntamento a deporre ai piedi della Madre di Dio le pene e le sofferenze della propria esistenza trascorsa nel duro lavoro dei campi o nell’estenuante custodia degli armenti.
Qualcosa di questo rito popolare continua ancora oggi nei pellegrinaggi popolari, formati da cortei di centinaia e a volte migliaia di persone che, a piedi, giungono anche da Minervino Murge, Lavello, Melfi, Palazzo San Gervasio, Villanova, Canosa, paesi tutti a 70-80 chilometri di distanza.
Mentre la devozione all’Incoronata non conobbe soste o affievolimento, l’edificio del santuario andò incontro ad un periodo di incuria e abbandono quando, a fine ‘800, passò nelle mani della amministrazione comunale. Solo nel 1939, ritornò all’autorità ecclesiastica nella persona del vescovo di Foggia, Mons. Farina. Questi, a sua volta, il 1 aprile 1950, l’affidò alla congregazione di Don Orione.
I Padri orionini seppero saldare con sapiente opera pastorale l’antica e viva tradizione popolare con il necessario rinnovamento delle strutture del santuario e della pratica della devozione mariana. Al fatiscente e pericolante santuario subentrò l’attuale moderno nello stile, devoto e funzionale. Fu inaugurato l’11 aprile 1965; una Bolla pontificia di Paolo VI dell’ 11 marzo 1978 lo insignì del titolo di Basilica minore. Quasi contemporaneamente, venne eretto il maestoso campanile alto 58 metri; nell’area circostante il santuario, una dopo l’altra, sorsero la casa della comunità e la scuola apostolica, la capiente Casa del pellegrino e le varie strutture di accoglienza.
Il flusso di devoti dell’Incoronata, da fenomeno stagionale, è diventato sempre più massiccio e costante durante tutto l’anno. Attualmente, con San Michele al Gargano e San Giovanni Rotondo, l’Incoronata di Foggia costituisce la triade dei grandi santuari delle Puglie, con visite annuali calcolate in circa 2 milioni di pellegrini, con punte di più decine di migliaia nelle domeniche da aprile a settembre.
Data memorabile della storia recente del santuario è il 24 maggio 1987, giorno della visita di Giovanni Paolo II. Davanti agli oltre 30.000 fedeli riversati nell’ampio piazzale antistante, il Santo Padre sostò in preghiera e depose tra le braccia della Madonna dell’antica statua quella di Gesù bambino, da tempo assente perché perduta.
Tra la commozione di tutti fece sue le parole del Beato Luigi Orione:
“Mi piace ricordare una frase che rivela l’amore di Don Orione per la Madonna: «Amo la santa Madonna e canto, canto la Madonna: lasciatemi amare e cantare! Sono un povero pellegrino che cerco luce e amore … Vengo a lei per non perdermi, dopo esser passato tra profondità, frane, altezze, precipizi, montagne, uragani, abissi, oscurità di spirito ombre nere. L’anima, inondata dalla bontà del Signore e dalla sua grazia …e traboccante di amore, sperimenta una gioia che è gaudio spirituale, e si fa canto e spasimo, sete anelante d’infinito, brama di tutto il vero, di tutto il bene, di tutto il bello: attrazione, ardore sempre crescente di Dio: amando nell’Uno tutto: nel Centro i raggi: nel Sole dei soli ogni luce. E in questa luce inebriante mi spoglio dell’uomo vecchio e amo: questo amore mi fa. uomo nuovo e amando canto!»”.
Questo è il senso del santuario mariano. Questo è il miracolo, antico e sempre nuovo, della fede che si compie al santuario della Madre di Dio Incoronata di Foggia.
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