Ferdinando Galiani, la memoria calpestata

Ferdinando Galiani è tra i più celebri ed eminenti figli della terra dauna. Ed è anche, purtroppo, la più eloquente e significativa conferma che nessuno è profeta in patria. Soprattutto se la patria in questione è la città di Foggia.
Illustrissimo economista, citato da Karl Marx ne Il Capitale per il suo trattato Della Moneta, Galiani nacque effettivamente a Chieti, ma si può ritenerlo foggiano a tutti gli effetti. Studiò infatti a Foggia così come suo zio, Celestino, dotto uomo di Chiesa, e dauna era la sua famiglia.
Se Ferdinando Galiani visse poco nel capoluogo dauno lo si deve soprattutto al fatto che suo padre Matteo, regio uditore, era costretto a trasferirsi di volta in volta, assieme alla sua famiglia, nelle diverse città in cui la professione lo spingeva.
La sua fama come economista, come uomo di scienza, ma anche come fine letterato superò di gran lunga quella dello zio e si sparse in tutta Europa, anche perché visse per un certo periodo a Parigi come segretario dell’ambasciata, diventando ben presto un punto di riferimento degli ambienti eruditi ma anche dei salotti buoni della capitale francese.
A Napoli gli sono state intitolate una strada centralissima, una traversa di via Caracciolo, e un istituto medio superiore. Per ricordarlo, la comunità scientifica internazionale ha battezzato a suo nome un asteroide, il 11958 denominato appunto Galiani.
E la sua Foggia? Niente. Non un istituto scolastico ad indirizzo economico e commerciale, come sarebbe stato auspicabile. E nemmeno una strada. O forse sì… ma sbagliandone il nome, per ben due volte.

A questo punto, consentitemi, cari amici e lettori di Lettere Meridiane, di aprire una parentesi.
Che la toponomastica non sia un aspetto della vita civile di cui Foggia possa andare particolarmente fiera, è un dato che non sfugge a nessuno: scelte opinabili nella intitolazione delle strade, che si alternano a clamorose dimenticanze, storpiature di nomi che denotano una sciatteria congenita, errori spesso lapalissiani che si tramandano di generazione in generazione. Un inno all’ignoranza.
Ricordo le polemiche, anni fa, e i frustranti tentativi di far correggere il nome di vico Ignazio, che sorgeva nei pressi delle Marcelline (è stato poi cancellato da un moderno palazzo): evidente e mortificante storpiatura del nome latino della blasonata via Egnatia, cui nessuno pose riparo.
Ma quanto è accaduto a proposito di Ferdinando Galiani supera ogni immaginazione.
Ma procediamo per ordine.
Può mai essere che gli amministratori che si sono succeduti al governo della città abbiano trascurato un così importante conterraneo, dal 1787, anno della sua morte, ad oggi? No, non può essere.
Probabilmente, qualche amministrazione pensò bene di onorare la memoria di Ferdinando Galiani intestandogli una delle principali strade della città (vedremo più avanti di che strada si tratta), nonché un vicolo che in quella strada si affacciava. Anche suo zio Celestino venne onorato con l’intitolazione di una strada anche se con qualche ritardo, un paio di secoli dopo: è una traversa di via Capozzi.
Ma Ferdinando non è stato fortunato: sia in un caso che nell’altro, gli stradini preposti a incidere o dipingere il nome della strada sull’apposita targa hanno sbagliato. Senza che nessuno se ne accorgesse, e vi ponesse riparo, quando sarebbe stato facile e doveroso.
Con ogni probabilità, via Ferdinando Galiani doveva essere l’attuale via Galliani, che collega piazza Cavour con viale Fortore. Saltato il nome, aggiunta indebitamente una “elle” al cognome, la lodevole intenzione di ricordare l’illustre personaggio intitolandogli una strada, è stata vanificata, e trasformata in vergognosa dimenticanza.
Non sono andate meglio le cose per quanto riguarda il vicolo, che gli illetterati stradini comunali del municipio hanno battezzato vico Galiano. Anche in questo secondo caso, è stato omesso il nome di battesimo. Non c’è la doppia “elle” main compenso la “i” finale è divenuta “o”.
Storici e studiosi di toponomastica hanno cercato di capire se nella storia cittadina vi sia stato un qualche Galliani meritevole della intitolazione di una strada. Qualcuno ha formulato qualche ipotesi, in verità scarsamente convincente.
A chiarire il nesso tra via Galliani e vico Galiano (che sono oggi piuttosto distanti tra di loro) ci sono però due elementi importanti. Il primo è che il vico sorge esattamente alle spalle del palazzo della famiglia Galiani, in cui Ferdinando visse alcuni anni, in piazza XX settembre 3 (è noto come palazzo Galiani-Filiasi, ed è tra i più belli e antichi della città). Il secondo giunge da un’antica stampa della città, che raffigura la Chiesa di San Francesco Saverio, conosciuta anche come Chiesa delle Colonne, anch’essa in piazza XX settembre e da cui parte oggi Corso Cairoli.

L’incisione, che vedete qui sopra, è tratta da Le cento città d’Italia. Nella didascalia si legge: Chiesa di san Francesco Zaverio e via Galliani. Dunque, prima che il secondo corso cittadino, parallelo a corso Vittorio Emanuele venisse intitolato al patriota Benedetto Cairoli (scomparso circa un secolo dopo Galiani, nel 1889), la strada risultata denominata via Galliani, e, di conseguenza, vico Galiano ne era una traversa.
Qualcuno deve aver poi pensato bene di spezzare in due via Galliani, senza curarsi di correggere il doppio errore.
Il risultato è un oltraggio alla memoria. Al quale speriamo si ponga riparo.
Quest’anno ricorre il 290° anniversario della nascita, e sarebbe cosa utile e buona avviare una qualche iniziativa rivolta a recuperare una volta per tutte la memoria di un personaggio così illustre e prestigioso. Se non proprio subito, ma almeno in vista del 300° anniversario…

Via Ferdinando Galiani, a Napoli.

 

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Author: Geppe Inserra

3 thoughts on “Ferdinando Galiani, la memoria calpestata

  1. Buona sera mi chiamo Giuseppe Galiano, e vorrei correggere il cognome del cappellano che si firmava con la o finale non la i ed in rosso come i borboni.
    La mia ricerca ha portato il riconoscimento di una firma dell’ illustre Celestino Galiano. Non a caso lo stesso vicolo riporta il nome corretto. Negli anni il cognome con dialetti e ignoranza ha portato la trasformazione dello stesso. Detto era definito un letterato del ottocento, e se letterato era, perché firmarsi Galiano Celestino e no con la i finale? Il dubbio mi lascia credere che la firma in rosso e il giusto cognome.
    grazie

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