Foggia, circondata dai tratturi |
Non è una beffa, e neppure un’esagerazione. Il capoluogo dauno potrebbe fregiarsi dell’ambito riconoscimento dell’UNESCO se avrà successo la candidatura che il Ministero dell’Agricoltura ha presentato ieri per il riconoscimento della transumanza quale “patrimonio immateriale”.
Foggia è stata per diversi secoli l’indiscussa capitale di questa antica pratica di allevamento che soprattutto in passato portava stagionalmente migliaia di pastori e milioni di capi di bestiame a migrare da una regione all’altra, per cercare pascoli sempre verdi. La città sorgeva all’incrocio di una fitta rete di tratturi, le lunghe vie erbose che collegavano l’Abruzzo e il Molise alla pianura pugliese. Allora il Tavoliere era quasi interamente demaniale: l’affitto dei pascoli ai pastori che nella stagione fredda svernavano in Puglia costituiva una delle entrate più consistenti per il Regno.
Ciò dava luogo ad una imponente attività amministrativa e giudiziaria che aveva il suo centro nevralgico a Foggia dove avevano sede la Dogana della mena delle pecore, l’istituzione che gestiva amministrativamente i pascoli, ed il suo Tribunale, che si occupava di risolvere le frequenti controversie.
L’archivio della Dogana, custodito nell’omonimo palazzo settecentesco, in piazza XX settembre, dall’Archivio di Stato di Foggia, è tra i più importanti al mondo nel suo genere.
Insomma, Foggia ha tutte le carte in regola per “stare” nel migliore dei modi nel percorso virtuoso avviato dal Ministero, ma bisogna fare attenzione. E cercare di “starci” veramente, in questo percorso e in questa prospettiva.
“La città di Foggia è tutta un museo a cielo aperto della transumanza sui regi tratturi”, si legge nel bel sito I tratturi della Puglia, curato da Giuseppe Dimunno. Oltre all’Archivio della Dogana, la città può offrire a quanti si interessano dell’argomento, il Museo cartografico dei tratturi e della transumanza, ideato da quel grande cultore della materia che è Michele Pesante, promosso dall’Ufficio Tratturi della Regione Puglia, e ospitato nel Palazzo degli Uffici Statali. Il Museo del Territorio, in via Arpi, espone, invece la Capanna del pastore.
Nel comunicato con cui è stata data notizia dell’avvenuta presentazione del dossier che sorregge la candidatura, non sono citati, però, né Foggia, né il Tavoliere. Una ragione c’è, comprensibile e condivisibile. Per essere riconosciuto quale patrimonio dell’umanità, il bene, seppur immateriale, deve esistere concretamente. Se è un dialetto o una lingua, dev’essere parlato, se è un canto o una melodia dev’essere cantato o suonato.
La candidatura della transumanza a patrimonio culturale immateriale dell’umanità è fondata sul fatto che essa è ancora praticata. Non più nel Tavoliere, che nel 1865 venne affrancato dal pesante vincolo demaniale che riempiva le casse dell’erario statale ma prosciugava lo sviluppo territorio, impedendo la crescita dell’agricoltura.
Il comunicato ministeriale elenca seppur in modo sommario le località italiane in cui “la transumanza è ancora oggi praticata sia nel Centro e Sud Italia, dove sono localizzati i Regi tratturi, partendo da Amatrice (nella cui piazza principale si svolgeva storicamente la grande festa dei pastori transumanti) e Ceccano nel Lazio ad Aversa degli Abruzzi e Pescocostanzo in Abruzzo, da Frosolone in Molise al Gargano in Puglia. Pastori transumanti sono ancora in attività anche nell’area alpina, in particolare in Lombardia e nel Val Senales in Alto Adige.”
Appare sinceramente un po’ riduttivo limitare la presenza della Transumanza in Puglia soltanto al Gargano. Pur comprendendo le ragioni che spingono il Ministero ad esaltare le aree in cui essa viene ancora praticata, il ruolo storico che Foggia ha avuto nella transumanza in Italia è tuttavia innegabile, e occorre che venga in qualche modo recuperato nel complesso iter innescato dalla presentazione della candidatura. Tanto più che le possibilità di riuscita dell’iniziativa sembrano buone, essendo essa sovranazionale. Il dossier è stato infatti sostenuto oltre che dalla Regione Molise, da cui è partita l’idea, anche da Austria e Grecia.
Per “stare” dentro questo processo, che potrebbe aprire un capitolo di enorme importanza anche dal punto di vista turistico, occorre però che il territorio si attrezzi e che si recuperi per quanto è possibile il patrimonio di memoria e di cultura rappresentato dalla transumanza, colpevolmente trascurato.
La recente riforma degli Archivi di Stato ha di fatto penalizzato quello di Foggia, la cui valorizzazione e il cui rilancio dovrebbero essere gli obiettivi portanti della candidatura italiana. I tratturi non esistono più, o quasi: sono stati trasformati in aree residenziali, o sono diventate autostrade.
Ma sul territorio esistono intellettuali e associazioni che si battono per tenere alto il ricordo della transumanza, che dette luogo ad un’autentica, per quanto misconosciuta, epopea. Avremo modo di parlarne ancora, sperando che il territorio risponda “presente” all’opportunità che viene ad esso offerta.
Geppe Inserra
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Ho saputo della candidatura della transumanza a patrimonio dell'umanità dal telegiornale. Nel breve servizio hanno mostrato mandrie di bovini e greggi di pecore specificando che la transumanza si pratica in tutta Italia dal Veneto al Tavoliere