La storia è fatta di corsi e di ricorsi, come insegna Giambattista Vico. Un po’ degli uni e degli altri si intrecceranno questo pomeriggio allo Zaccheria, in una sfida all’insegna dell’amarcord, ma anche del futuro.
A settant’anni suonati Zdeněk Zeman torna sul luogo del delitto, in quello Zaccheria dove scrisse l’epopea di Zemanlandia, la favola più bella del calcio italiano.
La prima e unica volta che si è seduto sulla panchina da “nemico” (fatta salva una inutile amichevole estiva, quando il boemo allenava il Lecce) ebbe luogo la bellezza di 23 anni fa, e fu proprio quella infausta partita a decretare la fine di quel sogno, di quella favola.
Era il 28 maggio del 1995 e Zeman guidava una Lazio stellare, costruita proprio su parte del tridente delle meraviglie che fino all’anno prima aveva fatto grande il Foggia, Signori e Rambaudi in avanti a far compagnia al grandissimo Boksic, a centrocampo campioni come Winter, Di Matteo e Fuser, in difesa tra i pali Marchigiani e poi Nesta, Favalli e Chanot, anche questo proveniente dalla squadra rossonera.
Il Foggia era allenato da Enrico Catuzzi, che proprio all’inizio di quel campionato si era seduto sulla panchina che era stata di Zeman. Quel pomeriggio mandò in campo Mancini, Padalino, Bianchini, Nicoli (dal 70′ Parisi), Giacobbo, Caini, Mandelli, Bressan, Cappellini, De Vincenzo (dall’83′ Baiocchi), Kolyvanov. In panchina c’erano Brunner, Di Bari, Marazzina.
Lo Zaccheria era pieno, ma l’impresa ardua ed improbabile: il Foggia era sull’orlo della retrocessione, si giocava la penultima giornata e forse neanche una vittoria sarebbe bastata ai satanelli per centrare l’obiettivo della salvezza, nonostante un promettente avvio del campionato che aveva fatto pensare alla possibilità di un miracolo bis.
Manco a dirlo, a condannare il Foggia fu proprio l’ex di turno: Beppe Signori che al 36° del primo tempo, su calcio di punizione (lo vedete nella foto che illustra il post), infilò in rete un tiro che il povero Franco Mancini non riuscì neanche a vedere.
La verità è che la favola era finita già da diverso tempo prima, quando il Foggia era stato costretto a non sognare più. Mesi prima la società era finita, dalle mani dall’altro protagonista di Zemanlandia, il patron Pasquale Casillo, in quelle di Caripuglia.
Le aziende dell’ex presidente rossonero erano finite del vortice del fallimento, dopo che l’imprenditore che aveva fatto grande il Foggia era finito in carcere con l’accusa di far parte della camorra (dalla quale sarebbe stato assolto…). L’istituto di credito barese era il suo maggior creditore.
Per capire che aria si respirava a Foggia basti pensare che l’allora presidente del consiglio di amministrazione del sodalizio rossonero, l’avv. Giacinto Pelosi, uomo di fiducia di Caripuglia, aveva fatto aprire un’inchiesta sul Foggia (che ne sarebbe uscito indenne) temendo che alcuni giocatori fossero stati volutamente deprezzati da Casillo.
Fu un brutto pomeriggio, quello del primo ritorno di Zeman allo Zaccheria (come “nemico”, perché come “amico” ci sarebbe tornato ancora tante volte, nella sua terza ed ultima avventura rossonera, questa volta sfortunata, che l’avrebbe visto sulla panchina rossonera in Lega Pro, di nuovo con Casillo e Pavone), anche perché qualche ora prima dell’icontro nell’alberco che aveva ospitato la società biancazzurra venne stroncato da un infarto il suo storico dirigente, Mario Di Cola.
Oggi Zeman torna, alla guida del Pescara che portò trionfalmente in serie A, proprio dopo la breve, terza avventura in rossonero. Il Foggia si presenta a quest’appuntamento decisivo per il suo campionato (ha l’obbligo di vincere, un altro passo falso sancirebbe una crisi profonda) con una formazione e forse anche un modulo del tutto nuovi.
Il nuovo direttore sportivo Luca Nember l’ha rivoluzionata, e toccherà a mister Stroppa, un altro dei protagonisti di Zemanlandia, ridisegnarla.
E allora, sempre in tema di corsi e ricorsi storici, mi piace associare questo ritorno di Zeman al suo primo arrivo, al suo esordio assoluto, quando la situazione del sodalizio si presentava per molti versi come quelle attuale.
Casillo aveva rilevato l’intero pacchetto azionario dall’industriale Lioce. Il Foggia aveva appena appreso di essere stato graziato dal giudice sportivo per l’illecito commesso nella stagione precedente. Non più retrocessione in C2, com’era stato disposto in un primo tempo, ma cinque punti da scontare nel campionato 1986-1987.
Zeman era arrivato solo da qualche giorno, e così pure la maggior parte dei giocatori quando cominciò il campionato. La squadra era un laboratorio che il boemo e il direttore sportivo Peppino Pavone dovevano costruire a tempo di record, come stanno facendo Stroppa e Number, in questo cambio mercato autunnale senza precedenti per il Foggia.
Allora, in quel lontano settembre del 1986, allo Zaccheria arrivava il Sorrento.
“Zemanlandia arrivò al cuore il 21 settembre 1986 – ha scritto la Gazzetta dello Sport di quella storica partita -: prima giornata di C1, Foggia-Sorrento 0-1. Sì, una sconfitta, in contropiede, ma una delle più belle partite della storia rossonera. Non esistono più filmati di quella gara: per i cultori di Zeman non avrebbero prezzo. Sempre all´attacco, solo che la palla non va dentro: un tiro al bersaglio come al luna park.”
Il Sorrento sarebbe arrivato ultimo in quel campionato, ma Zeman avrebbe subito riscattato la sconfitta iniziale, andato a vincere la domenica dopo a Catanzaro, espugnando lo stadio della squadra che avrebbe vinto il campionato. S enza i cinque punti di penalizzazione molto probabilmente Zeman avrebbe centrato immediatamente la promozione. Ma quella prima volta allo Zaccheria avrebbe aperto una pagina nuova nella storia del calcio foggiano, e non solo foggiano.
Che anche per Stroppa e Nember, oggi pomeriggio allo stadio di viale Ofanto, possa aprirsi un ciclo? Speriamo sia così.
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