Quando il calcio non è una scienza esatta

Il calcio non è una scienza esatta, nel senso che si può discutere all’infinito se un certo fallo è da rigore o meno, se la rete segnata era in fuorigioco oppure regolare. A volte è questione di millimetri, altre volte l’arbitro non è nella posizione ideale per poter giudicare correttamente. Fa parte del gioco, si dice, ed è vero.
Almeno sulla durata del tempo di gioco, però, l’andamento di una partita non dovrebbe prestarsi ad equivoci. Perché a determinarla non c’è il giudizio soggettivo di un uomo, ma gli orologi.
Forse quello del signor Sacchi, sabato pomeriggio allo Zaccheria, non funzionava.
L’arbitro di Foggia-Pescara (la cui conduzione di gara è stata per il resto accettabile, salvo una netta punizione non fischiata per un evidente fallo su Mazzeo) ha destato più di una perplessità.
Ha fischiato la chiusura del primo tempo senza concedere alcun recupero, e mentre il Foggia si era guadagnato un calcio d’angolo. Errore, perché nei precedenti 45′, c’era stato almeno un infortunio di una certa gravità: l’arbitro stesso aveva invocato, per evitare ulteriori perdite di tempo, l’intervento della barella (poi rientrato perché il giocatore del Pescara si è rialzato). Quella interruzione di gioco richiedeva un certo recupero: quanto sarebbe bastato a permettere che il Foggia battesse il calcio d’angolo.
Ancora peggio nel secondo tempo, quando l’arbitro, dopo aver tollerato l’atteggiamento del portiere del Pescara Fiorillo, che ha perso impunemente tempo su tutte (ma proprio tutte…) le rimesse dal fondo, ha concesso appena 3 minuti di recupero nonostante diversi interventi dei sanitari per gli infortuni occorsi soprattutto ai giocatori ospiti.
Da prassi ormai consolidata, tre minuti sono il minimo quando vengono effettuate sei sostituzioni (ogni sostituzione viene “pesata” 30″). Il recupero avrebbe dovuto essere di almeno due minuti in più.
A dirlo c’è non solo il regolamento, ma anche la statistiche: una recente indagine ha stabilito che in media vengono concessi 5 minuti e mezzo di recupero a partita.
Qualche minuto di gioco in più con ogni probabilità non avrebbe mutato il risultato. Ma avrebbe evitato di innervosire gli animi in campo e, soprattutto, non avrebbe premiato i… furbi, com’è invece successo.

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Author: Geppe Inserra

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