La storia di Artaban, il quarto re magio

Mi ha sempre affascinato molto la storia di Artaban, il quarto re magio che non riuscì a raggiungere per tempo Betlemme, assieme a Gaspare, Melchiorre e Baldassarre. Ad essa avevo già dedicato una lettera meridiana, un paio di anni fa (potete leggerla qui).
Ho scovato in rete una deliziosa videostoria, realizzata da Gthamban, e pubblicata sul suo canale youtube, tratta dalla versione più celebre del racconto, quella scritta dell’Ottocento da Henry Van Dyke, pastore della Chiesa presbiteriana. Mi è piaciuta così tanto che ho voluto tradurla e rimontarla, per nipoti e nipotini,  amici, e lettori di Lettere Meridiane. Potete guardarla qui sotto. Se vi piace, condividetela: è una bella storia di vita e di speranza.
In fondo siamo tutti un po’ Artaban, nel senso che tutti spendiamo la nostra vita in un viaggio alla ricerca di qualcosa o di qualcuno. Spesso li troviamo, senza accorgercene.
Ecco il video, più sotto il testo tradotto e il collegamento alla versione originale, in inglese. Buona visione.

La storia del quarto Re Magio

tratta da “L’altro Re Magio”
di Henry Van Dyke
(1852-1933)
Testo di Gthamban
Traduzione Geppe Inserra

Nell’antica Persia,
in una città di nome Ecbatana,
viveva un uomo
chiamato Artaban.

Artaban faceva parte
di una remota comunità
di studiosi zoroastriani
conosciuti come Magi.

Gli Zoroastriani erano
astrologi e credevano
nella ricerca
del bene e della luce.

All’apparire di una Stella
più lucente delle altre,
Artaban annunciò alla sua comunità
che presto avrebbe raggiunto
altri tre Magi, per cercare con loro
il Re d’Israele appena nato.

Venduti tutti i suoi beni,
Artaban comprò tre preziosissimi
gioielli: uno zaffiro, un rubino
e una perla.

Voleva portarli con sé
per farne omaggio
al Re. Cominciò così
il viaggio di Artaban.

Quando partì, aveva solo
dieci giorni per incontrarsi con
i tre compagni al monte di Nimrod,
presso il Tempio delle Sette Sfere.

Ma, mentre Artaban si avvicinava
al Tempio, il giorno dell’incontro,
vide sulla strada un uomo agonizzante,
che si lamentava.

Che fare? Dare una coppa d’acqua
a quell’uomo morente
o proseguire, affrettandosi
per raggiungere gli altri Magi?

Dato che i Magi non erano
solo astrologi, ma anche
medici, Artaban si fermò.

Con la sua perizia e la sua sapienza
assistette per ore l’infermo, lo curò,
fin quando non gli tornarono le forze.

Dopo essere ripartito e dopo
aver raggiunto il luogo dell’appuntamento,
Artaban scoprì che i suoi amici
se n’erano andati.

Fu così costretto a vendere
lo zaffiro per comprare
una carovana di cammelli per
affrontare il prosieguo del viaggio.

Arrivò a Betlemme proprio mentre
i crudeli soldati di Erode stavano
massacrando i bambini innocenti
di quella città.

L’uscio di una casa era
aperto, e Artaban poter ascoltare
una mamma che cantava
la ninna nanna al suo bambino.

La donna gli disse
che i suoi amici Magi erano
giunti a Betlemme
tre giorni prima.

Avevano trovato Giuseppe
e Maria e il loro bambino,
e avevano lasciato i loro doni
ai suoi piedi. Quindi erano scomparsi
misteriosamente com’erano arrivati.

Giuseppe aveva preso sua moglie
e suo figlio ed era partito in segreto.
Girava voce che fossero andati
molto lontano, in Egitto…

All’improvviso, all’esterno della casa,
rumori, grida, confusione, pianti di donne.
E poi un grido disperato:
“I soldati di Erode
stanno uccidendo i bambini.”

Artaban si affacciò all’uscio
e vide una banda di soldati che
correva per strada, con le spade sguainate
e le mani insanguinate.

Il capitano raggiunse la porta,
ma Artaban lo fermò e gli diede
il rubino, chiedendogli di lasciare
in vita la mamma e il suo bambino.

Quindi Artaban, sempre seguendo il Re,
raggiunse l’Egitto, cercando dappertutto
le tracce della piccola famiglia
che era fuggita prima che arrivasse a Betlemme.

Per 33 anni, Artaban continuò a vagare
alla ricerca del suo Re, spendendo
la sua vita aiutando i poveri e i malati.
Alla fine, arrivò a Gerusalemme,
nei giorni della Pasqua.

C’era una grande commozione
a Gerusalemme. Improvvisamente,
una donna, fatta schiava per debiti.
mentre veniva trascinata in catene dai soldati,
si gettò ai piedi di Artaban.

Prendendo l’ultimo dei suoi tesori,
la perla, lo diede alla ragazza:
“È per la tua libertà, sorella!
È l’ultimo dei tesori che avevo
tenuto per il mio Re”.

Mentre Artaban parlava,
un forte terremoto scosse la città.
Fu colpito da una tegola.

Artaban seppe
che stava per morire
senza aver trovato il suo Re.
La ricerca era finita,
ed egli aveva fallito.

La giovane schiava riscattata, abbracciando
quell’uomo vecchio e morente,
udì una voce dolcissima, e poi vide
che le labbra di Artaban si muovevano
lentamente.

Artaban: “Ah, Maestro, ti ho tanto cercato. Dimenticami.
Una volta avevo preziosi regali da offrirti.
Adesso non ho più nulla.”
Gesù: “Artaban, tu mi hai già dato i tuoi doni.”
Artaban: “Non capisco, mio Signore.”

Allora quella voce inconfondibile
tornò a farsi sentire, e la donna
poté udirla chiaramente.

Gesù: “Quando ero affamato,
mi hai dato da mangiare,
quando avevo sete,
mi hai dato da bere,
quando ero nudo,
mi hai vestito.
Quando era senza un tetto,
mi hai preso con te.”

Artaban: “Non è così, mio Salvatore.
Non ti ho mai visto affamato,
e neanche assetato.
Non ti ho mai vestito.
Non ti ho mai portato nella mia casa.
Per trentatré anni ti ho cercato,
ma non ho mai visto il tuo volto
e non ti ho mai aiutato, mio Re.
Non ti ho mai visto fino ad oggi.”

Gesù: “Quando hai fatto queste cose
per l’ultimo, per il più piccolo
dei miei fratelli – tu le hai fatte per me.”

Artaban si rivolse alla donna
che aveva liberato dalle catene:
“Hai sentito che dice Gesù?
Abbiamo trovato il Re.
L’abbiamo trovato
ed egli ha accettato tutti i miei doni.”

Un lungo sospiro di sollievo
esalò flebilmente
dalle labbra di Artaban.

Il suo viaggio era finito.

I suoi regali
era stati accolti.
L’altro Re Magio
aveva trovato il Re.

E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Matteo 25:40

Per guardare la versione originale, in lingua inglese, cliccate qui.

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Author: Geppe Inserra

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