Nel vortice turbolento in cui è precipitato, il Foggia rischia su due fronti: non soltanto quello della giustizia sportiva, ma anche quello della giustizia ordinaria. Cosa rischia, in concreto?
La risposta è piuttosto semplice dal punto di vista sportivo, ma assai più complicata da quello amministrativo, anche per la totale mancanza di precedenti. Per la prima volta al Foggia è stata applicata la fattispecie prevista dal Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231 che disciplina “la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato”. L’ambito di applicazione si riferisce alle persone giuridiche (private) e alle società e associazioni, anche prive di personalità giuridica.
Le norme si applicano nel caso in cui gli amministratori o i dirigenti di uno di tali enti commettano reati di natura penale.
Un acclarato principio giurisprudenziale stabilisce che “societas delinquere non potest”: una persona giuridica non può delinquere, non può commettere reato penale. È problematico attribuire responsabilità penale alle persone giuridiche, perché il reato commesso da un amministratore o un dirigente ricadrebbe su tutti i soci, senza alcuna distinzione. Il D.Lgs. 231 ha così introdotto una nuova ipotesi di sanzione che in un certo senso unisce il sistema penale con quello amministrativo, definendo appunto “la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato”.
Il procedimento avviato dai magistrati milanesi della Direzione Distrettuale Antimafia si inquadra in questo ambito che viene per la prima volta applicato ad una società calcistica. Per chiarire ancora meglio, l’imputato non è qui il patron Sannella e l’ex vicepresidente Curci, ma il Foggia in quanto tale.
Gli inquirenti hanno chiesto al G.I.P. di Milano (che si pronuncerà in merito il 13 febbraio prossimo) di disporre l’applicazione di una delle misure cautelari previste dal Decreto richiamato: la nomina di un commissario giudiziale per la durata di un anno, nei confronti del Foggia Calcio.
“Ciò in quanto – come sostiene la Questura di Milano in un comunicato diffuso alla stampa – gli illeciti sono stati commessi dagli organi apicali (precedenti ed attuali) della società sportiva, che ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità (2 milioni di euro di illecita provenienza, 1,6 milioni di euro con modalità tracciate ed euro 378.750,00 in nero ed in denaro contante consegnati direttamente al Sannella).”
La nomina del commissario giudiziale rientra tra le sanzioni interdittive previste dal Decreto, sanzioni che possono giungere fino all’interdizione dall’esercizio dell’attività: in pratica alla chiusura dell’attività per un certo periodo di tempo.
Se il G.I.P. accoglierà la richiesta dei magistrati inquirenti, dovrà indicare i compiti ed i poteri del commissario, tenendo conto della specifica attività in cui è stato posto in essere l’illecito da parte dell’ente.
Nell’ambito dei compiti e dei poteri indicati dal giudice, il commissario dovrà curare l’adozione e l’efficace attuazione di modelli di organizzazione e di controllo idonei a prevenire reati della specie di quelli verificatosi. Non potrà compiere atti di straordinaria amministrazione senza l’autorizzazione del giudice.
Più facile a dirsi che non a farsi, visto che l’applicazione delle sanzioni interdittive e il ruolo del commissario giudiziale hanno posto numerose questioni interpretative già in casi, per così dire, “normali”. Che succederà se la fattispecie dovesse applicarsi per la prima volta ad una società di calcio?
Nel D.Lgs. 231, la nomina di un commissario giudiziale è prevista in due casi, come misura sostitutiva alla interdizione: se l’ente svolge un pubblico servizio o un servizio di pubblica necessità la cui interruzione può provocare un grave pregiudizio alla collettività oppure nel caso in cui l’interruzione dell’attività dell’ente provochi, tenuto conto delle sue dimensioni e delle condizioni economiche del territorio in cui è situato, rilevanti ripercussioni sull’occupazione. È vero più il primo caso che non il secondo, ma la ratio complessiva del provvedimento lascia capire che il legislatore ha voluto sanzionare l’ente che ha commesso l’illecito, salvaguardando però le ricadute sociali, economiche, occupazionale della sua attività.
Sembra di capire che, se il G.I.P. accoglierà la richiesta e nominerà il commissario, il Foggia potrà continuare a giocare regolarmente il campionato, ma in un contesto economico e finanziario a dir poco problematico, perché il commissario dovrà ovviamente far quadrare i conti, e per farlo dovrà operare con l’occhio sempre attento ai bilanci.
E sul fronte della giustizia sportiva? Anche in questo ambito la situazione si presenta molto critica. Il rischio è di una pesante ammenda, accompagnata da una penalizzazione in classifica, da scontarsi in questo campionato, se l’inchiesta (che pare non sia stata ancora aperta) verrà conclusa durante questa stagione, o nella prossima se il procedimento avrà tempi più lunghi, com’è facile prevedere.
L’ipotesi più verosimile è che prima di muoversi l’Ufficio Inchieste della Procura federale attenderà le carte della Procura, che potrà trasmettergliele solo a conclusione della fase istruttoria.
Al sodalizio rossonero potrebbe essere contestato il pagamento in nero ipotizzato dalla magistratura milanese, ovvero la violazione dell’articolo 8, comma 6, del Codice di giustizia sportiva che prevede che “la società che pattuisce con i propri tesserati o corrisponde comunque loro compensi, premi o indennità in violazione delle disposizioni federali vigenti, è punita con l’ammenda da uno a tre volte l’ammontare illecitamente pattuito o corrisposto, cui può aggiungersi la penalizzazione di uno o più punti in classifica.”
È prevista anche la squalifica dei tesserati che hanno beneficiato dei pagamenti in nero: l’articolo 8, comma 11 del Codice di giustizia sportiva prevede una squalifica non inferiore a un mese.
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