Il film della chiusura dell’impianto Frecciabianca a Foggia (il reparto di Trenitalia che provvede alla gestione del personale in servizio sui treni veloci di lunga percorrenza) racconta una storia già vista. Ma è come se ogni puntata del sequel gli sceneggiatori proponessero una trama sempre più cruenta di quella degli episodi che l’hanno proceduta.
Che Trenitalia da anni stia attuando verso Foggia, che era una volta lo scalo ferroviario più importante del versante adriatico del Mezzogiorno, una selvaggia politica di dismissione, era un dato di fatto. Ma che procedesse in modo del tutto unilaterale, prendendo a schiaffi non soltanto il territorio, ma anche le organizzazioni sindacali, è un indice inquietante di peggioramento, se non di vero e proprio avvelenamento, delle relazioni aziendali cui soltanto la politica potrebbe porre un argine. Ma la politica non c’è.
La notizia della chiusura del reparto, noto anche come Impianto Equipaggi, circolava da tempo. È stata notificata ai vertici nazionali delle organizzazioni sindacali di categoria, e da questi trasmessa alle istanze regionali e provinciali, praticamente a cose fatte. Ai sindacati non è rimasto altro da fare che azionare le procedure di raffreddamento, che prevedono si svolga un incontro di conciliazione, nel tentativo di giungere a un’intesa, senza della quale si aprirebbe una vertenza vera e propria, che potrebbe arrivare fino allo sciopero.
Ma nessuno si fa illusioni. La tempistica e le modalità di comunicazione della decisione aziendale fanno pensare che non ci sia alcun margine di trattativa. D’ora in poi, i ferrovieri che espletano la loro attività sui Frecciabianca saranno costretti a prendere servizio a Bari, e non più a Foggia.
La logica del provvedimento è amaramente coerente con le strategie di Trenitalia: il “nodo” di Foggia sta diventando sempre più insignificante, e quindi non c’è più ragione di mantenere a Foggia quell’impianto.
A lanciare l’allarme nei mesi scorsi era stato il consigliere regionale Giannicola De Leonardis. Nell’occasione, lo stesso sindacato aveva getto acqua sul fuoco delle polemiche, sostenendo che si trattava di voci. I fatti però hanno confermato le previsioni più fosche.
De Leonardis aveva pure chiesto e ottenuto un’audizione in seno alla commissione consiliare ai trasporti della Regione, che però, attraverso l’assessore alla mobilità Antonio Nunziante, aveva fatto sapere di poter fare poco o nulla in merito.
Bisognava mobilitarsi, ma non è stato fatto. Le istituzioni locali sono rimaste inermi ed inerti. Si sarebbe potuto forse tentare di affrontare la questione nell’ambito del tavolo aperto presso il Ministero sull’alta capacità Bari-Napoli, ma è noto che Rfi e Trenitalia non hanno alcun voglia di affrontare globalmente le questioni territoriali. Si procede a pezzi, e ad ogni pezzo Trenitalia massimizza i risultati che incassa.
La prossima puntata del sequel potrebbe riguardare l’ultimo gioiello di famiglia di quello che era una volta il tesoro ferroviario di Foggia: l’Officina Manutenzioni. L’allarme è stato lanciato dal segretario generale della Filt Cgil e Foggia-Bat, Ruggiero Di Noia, che in un’intervista alla Gazzetta del Mezzogiorno ha detto che queste scelte aziendali s’inquadrano in una complessiva strategia di esternalizzazione e di privatizzazione (Trenitalia resta al momento un’azienda interamente pubblica controllata dal Ministero del Tesoro) che a breve riguarderà anche le attività di manutenzione, come quelle che vengono svolte a Foggia.
Secondo quanto ha riferito Di Noia al quotidiano regionale, Trenitalia intenderebbe trasferire a Milano tutte le unità preposte ad attività di manutenzione, oggi dislocate sui diversi territori. Il problema è che, secondo Di Noia, Trenitalia “non trasferisce il lavoro a suoi dipendenti, ma lo porta a Milano per affidare tutte le manutenzioni ai privati, ovvero alle ditte fornitrici di Trenitalia, che in questo modo si aggiudicano per periodi pluriennali insieme alle consegne anche la manutenzione dei treni. Temiamo a questo punto uno svuotamento delle funzioni proprie della società ferroviaria. Questa impostazione potrebbe alla lunga incidere sulle attività industriali dell’Officina manutenzione rotabili di Foggia. A questo punto è meglio tenere gli occhi aperti…”
Gli occhi aperti, già… Il livello di attenzione della politica e delle istituzioni locali resta basso. Al grido di allarme lanciato da De Leonardis quasi nessuna reazione ha fatto riscontro e adesso anche dal sindacato.
L’importanza ferroviaria di Foggia sembra ormai destinata a finire nell’album dei ricordi.
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