Raramente mi è successo di leggere una riflessione così lucida e puntuale sulla questione meridionale. L’autore, Alfonso Foschi, collabora con la Gazzetta di San Severo. Originario della nostra terra, è emigrato al Nord con la sua famiglia, quando era ancora un ragazzo.
Nel suo articolo, Foschi affronta la questione meridionale da un punto di vista che so particolarmente caro agli amici e ai lettori di Lettere Meridiane. Il divario che separa Nord e Sud, così come l’arretratezza economica del Mezzogiorno sono un dato di fatto che viene sempre più dimenticato. Ma ciò non legittima nostalgie borboniche o neoborboniche, e rilancia la necessità di una riflessione, anche autocritica, sui meridionali.
Una tesi che, sono certo, farà discutere con la consueta passione civile e tensione ideale quanti seguono il blog. Ringrazio Foschi per il suo bel contributo a vi invito a leggerlo, condividerlo, commentarlo.
Quando si parla in negativo dell’Italia su qualsivoglia aspetto, segue, scontato, il ritornello “… soprattutto al Sud“. È l’eterna questione meridionale vissuta sulla pelle di chi, come il sottoscritto, “terrone” di nascita e “padano” d’adozione sin dalla fanciullezza, ha vissuto sia il tempo del Secondo Dopoguerra, quando al Nord “non si affittava ai meridionali “, sia quello della Lega bossiana, quando in Padania si gridava “forza Vesuvio“.
E sempre, quando ne discuto con i miei conterranei, soprattutto dopo i saggi di Pino Aprile (Terroni, Giù a Sud e, ultimo, Carnefici), i miei interlocutori si professano per lo più di stretta fede neoborbonica ovvero: un Sud borbonico felix, reso tristis in aeternum da un rapax Nord sabaudo. Già Sergio Romano, rispondendo ad un lettore (Corriere della Sera) scrive “I libri come quelli di P. Aprile sono diventati il solo balsamo con cui il Sud cerca di alleviare le proprie sventure. Ma il palleggio delle responsabilità non risolverà mai la questione meridionale”.
Che i Savoia, come tutti i monarchi del tempo (ricordiamo Dei Gratia!), anteponessero gli interessi dinastici a quelli dei sudditi, è dimostrato proprio dal più “borbonico” dei Borboni, quel Ferdinando II passato alla storia come “Re Bomba” per aver difeso la corona prendendo a cannonate i suoi sudditi.
Ai miei conterranei di fede borbonica consiglio di leggere il piccolo saggio “La Sinistra e la questione meridionale” di G. Salvemini, storico meridionale e meridionalista tra i più illustri dal quale trascrivo i seguenti brani.
1 – Dopo un’analisi storico-sociologica della “conquista” dei Savoia, Salvemini scrive “L’Unità d’Italia è stata per il Mezzogiorno un vero disastro“, condividendo così, di fatto, il giudizio dell’ultimo dei Borboni Francesco II che, abbandonando il regno per l’esilio, avverte i suoi sudditi “Io perdo il regno, ma a voi i Piemontesi lasceranno solo gli occhi per piangere.”
2 – Ma Salvemini denuncia anche specifiche responsabilità del Sud quando, a proposito della piccola borghesia intellettuale meridionale scrive: “Si può dire che, nel Mezzogiorno, la piccola borghesia intellettuale è nella vita morale quel che è nella vita fisica del Paese la malaria”.
Campioni della “malaria morale meridionale“ per Salvemini sono i Cocò e i Paglietta così caratterizzati: “Cocò è lo studente scansafatica che vive alle spalle dei genitori e non si laurea mai, diventa trasformista ed è la speranza della delinquenza borghese meridionale”. I Paglietta sono gli avvocati napoletani che: “… si infiltrano nella vita dei partiti corrompendo la politica, cosicché il deputato meridionale è, salvo rarissime eccezioni individuali, il rappresentante politico di professionisti affamati che si contendono il potere amministrativo per mangiarsi i denari del municipio e per tosare i contadini.“
E ancora oggi è dato di incontrare qualche discendente dei Cocò-Paglietta, giacca cravatta e pingue conto in banca, mentre tira sul prezzo delle “fogghjё a mmìsckё” raccolte a gran fatica dal vecchio contadino che improvvisa la sua bancarella ai margini del mercato di piazza Allegato per il tozzo di pane quotidiano.
3 – E conclude: “Così la corruzione della borghesia meridionale arriva a Roma e da Roma impesta tutta l’Italia”.
Sembra di leggere una pagina di cronaca odierna con le mafie, in primis la ‘ndrangheta, tumore in metastasi in tutta Italia, mentre la mia Puglia, il prossimo 13 febbraio (resa di Gaeta), terrà a battesimo il Giorno della Memoria in onore delle vittime dei conquistatori piemontesi.
Ricordare e onorare i morti, tutti i morti, sempre e comunque, è legittimo e doveroso, oltre che cristiano, purché non diventi la foglia di fico a coprire responsabilità delle proprie sventure..
Ci vorrebbe la penna di un novello Molière per la commedia del “Sano Immaginario”.
Alfonso Foschi
Genova
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