Quando la Capitanata voleva staccarsi dalla Puglia, ed essere una regione a sè

In seno alle commissioni dell’Assemblea Costituente, si sviluppò un vivace dibattito sulle Regioni, la cui nascita sarebbe stata formalmente sancita dalla Costituzione, assieme alla delimitazione delle relative circoscrizioni. Questo dibattito interessò particolarmente la Puglia, in quanto non mancarono le voci critiche di quanti, soprattutto da parte salentina e foggiana non gradivano la supremazia barese e avrebbero preferito staccarsi dal territorio regionale che andava profilandosi, facendo regione a sè.
Fu un confronto serrato, che si concluse come tutti sappiamo, con la Regione “lunga” che comprende Capitanata, Terra di Bari e Salento ma che è ancora oggi attualissimo: la Puglia decretata dai Costituenti resta ancora, per molti versi, le Puglie ed una concreta unità regionale è ancora tutta di là da venire.
Tra i sostenitori dell’autonomia dauna figurava Carlo Ruggiero, avvocato socialista, direttore dell’organo della Federazione socialista di Capitanata, Avanti Daunia, su cui venne pubblicato l’articolo che oggi offriamo ai lettori e gli amici di Lettere Meridiane, con la raccomandazione di una lettura approfondita e attenta, ma serena.
Quello dei complessi rapporti ed equilibri tra i diversi territori pugliesi è un tema serissimo, che viene troppo spesso derubricato a questione di mero campanile. Lo dimostrano proprio le diverse questioni affrontate nel lungo ed intrigante articolo, che si sofferma in modo particolare sui critici rapporti tra Foggia e Bari. Venne pubblicato, con il titolo Autonomie Regionali / Foggia e la Regione, ai primi di gennaio del 1946. Potete scaricare qui il ritagli d’epoca, originale.
Ruggiero – un personaggio che andrebbe riscoperto – venne eletto all’Assemblea Costituente, e non fu un deputato qualunque: assieme a Giuseppe Di Vittorio fu tra i più attivi di quelli eletti nella circoscrizione Bari-Foggia, distinguendosi in modo particolare per gli interventi in difesa dei diritti civili e per le sue riflessioni sulla famiglia, sui partiti, che andavano allora rinascendo, dopo la forzata clandestinità imposta dal regime fascista.
Il deputato socialista prende in considerazione anche l’idea non del distacco tout court dalla Puglia, ma dell’accorpamento della Capitanata con il Molise, prefigurando ed anticipando l’idea della Moldaunia, per cui si battono da anni il pugnace Gennaro Amodeo e il comitato che propone l’annessione della provincia di Foggia alla Regione molisana.

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Autonomie Regionali

Foggia e la Regione

 La provincia di Foggia dovrebbe staccarsi dalla regione pugliese.

L’appartenenza della nostra provincia alla regione pugliese, infatti, risulta assolutamente ingiustificata.
Non esiste tra noi ed il resto della regione nessuna contiguità spirituale, nessuna comunanza storica, nessuna identità di interessi economici.
I rapporti tra la provincia di Foggia e quella di Bari (che è la più prossima) sono rari, occasionali, determinati sempre da ragioni estrinseche, destituite di ogni contenuto di vera e propria necessità.
L’attuale configurazione geografica della neutra provincia fu dovuta evidentemente ad un principio meramente topografico e quindi meccanico o alla determinazione di oligarchie o dalla prepotenza di interessi economici particolaristici.
Attraverso il riassetto delle autonomie regionali, la provincia di Foggia dovrebbe seccarsi dalla regione pugliese.
Questa affermazione non deve essere intesa come una espressione della centrifuga mania di frammentazione regionale che oggi lievita in Italia. Questa affermazione deve essere intesa come la serena interpretazione etnica e storica ed economica della nostra terra.
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In fatti.
La geografia politico – economica della nostra provincia è profondamente dissimile dalla geografa politico – economica del resto della regione.
Da noi esistono grandi estensioni di terra nuda, offerta solo alla coltura del cereale e vaste aziende agricole : e quindi abbiamo una economia, un’attrezzatura tecnica, un bracciantato adeguati alla sola opera granaria ed alla entità delle aziende.
Nel barese e altrove vi è la terra di piccola dimensione, piantata ad ulivi, a vigna, ad orto, a frutteto; vi è una coltura molteplice, varia, complessa, con mano d’opera di attitudine e capacità specializzate; vi è un’attrezzatura specifica con destinazione ed applicazione precise.
Da noi vi è l’industria armentizia : secolare, che si rinnova per tradizione immutabile attraverso le generazioni ; industria per cui immense greggi valicano, ogni anno due volte, le montagne dell’Abbruzzo e del Molise per venire a pascolare nelle nostre piane erbose.
Nel barese ed altrove esiste la industria meccanica, non grande, ma già bene impostata ed in via di così rapido sviluppo da rendere l’attività di quei paesi suscettibile di trasformazioni notevoli e di nuovi orientamenti.
Come si vede ci troviamo di fronte a due forme di economia essenzialmente diverse, anzi divergenti, certamente inconciliabili.
Noi non sappiamo quali innovazioni verranno apportate dall’avvenire alla struttura economica italiana e quindi non possiamo fare considerazioni o avventare giudizi.
Un fatto, però, è certo.
Questo fatto : che il principio, il sistema, il metodo che potranno valere per la nostra provincia non potranno valere per il resto della regione.
Infatti il presupposto economico, che è alla base della nostra vita, è diverso dal presupposto economico su cui poggia la vita del resto della regione pugliese.
I rapporti commerciali tra noi e gli altri pugliesi sono pressoché nulli : malgrado e ad onta della diversità di produzione delle varie provincie.
Manca la consuetudine e la tradizione del rapporto commerciale.
A differenza di quello che accade in tutti i capoluoghi di regione rispetto alle varie città della regione, per noi non esistono interessi nostri commerciali ed industriali che siano rappresentati o espressi a Bari.
A Roma, a Napoli, a Milano, e tutti i grossi centri non vivono economicamente di una loro vita autonoma, ma rappresentano gli interessi di tutta la regione.
La regione insomma fa capo sempre e fatalmente al suo capoluogo.
Questo nella nostra regioni non accade.
A Bari s’ignora completamente la nostra attività.
Noi ignoriamo l’attività barese.
Non esistono ditte baresi che abbiano propaggini nella nostra provincia.
Non esistono nostre ditte che si rivolgano a Bari.
Tra le due provincie esiste un diaframma infrangibile.
Spiritualmente non esistono rapporti tra noi e la provincia di Bari.
Questi rapporti non potevano crearsi perché la sostanza spirituale dei due popoli è essenzialmente diversa.
Le tradizioni, le consuetudini, gli atteggiamenti, i modi, i dialetti, le vicende, le forme di vita dei due popoli non hanno niente di comune.
È impossibile trovare tra i due popoli una sola manifestazione etnica o folkloristica che valga ad identificarli per un momento solo.
Per noi andare a Bari o oltre è come andare in Sicilia o in Piemonte.
Avvertiamo il clima nuovo.
Il siciliano può girare tutta la Sicilia e trovarsi sempre in casa sua. Così il piemontese in tutto il Piemonte ed il veneziano in tutto il Veneto ed il romano in tutto il Lazio ed il napoletano in tutta la Campania e così via.
Per noi andare a Bari o oltre significa andare in un pezzo d’Italia molto lontano da noi.
La stessa cosa accade per i leccesi quando vanno a Bari.
Noi della provincia di Foggia non troviamo nei baresi niente che possa accomunarci. E se riandiamo nel tempo attraverso le vicende della storia, su su per generazioni scomparse, noi avvertiamo lo stesso senso di estraneità. Basti dire che nella nostra provincia esiste un grandissima maggioranza di persone che non ha mai visitato Bari, mancando i motivi per una gita, sia pure breve, in quella città.
Moltissime persone invece conoscono Napoli.
Il nostro centro di cultura e di studi resta ancora Napoli.
L’Università di Bari non ha creato nella nostra provincia (salvo nei comuni finitimi alla provincia di Bari) neppure il senso di opportunità e convenienza da parte dei nostri giovani a frequentare quella Università. Gli studenti nostri vanno a laurearsi a Napoli.
In tutte le regioni le forze vive dell’arte, della letteratura, della scienza, per un principio di gravitazione fatale, si orientano verso il capoluogo della provincia.
Da noi questo non accade.
Nella nostra provincia per una specie di divieto spontaneo ed immanente non si pensa mai a Bari.
Bari è fuori dell’ambito del nostro spirito.
Carlo Ruggiero

Tra le varie parti delle regioni ed il capoluogo – come accade in tutte le parti dell’Italia – si crea un complesso di rapporti di natura varia : morale, affettivo, sentimentale ; complesso di rapporti che viene determinato da forme di comunanza intellettuale, da vincoli di amicizia, da legami di parentela

Tra noi e Bari questo rapporto non c’è.
Nè ci poteva essere: per le ragioni dette innanzi.
Non ci poteva essere perchè non esiste tra noi ed i baresi nessuna forma di reciprocanza.
Siamo sconosciuti gli uni agli altri.
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Questa condizione di fatto — innegabile nella sua realtà concreta — è stata determinata da ragioni storiche ed etniche che è irrilevante stabilire e precisare nelle loro origini e nei loro motivi.
È stata determinata però anche da una specie di egocentrismo in cui Bari è tutta conchiusa.
Bari, che pure è città di grandi possibilità, non spinge mai la sua attività al di là dell’ambito della sua provincia.
È il cuore ed il cervello della sua provincia.
È riuscita anzi a fare della sua provincia una compagine di grande coesione intima, un microcosmo omogeneo ed agguagliato che gravita costantemente intorno a Bari come ad un perno certo, una collettività di struttura organica forte che intende fedelmente agli interessi della provincia ; è riuscita a suscitare in tutta la provincia la virtù costruttiva del lavoro e della concordia ; è riuscita insomma a dare alla sua gente un indirizzo ed uria fisionomia.
Ma questo non basta.
Il vero e grande capoluogo deve uscire dall’ambito del suo provincialismo e passare al disopra di tutti i suoi campanili per portare la sua parola e la sua forza lontano lontano fino ai limiti estremi della regione.
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A conclusione noi diciamo che mancando qualsiasi vincolo vero e profondo che giustifichi la nostra appartenenza alla regione pugliese, noi, senza nessuna velleità, scevri da qualsiasi intendimento campanilistico, per amore verso la sincerità – che tanto più è necessaria quanto più grande è il numero delle persone che interessa –  per adeguarci ai principii della storia e dell’economia, dovremmo staccarci della regione pugliese.
Semmai – ove questo fosse realizzabile – potremmo formare regione con il Molise, che è una regione la quale ha con noi affinità profonde di razza e legami di vasti interessi economici.
Carlo Ruggiero

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Author: Geppe Inserra

3 thoughts on “Quando la Capitanata voleva staccarsi dalla Puglia, ed essere una regione a sè

  1. "INTEGRAZIONE O DIS-INTEGRAZIONE?

    Funzionale completamento mediante opportune addizioni e compensazioni oppure, mera dis-integrazione, polverizzazione, inesistenza?

    Il nucleo dell’articolo di Carlo Ruggiero, è tutto in questo passo: “In seno alle commissioni dell'Assemblea Costituente, si sviluppò un vivace dibattito sulle Regioni, la cui nascita sarebbe stata formalmente sancita dalla Costituzione, assieme alla delimitazione delle relative circoscrizioni. Questo dibattito interessò particolarmente la Puglia, in quanto non mancarono le voci critiche di quanti, soprattutto da parte salentina e foggiana non gradivano la supremazia barese e avrebbero preferito staccarsi dal territorio regionale che andava profilandosi, facendo regione a sè”.
    Aggiungo che l’allora Commissione Costituente che determinò geograficamente le costituende regioni in senso “meramente statistico”, lasciò attraverso il disposto dell’Art. 132 della Costituzione, che le popolazioni potessero in seguito, ristabilire nuovi equilibri consentendo ad esempio al comma 2 che le province potessero passare ad una regione confinante (come nel caso della Capitanata e del Molise) oppure più province mettersi insieme per costirìtuire una nuova regione (come nel caso del Salento).

    L’articolo và certo visto all’interno della sua collocazione storica (fu pubblicato, con il titolo Autonomie Regionali / Foggia e la Regione, ai primi di gennaio del 1946) e colpiscono certo alcune considerazioni che oggi risultano fortificate: “L’appartenenza della nostra provincia alla regione pugliese, infatti, risulta assolutamente ingiustificata. Non esiste tra noi ed il resto della regione nessuna contiguità spirituale, nessuna comunanza storica, nessuna identità di interessi economici”.

    La Regione Puglia fu costituita a seguito di un patto politico che permetteva a Togliatti di mantenere unita l’Emilia Romagna e ad Aldo Moro di ”allungare” le Puglie poi denominate Puglia.

    Sono le popolazioni che però alla fine di un percorso obbligato dalla politica dei partiti dominanti, devono decidere se continuare quel percorso o prendere un’altra strada.

    In definitiva, per limitare il mio intervento, non sono i campi di grano o gli ulivi e i vigneti o l’università di Bari a determinare un cammino comune ma, la sua obbligatorietà e la storia della sottomissione della Capitanata intera e del suo capoluogo, Foggia, alla sfacciata prepotenza del potere baricentrico che sottrae investimenti e futuro alla nostra provincia.

    Sostenere che settant’anni di storia obbligata ci abbiano integrati in una regione baricentrica, significa impedire una presa di coscienza del problema da parte delle nostre popolazioni.

    E l’affezione, dovuta al tempo, intesa come fenomeno passivo della coscienza, non giustifica la nostra permanenza in questa regione matrigna.

    Così come non la giustificano gli interventi nel dibattito di chi, pur avendo avuto incarichi per conto dei baresi, vorrebbe convincerci del contrario.

  2. ritengo che il commento di sopra sia piano di inesattezze, soprattutto dal punto di vista storico. in ogni regione sono presenti territori che hanno 'rapporti' più stretti con l'area limitrofa di altre regioni che non con l'area opposta della regione di appartenenza, se ne potrebbero fare centinaia di casi. Non si tratta assolutamente di un caso isolato, anzi. La provincia di Latina (lazio) ha più rapporti con l'alto casertano (campania) che con Rieti e Viterbo (lazio), Reggio Calabria più rapporti con Messina (sicilia) che con Consenza (calabria). Messina più rapporti con Reggio Calabria che con Trapani, e facciamo solo pochissimi esempi. Sicuramente Lecce non è dietro l'angolo ma se parlate di storia dovreste ricordare l'Apulia VERA, dovreste ricordare la storia VERA, il rapporto sempre esistito tra le due sponde dell'ofanto ((e quindi con Bari)). Quanti tentativi maldestri di buttare fango su una regione che potrebbe fare molto di più e che da molti meridionali stessi è vista come traino del Mezzogiorno.
    Quanti sforzi inutili richiamando in ballo una finta storia. Poi quello della regione autonoma credo che nacque come progetto spinto dal fatto che la Capitanata rappresentava una provincia vastissima ed evidentemente con l'autonomia a regione sarebbe stato possibile anche organizzarla in più province.
    Piccola precisazione di GRANDE VALORE STORICO: quando parlate di Daunia non dimenticate che la più importante città dauna era Canosa di Puglia, nel barese.
    Ma capisco che è troppo difficile comprenderlo

  3. inoltre leggendo il testo del comitato vengono fuori tanti punti piuttosto ridicoli: " la Capitanata è una regione uniforme dal punto di vista territoriale ed etnico ", ditemi che è una barzelletta, per favore

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